Meglio spaventare, informare o scherzare?
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Diciamolo chiaro: non è facile scherzare sull'alcolismo e sui disastri che causa. Anche solo un morto provocato da chi si mette alla guida alticcio dovrebbe far tacere ogni ironia. Dovrebbe.
Perché se è vero che il problema esiste, è altrettanto vero che nella generale confusione di messaggi non è ancora stata trovata una soluzione valida. Tra spinte proibizioniste e «tolleranza zero», più annunciata che praticata, i produttori di vino si sentono ingiustamente accomunati agli spacciatori di sostanze tossiche. Nei loro incubi c'è un uomo nero in divisa che li invita a soffiare nell'etilometro. I ristoratori si lamentano. Le loro carte dei vini vengono ormai lette come se fossero libri all'indice. Nei convegni i vignaioli tentano invano di distinguersi dalle multinazionali produttrici di superalcolici e beveroni vari. Invocano la cultura del vino e corsi nelle scuole, ma non basta.
Ogni tanto spunta una nuova proposta «vietatoria» e non è escluso che quanto prima arriveranno sulle etichette scritte e avvertenze tipo quelli sui pacchetti di sigarette. Alzi la mano chi conosce un fumatore accanito che abbia smesso perché spaventato da quegli epitaffi listati a lutto. Nessuno, ma intanto la coscienza del legislatore è placata e lo Stato ci lucra pure.
La strada ironica intrapresa ad Alba da un piccolo ristoratore che a sue spese ha fatto affiggere un paio di maxi cartelloni con la scritta «Guida poco che devi bere» è quella giusta? Il mondo del vino deve reagire con fantasia all'attacco proibizionista?. Che cosa bisognerebbe davvero comunicare al consumatore? «Giro di vite» invita a inviare idee e messaggi.