Marijuana made in Italy: dilaga la coltivazione
Marijuana made in Italy: dilaga la coltivazione
di Giorgio Florian
Piantagioni nei boschi, Sui terrazzi, nelle serre. Così dilaga la coltivazione di droga leggera made in Italy. Tra
antiproibizionismo e interessi dei clan
Quest'anno, per colpa del maltempo, la raccolta sarà un po' in ritardo. Ma per metà settembre tonnellate di piante di canapa
indiana saranno mietute. E l'odore dolce e pungente della marijuana invaderà la penisola. In Italia, come in altri paesi
europei, si sta compiendo una singolare riconversione agricola che interessa ettari di territorio, al Sud, dove le condizioni
climatiche sono più favorevoli, ma anche al Centro e nel Settentrione, dove le coltivazioni intensive avvengono in serra. Nel
2009 le forze dell'ordine hanno sequestrato e distrutto 119 mila piante di cannabis e denunciato 1600 persone, mentre, al 20
agosto 2010, le piante scoperte sono già 40 mila. Gli esperti del ministero dell'Interno però prevedono di riuscire ad
individuare e smantellare "soltanto il venti per cento delle coltivazioni esistenti".
Fatti due calcoli, nel prossimo inverno si fumerà la marijuana prodotta da quasi cinquecento tonnellate di cannabis made in
Italy. Certo, il mercato nazionale è ancora lontano dall'autosufficienza e la percentuale di principio attivo, il Thc, della
specie autoctona arriva al massimo al 4 per cento (contro il 16 per cento di alcune varietà olandesi) ma il fenomeno è in
costante aumento. Dal vaso sul terrazzo alla piccola serra in giardino fino alle estese piantagioni controllate dalla
criminalità organizzata, le coltivazioni si allargano a macchia d'olio. E se la produzione di hashish, pure ricavato dalla
pianta, richiede procedimenti elaborati, ottenere artigianalmente dell'ottima marijuana è ormai alla portata di chiunque. Non
c'è giorno che le forze dell'ordine non scoprano piccole o vaste colture di "erba".
Tossicodipendenti, pusher, ma anche pensionati, impiegati, professionisti che arrotondano lo stipendio e tanti minorenni col
pollice verde che vogliono procurarsi da soli la propria dose di sballo "a chilometro zero" senza dover correre il rischio di
rimediare un "pacco" per strada.
Coltivare la "maria" in casa è diventata una moda soprattutto tra i giovani, che pubblicano su Facebook le foto dei loro
successi botanici e invitano gli amici a casa per sfoggiare il proprio "albero di Natale". Le previsioni del Prevo.Lab,
l'osservatorio della Regione Lombardia, sostengono che i consumatori da oggi al 2012 aumenteranno del 20 per cento e per
allora saranno oltre 5 milioni gli italiani di età compresa tra i 15 e i 54 anni a fumarsi una canna. I ragazzi non
considerano l'hashish e la marijuana come una droga: su Facebook, per esempio, ne discutono 1108 gruppi e 91 pagine e nel 75
per cento dei casi il giudizio è positivo. E anche grazie al Web chiunque, oggi, può trasformarsi in un coltivatore diretto,
in poche mosse e con un modesto investimento. Ci sono migliaia di siti che insegnano, passo dopo passo, come fare.
Cominciando dall'acquisto on line dei semi e del kit completo del piccolo agricoltore, con lampade termiche, strumenti per
l'irrigazione e l'essiccamento delle foglie. Altrettanti sono i manuali, da quello per l'esperto botanico che voglia
selezionare una qualità particolare di pianta, fino alle istruzioni per il neofita. Una volta appresi i primi rudimenti del
mestiere, basta ordinare la merce, attendere una settimana per la consegna e tentare nell'impresa. Che quasi sempre va a buon
fine. La tentazione di passare dall'uso personale alla vendita è forte. Basti pensare che, al dettaglio, un grammo di
marijuana, in genere, viene venduto a 10 euro. E che ogni pianta, se riesce a crescere fino a tre metri, può produrre tre
etti di infiorescenza, fruttando 3.000 euro.
