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Mangiare da star male: quando il cibo diventa un nemico

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Mangiare da star male: quando il cibo diventa un nemico

 Lasciarsi morire di fame. Mangiare fino a scoppiare. E poi camminare fino a sfinirsi. O prendere diuretici e lassativi per tentare quasi di scomparire. Sono alcuni dei sintomi – i più gravi – dei cosiddetti disturbi del comportamento alimentare, prima causa di morte per le donne tra gli 11 e i 35 anni.  Disturbi che non sono solo bulimia e anoressia, forse più note, ma anche il binge eating disorder (BED) ovvero disturbo dell’alimentazione incontrollata, legata all’obesità. Che, a differenza di bulimia e anoressia – tipicamente adolescenziali o post adolescenziali - coinvolge età diverse. E che si può presentare anche nella terza età.
“La prima cosa da capire per affrontare anoressia e bulimia – spiega Laura Ciccolini, presidente di Fida, Federazione italiana disturbi alimentari – è che non sono malattie dell’appetito. Sono sintomi di un disagio e di una sofferenza molto profonda che si esprimono attraverso la manipolazione del cibo nel tentativo di modificare il corpo. Sono dei modi per esprimere sofferenza”.

Qual è la differenza tra anoressia e bulimia?
Sono due forme che ormai si alternano nella stessa persona producendo un circolo vizioso che difficilmente si spezza. Nell’anoressia la persona non mangia nulla, nella bulimia invece la persona si abbuffa di tutto. L’esordio del disturbo è sempre l’anoressia. In entrambi i casi, però, accade che la persona cominci a sentire la necessità di restringere la quantità di ciò che mangia o a limitare le tipologie di ciò che mangia… Poi si inizia a rifiutare il cibo in sé, e a manifestare un’attenzione ossessiva per il corpo e il suo peso. L’anoressia vera e propria ha come sintomi il rifiuto del cibo, l’ossessione per l’immagine del corpo, l’iperattività, il calo di peso, la dispercezione, cioè una percezione sbagliata della propria immagine corporea. Infine l’amenorrea, cioè l’assenza di mestruazioni. Lo stato psicologico della paziente, quando si verificano questi sintomi, è di grande soddisfazione e contentezza, con forte senso di trionfo. Perché sperimenta il controllo totale che è il controllo non solo sul cibo, ma anche sulle emozioni e sui rapporti con gli altri.

E quando si verifica l’alternanza con la bulimia, cioè quello che lei ha chiamato circolo vizioso?
Basta una leggera perdita di controllo e l’anoressia si rovescia nella bulimia: la persona inizia a divorare tutto in abbuffate alimentari che possono durare anche ore. Allora si manifestano grande senso di colpa, senso di inadeguatezza, depressione. Il circolo vizioso nasce appunto dal fatto che la persona cerca di riacquistare il controllo e quindi, dopo essersi abbuffata, si provoca il vomito o si spinge all’iperattività; o abusa di lassativi e purganti cercando di rimediare affannosamente ai danni dell’abbuffata.

Ci sono cifre che ci indichino se bulimia e anoressia sono o meno in aumento?
I dati epidemiologici che riguardano l’anoressia sono abbastanza stabili. Sono un po’ in aumento per la bulimia, ma ciò che è davvero in crescita è il disturbo da alimentazione incontrollata. Che colpisce il 30% delle persone che soffrono di obesità. Diversamente dal bulimico la persona affetta da BED non mette in atto comportamenti compensativi, come il procurarsi il vomito o consumare calorie con un’attività fisica estenuante, e quindi diventa rapidamente obeso – mentre i bulimici sono per lo più normopeso.

Anche il disturbo da alimentazione incontrollata non è una patologia dell’appetito, dunque?
È spesso legato a stati depressivi, e può essere il risultato dei fallimenti delle diete. Come anoressia e bulimia colpisce più le donne che gli uomini e anche in età avanzata.

