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Marijuana: effetti sulle funzioni sensoriali e cognitive

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Nonostante il suo consumo si sia ridotto negli ultimi vent'anni, la marijuana è ancora oggi la sostanza d'abuso più frequentemente consumata negli Stati Uniti e in Europa. I consumatori di marijuana costituiscono una popolazione eterogenea per età, etnia o sesso. Si stima che circa il 70% degli americani, di età compresa tra i 27 ed i 32 anni, abbiano consumato marijuana. Il 2-3% della popolazione ne fa uso quotidianamente. Il consumo di marijuana tra gli adolescenti costituisce un grave problema medico e sociale.
Le conseguenze del consumo di marijuana sulla salute sono ancora poco chiare e non ben caratterizzate. La ricerca scientifica, in questi ultimi anni, ha pero compiuto notevoli progressi. L'esistenza di un sistema "cannabinoidergico" endogeno è ormai unanimemente accettata: è stato clonato un recettore, è stato individuato un sistema di secondi messaggeri ed è stato isolato un probabile ligando endogeno.

Effetti sulla performance

È noto che la marijuana influenza le funzioni sensoriali, psicomotorie e cognitive: il fumo di marijuana, in certi individui, determina una compromissione dell'abilità con cui determininati compiti, soprattutto se difficili ed impegnativi, vengono svolti. Ad esempio, è stata osservata una ridotta capacità nella guida dell'automobile, che risulta poi essere all'origine di tanti incidenti stradali. La marijuana non sembra tuttavia avere alcun effetto sui tempi di reattività e sulla risposta motoria ad uno stimolo visivo.

Esistono però dei fattori che complicano l'interpretazione dei danni indotti dalla marijuana, quali il contemporaneo abuso di altre sostanze, una certa variabilità tra individuo ed individuo, lo sviluppo di tolleranza a certi suoi effetti e le difficoltà nella valutazione dei dati provenienti da una popolazione così eterogenea. Non è quindi facile valutare le conseguenze del fumo di marijuana in milioni di individui in termini di danno, ridotta produttività e così via. È ormai chiaro che al trattamento cronico con alte dosi di D9-tetraidrocannabinolo (D9-THC) segue lo sviluppo di tolleranza; mentre è meno certo che questo fenomeno si manifesti dopo assunzione non continuata di marijuana.

L'intossicazione da cannabis in un consumatore abituale può essere riconosciuta solo se gli viene richiesto di svolgere un nuovo e difficile compito motorio. Al contrario, l'intossicazione viene percepita facilmente da individui che consumano marijuana abitualmente. Riguardo al coabuso con altre sostanze, è stato dimostrato che la riduzione di capacità nella guida dell'automobile, dovuta all'assunzione di alcol, viene ulteriormente aggravata dalla marijuana. È superfluo precisare che la possibilità di stabilire una diretta correlazione tra la gravità del defic psicomotorio ed i livelli ematici di cannabinoidi sarebbe di grande aiuto nel determinare la causa di molti incidenti stradali. Purtroppo l'ampia variabilità che si osserva nella sensibilità individuale alla marijuana ed i fattori sovente confondenti citati poc'anzi rendono improbabile che la determinazione delle concentrazioni sanguigne di D9-THC o dei suoi più importanti metaboliti possano entrare nella pratica comune per la valutazione dell'intossicazione da marijuana.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)