L'allarme è alto, soprattutto per la facilità con cui i minori si avvicinano a questo business illecito. La Direzione
centrale per i servizi antidroga, che coordina le attività di polizia, carabinieri e finanza, a settembre inaugurerà una task
force contro la vendita su Internet, reato per gli investigatori accomunabile a quello di istigazione all'uso e al commercio
di stupefacenti. Ma già adesso - come svela il maggiore Federico Quatrini, della sezione analisi della Dcsa - agenti in
borghese vengono impiegati nel monitoraggio dei negozi di smart drugs che hanno sul bancone prodotti ricavati dalla canapa ma
non inseriti nelle tabelle ufficiali delle sostanze proibite. Gli investigatori identificano gli aspiranti coltivatori di
"maria" tramite le targhe, le carte di credito e persino i pedinamenti. Spiega il maggiore Quatrini: "I nomi di centinaia di
clienti vengono annotati e messi da parte perché la legge italiana non vieta di vendere o acquistare semi di canapa indiana.
Ma dopo circa tre mesi - tanto impiega una pianta a fiorire - andiamo a fargli visita. E se scopriamo che invece di usarli
come cibo per uccelli ne hanno ricavato cannabis, scatta la denuncia penale o l'arresto, a seconda della quantità rinvenuta".
Spesso indagini di questo tipo portano a scoprire modesti giri di spaccio o di cessione di droga tra amici. Ma capita di
incappare in vere e proprie società specializzate nel business della cosiddetta "ganja". Una telefonata al 117 di un padre
preoccupato per il figlio diciassettenne che ogni giorno, dopo la scuola, si fermava in uno smart drug shop, ha innescato
un'indagine della Finanza di Ferrara che, partendo proprio da un distributore automatico di semi di cannabis, ha portato
all'arresto di dieci persone, alla denuncia di altre 75 e al sequestro di tredici laboratori per la coltivazione e la
lavorazione di canapa indiana oltre a migliaia di manuali, anche su videocassette. Svelando che dietro a quel negozio si
celava un'organizzazione di punti vendita in franchising che riconduceva ad uno dei maggiori siti Internet che predicano
l'antiproibizionismo. Perché dietro una presunta motivazione culturale spesso si nasconde la voglia di fare soldi. Poco prima
di Ferragosto i carabinieri di Sanremo, dopo un anno di indagini, hanno finalmente scoperto chi riforniva la zona di "erba".
Nella città dei fiori qualcuno aveva pensato che la "maria" rendesse più delle rose e aveva riadattato due grandi serre di
2500 metri quadrati, dotandole di uno specifico impianto di irrigazione, di teli per proteggere le piantine dal sole, con
tanto di camera climatizzata per l'essiccazione e la raccolta delle resine che servono per l'hashish. Attrezzature da
professionisti che garantivano fino a sei raccolti l'anno. In carcere sono finiti due attempati agricoltori sorpresi mentre
innaffiavano le piantagioni che li avrebbero resi ricchi. Sempre in Liguria il titolare di un campeggio estivo di Sestri
Levante, più modestamente, aveva pensato di far fronte al calo di presenze seminando cannabis vicino alle roulotte. I
carabinieri di Valdobbiadene invece hanno scoperto il secondo lavoro di una parrucchiera trentenne che aveva trasformato il
terrazzo di casa in una minipiantagione sufficiente per lei e i suoi amici. A Valeggio, sul Mincio hanno arrestato il
titolare di un agriturismo che, oltre alle primizie dell'orto, tirava su marijuana di prima qualità: i ragazzi uscivano dalla
sua piccola serra con sacchetti pieni di carote e insalata bio che servivano a nascondere la pregiata "skunk" . Mentre
avrebbe fruttato almeno 60 mila euro la cannabis che un pregiudicato aveva seminato lungo gli argini quasi inaccessibili del
Tanaro, su un terreno demaniale, dove i finanzieri di Alessandria lo hanno sorpreso ad irrigare i filari ben nascosti dalla
vegetazione. Ma a Marino, alle porte di Roma, c'erano narcos fai da te anche ai confini delle vigne un tempo celebrate negli
stornelli. E se nelle campagne il controllo dei carabinieri sul territorio porta a scoprire coltivazioni di medie o grandi
proporzioni, non si contano gli interventi della Polizia nei centri urbani, dove studenti, spacciatori o insospettabili
professionisti arrivano ad installare nell'armadio di casa una minuscola serra: dall'esterno sembra un porta abiti, invece
racchiude la pianta, il terriccio e la lampada termica. E c'è persino chi trasforma la vasca da bagno in un piccolo campo con
il profumo della Giamaica di Bob Marley.