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Ministero della sanità: il 40% dei giovani «sballa» con l'alcol

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Il 40% dei giovani «sballa» con l'alcol

Si inizia a bere sempre prima e si beve tanto. Il caso dei due ragazzi, uno non ancora maggiorenne, che sotto l'effetto dei fumi dell'alcol hanno danneggiato una trentina di auto in sosta in centro a Trento, riapre una delle piaghe che vessano da anni il Trentino, la tendenza ad alzare il gomito. Una dipendenza che pone le province di Trento e Bolzano ai primi posti in Italia per abuso di sostanze alcoliche, secondo i dati forniti dal Ministero della sanità che, nei mesi scorsi, ha evidenziato come il fenomeno, rispetto ad altre regioni come il Veneto, sia in aumento.
Intanto i dati. Nell'ultimo anno il 40% dei quindicenni trentini di sesso maschile si è ritrovato in una condizione di «binge drinking», ossia l'assunzione di cinque o più unità di alcol (per i maschi, mentre si calcolano quattro o più unità per le ragazze) in un lasso di tempo ristretto. Solitamente si calcola la serata in compagnia. Il 30,22% ha dichiarato di essersi ubriacato almeno una volta, mentre il 20% ha confidato di aver alzato troppo il gomito con una frequenza anche maggiore. E se già questi sono dati preoccupanti, lo sono ancora di più se calcoliamo che si inizia a bere già molto prima.

A 13 anni, il 16% dei maschi ha fatto registrare un fenomeno di «binge drinking», mentre il 7% si è ubriacato almeno una volta. Ma non basta: i primissimi casi vengono registrati fin dagli 11 anni (l'8% ha ingerito più di cinque bicchieri di alcolico in una serata e il 3% si è ubriacato almeno una volta). «Queste condizioni - commenta il dottor Roberto Pancheri, direttore del Dipartimento delle dipendenze e dirigente del Servizio di alcologia dell'Azienda sanitaria - portano a un'alterazione psicofisica evidente. È palese che si esagera fin da giovanissimi».
 
Ragazzi e ragazze bevono allo stesso modo?
«Fra i ragazzi si beve soprattutto birra, le ragazze invece, oltre alla birra, prediligono i superalcolici. Il vino, solitamente finisce nello spritz, come il prosecco. Ma non è tanto importante il tipo di bevanda, quanto il considerare che, in ogni caso, si ingerisce alcol etilico».

Perché si esagera con il bere, dottore?
«Per mille motivi. Per emulazione, per vincere la timidezza, per moda. Sicuramente la diffusione dell'abitudine di fare gli aperitivi può aver dato un impulso alla cosa, ma non dimentichiamo che il binge drinker, magari chiamato in altro modo, esiste da sempre. Da sempre è normale fermarsi a bere qualcosa finito il lavoro, prima di tornare a casa. Fa parte della nostra cultura, bere in questo modo, ma nel corso degli anni è diventata una cultura sempre più dannosa».

Si segue un esempio, insomma?
«Il bere nei giovani non può essere analizzato come una cosa a sé stante. I giovani sono frutto della comunità e della società. Per valutare questa situazione bisogna guardare la condotta degli adulti ed emerge che non si comportano in modo propriamente irreprensibile. Insomma, i riferimenti che hanno i ragazzi non sono virtuosi. Non sono stati i quindicenni a inventare gli happy hour».
 
Esistono delle leggi che vietano la somministrazione di alcol ai più giovani, sia al bar che al supermercato. Ma sono divieti facilmente aggirabili.
«Sono leggi recenti e, come tutte le leggi giovani, per indurre un cambiamento di comportamento deve esserci una serie di controlli. Se non ci sono questi è difficile che le normative vengano rispettate. Al giorno d'oggi ritengo che i tempi siano maturi per imporre un rispetto delle norme».
 
I baristi però dicono che non vogliono fare i poliziotti.
«Lo devono fare per legge. Sono obbligati a chiedere la carta d'identità, non è una scelta».

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)