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Mezzolombardo (TN): una squadra che prende a calci l'alcol

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«Una squadra che prende a calci l’alcol»

Giorgio Varignani dell’Acat di Mezzolombardo: giochiamo nei tornei per dire no alle dipendenze. Con la forza dell’amicizia


di Luca Marognoli
 

TRENTO. Essere operatori dell’Acat, l’Associazione club alcolisti in trattamento, significa far conoscere la piaga dell’alcol prima che con le parole con la propria esperienza di vita. Attraverso la storia di una persona che ha sofferto, ma ce l’ha fatta. E lo vuole testimoniare. Ne è convinto Giorgio Varignani, 47 anni, magazziniere di Nave San Rocco, che con gli amici dei club ha messo su anche una squadra di calcio. Un modo intelligente per «scendere in campo» contro l’alcol. Varignani è attualmente al quarto posto nella classifica del concorso “Il volontario dell’anno”, con 1255 voti.


Che ruolo svolge in Acat?

Sono presidente dell'Acat di Mezzolombardo, che ha 12 club tra Rotaliana, Paganella e Cembra, e operatore del club Primavera di Zambana.


Ha vissuto direttamente il problema?

Sì, 15 anni fa. Poi, quando avevo già smesso, nel 2006 sono entrato nel club e ho fatto il mio percorso di auto mutuo aiuto con il metodo Hudolin, che si basa prima sull'allontanamento dalla sostanza, poi sulla ricerca del benessere fisico e psicofisico. Per rimanere lontano dall'alcol serve l'aiuto di qualcuno: nel club trovi un ambiente di empatia, amicizia e sincerità che non c'è altrove. Il nostro sito, per chi è interessato, è www.acat.pacero.it.


Cosa significa essere un alcolista e quali sono le ricadute sulla vita di una persona?

Tutti i ceti sociali sono colpiti: dal dottore al parroco al politico... L'alcol è molto tollerato a livello sociale e non ti rendi conto subito di entrare nella dipendenza. Lo capisci quando il tuo stile di vita cambia: i rapporti con amici e familiari si distrugge. C'è chi decide di smettere per malattie o perché i familiari lo mettono alle strette, io l'ho fatto perché ero cosciente di avere il problema. Il mio però è un caso raro: è difficile ammettere di essere un alcolista. La gente tende a nascondersi, per vergogna.


Come riesce ad avvicinare la persona alcolista all'associazione?

Ah, parlo di me stesso. Mi metto allo stesso livello...


Va a cercare lei i potenziali nuovi soci?

Alcuni vengono personalmente o sono i loro familiari a farlo, conoscendo l'attività che svolgo. Da parte nostra, organizziamo manifestazioni e serate sulle dipendenze. Ci stiamo allargando alle altre, compreso il gioco d'azzardo, perché sono molto correlate: tra i giovani i problemi legati ad alcol e droga sono interconnessi. Una volta beveva il contadino, per cultura, o l'alpino che non era tale se non aveva il vino; adesso lo fanno i ragazzi per lo sballo.


In che misura il fenomeno coinvolge i giovani?

Molto, al giorno d'oggi. Io sono preparatore di portieri nell'Fc Adige di Zambana, in seconda categoria. Il sabato è dedicato allo sballo, a cena la birra ci deve essere e chi non beve nell’ambiente è una rarità. È difficile vedere qualcuno senza la birra in mano. Si sottovaluta il rischio di andare incontro a una dipendenza.


La pressione dell'ambiente e del gruppo dei pari è ancora decisiva nel condurre all'abuso di alcol?

Certo. Se uno non beve si sente escluso.


È difficile per un giovane dire di no?

Molto difficile.


Cosa suggerisce a questi ragazzi influenzati dai coetanei e dagli amici?

L'unica è renderli consapevoli del rischio. Ho cinque figli, uno di 23 che è fuori casa, gli altri sotto gli 11 anni che porto spesso con me al club. Anche se giocano, loro ascoltano e “mettono via”. Ti fanno domande e agli amici dicono: attento, esagerare fa male.


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/trento/cronaca/2014/08/13/news/una-squadra-che-prende-a-calci-l-alcol-1.9755378


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)