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Manfred Spitzer: "Computer, tv, cellulare e playstation, è come dare alcol a bambini"

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Computer, tv, cellulare e playstation, è come dare alcol a bambini


L'utilizzo di computer, televisione, smartphone e playstation rischiano di rendere i bambini stupidi, aggressivi e grassi: il loro impatto è paragonabile a quello dell'alcol, che giustamente viene bandito dalle scuole. È l'allarme lanciato da Manfred Spitzer, professore di psichiatria e neuroricercatore tedesco, che in un libro ha raccolto i risultati di oltre 200 studi. La sua conclusione: usare le nuove tecnologie impigriscono il cervello, con effetti devastanti per i più giovani.

"Non voglio tornare all'età della pietra", puntualizza lo studioso autore di "Digitale Demenz" (Demenza digitale) in un'intervista pubblicata sabato dal "Tages-Anzeiger". Si tratta invece di mostrare i pericoli dei nuovi apparecchi: possono pregiudicare lo sviluppo mentale dei bambini, favorire l'aggressività e portare a una mancanza di movimento e di sonno che conduce al sovrappeso.

Spitzer cita una ricerca dell'università di Granville, nell'Ohio, che ha visto protagonisti un gruppo di scolari di età compresa fra i sei i nove anni, la metà dei quali è stata dotata per quattro mesi di una playstation. Il chiaro risultato è che le prestazioni nel leggere e nello scrivere, sono risultate nettamente peggiori fra coloro che avevano accesso alla console dei videogiochi. Anche i loro problemi scolastici generali sono aumentati. "Non può essere nell'interesse della società permettere che ciò avvenga", osserva il docente tedesco.

Ma il computer non può avere la funzione positiva di aiutare per esempio in una ricerca scolastica? "Naturalmente nel mondo degli adulti oggi non funziona nulla senza computer, che sgravano dal lavoro intellettuale. Ma questa 'esternalizzazione di attività cerebrale' conduce a una strisciante perdita di memoria. Particolarmente grave è la situazione per quanto riguarda i bambini. Quando lavorano al computer hanno più difficoltà a memorizzare i concetti e diventano meno attenti. Cercano qua e là, seguono qualche link e copiano qualcosa dai testi. Questo è un modo molto superficiale di usare il materiale a disposizione e proprio per questo molto poco si fissa nella memoria. Inoltre lavorando in tal modo non si fa altro che allenare i disturbi d'attenzione, cosa che è fatale".

Ma come si può impedire che ciò accada, considerando che viviamo nel 21esimo secolo e che il computer è parte della nostra cultura? "Anche l'alcol è parte della nostra cultura", ribatte il professore 54enne. "Ma nessuno penserebbe a un'offerta alcol-pedagogica negli asili o a corsi di alcol nelle scuole alimentari. Sappiamo che questa sostanza non è adatta ai bambini e nuoce al loro sviluppo. Proprio per questo i giovani devono aspettare i 16, 17 o 18 anni prima di accedere all'alcol. Ciò nonostante l'alcol rimane un problema per la nostra società, con migliaia di morti all'anno."

"I giochi al computer e online rendono dipendenti, eccitano le stesse aree del cervello come le droghe, eppure ammettiamo che abbiano il loro posto nella camera dei bambini", si rammarica Spitzer. E questo nonostante sia risaputo che danneggiano i giovani, perché attraverso chat, giochi e navigazioni online si rischiano problemi di concentrazione, iperattività, fobie, disturbi al sonno, difficoltà nel parlare, isolamento e propensione alla violenza.

C'è però chi dice che l'e-learning sia una buona cosa per i bambini... "È assurdo", controbatte Spitzer. "Chi lo sostiene non ha figli o non legge gli studi". Il cervello di un bimbo deve fare riferimento alla realtà e può imparare da uno schermo in modo molto meno efficace che dal mondo reale. L'uso continuo dei nuovi media porta a danni cognitivi: è infatti la dose che fa il veleno.

Questo è vero anche nell'ambito sociale: i giovani hanno bisogno di stare con i loro coetanei, non con avatar e robot. Altrimenti - osserva lo studioso - si arriva agli eccessi manifestati dai numerosi casi clinici che si incontrano sempre più spesso: ragazzi che soffrono se sono offline, che rimangono confinati in una stanza, addirittura che non vanno più al gabinetto e mettono un contenitore per rifiuti vicino al computer, per paura di perdersi qualcosa.

Ma in fondo non è una lotta contro i mulini a vento? "Può essere, ma sono un ricercatore e ho una responsabilità. E non voglio che i miei figli fra vent'anni mi dicano: 'papà, tu sapevi, perché non hai fatto nulla?'".


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)