Perché ci si ammala di queste malattie?
È difficile individuare una sola causa. Sono patologie multifattoriali, cioè risultano dall’interazione di molti fattori: fisici, psicologici, familiari, sociali… è difficile individuare una causa unica. In ogni caso, comunque, notiamo sempre all’interno della famiglia un’attenzione eccessiva attribuita al cibo, un iper investimento... Che spesso diventa un sostituto affettivo, il canale attraverso cui i genitori mostrano il loro amore al bambino. E quindi il cibo viene utilizzato come risposta a tutte le esigenze del figlio. Poi – ed è il motivo per cui questi disturbi colpiscono più le donne che gli uomini - viviamo in una società dell’immagine, in cui bellezza equivale a magrezza, in cui il corpo umano magro è l’unico che la moda rappresenti e questo certamente influenza moltissimo il gusto delle persone. Essere magre significa essere belle, amate e desiderate. Si pensa che essere magre sia la strada maestra per la felicità. Ciò rende le ragazze e le donne in generale particolarmente fragili perché hanno il timore di non andare mai bene, di essere rifiutate – se non ci si omologa a un modello sociale dominante che è, appunto, quello della magrezza.  Allo stesso tempo, però, in questi anni, si sta diffondendo un’ossessione per il cibo che non ha precedenti. Interi canali tv non parlano d’altro. Tutto questo mette in difficoltà le persone e alimenta mercati ben precisi che sono quelli dei cibi light, degli integratori, dei prodotti dimagranti. E alimenta i fallimenti.

Cosa consigliare ai familiari delle persone ammalate di anoressia o bulimia?
Bisogna cercare di accorgersi il più presto possibile dei disagi delle proprie figlie, dei propri familiari in genere. Come? Il primo segnale è un crescente interesse per il cibo e per il suo contenuto calorico che si lega a un’ossessionante attenzione per il peso e la propria immagine corporea. L’altro campanello d’allarme è la tendenza a disertare la tavola comune e non condividere più pranzi e cene. Un atteggiamento che mette in risalto il rifiuto del cibo che accompagna questa patologia… Se una ragazza dice: ho mangiato fuori, ceno dopo ecc., ecc., bisogna fare attenzione.

Gli errori da non fare?
Entrare nelle dinamiche del cibo, cercando ad esempio di propinare cibi nutrienti, oppure mettendo sotto chiave dispense e frigorifero. Non pensare di poter fare da soli, perché si rischia di esasperare le dinamiche interne e quindi peggiorare ancora la situazione. È necessario che i genitori o altri familiari si rivolgano subito a persone esperte.

L’unica patologia in aumento è comunque il disturbo da alimentazione incontrollata che, tra l’altro colpisce a tutte le età e anche in età avanzata. Come mai?
Ci sono varie ragioni. Una può essere quella legata al fatto che le persone che arrivano da noi hanno lottato con il cibo tutta la vita. E a una certa età si rendono conto delle conseguenze pesanti, sia fisiche ed emotive, che questo ha portato nelle loro vite. Così cominciano a pensare di curarsi verso i 40 o 50 anni... non è troppo tardi. Ma una vita intera costruita attorno a un problema nei confronti del cibo è difficile da rimettere in sesto. Anche da un punto di vista fisico. Abitudini alimentari gravemente disequilibrate possono portare conseguenze fisiche a lungo termine, quali problemi gastrointestinali, problemi di motilità, osteoporosi, facendo provare un senso di irreparabile perdita per le opportunità di cura mancate in un tempo passato. Supponiamo poi che, anche se con un equilibrio molto fragile, il paziente sia rimasto in piedi. A una certa età questo equilibrio salta, perché possono sopraggiungere cambiamenti: lutti, separazioni, divorzi o perdita del lavoro. Anche semplicemente il fatto di invecchiare o la menopausa possono distruggere un equilibrio faticosamente conquistato, ma un po’ traballante. E allora ci si appoggia al cibo. Sovente anche all’alcol.

 

 

(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

http://www.consumatori.e-coop.it/index.php/articoli-mese-corrente/mangiare-da-star-male/


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)