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Nel tunnel dell'alcol a soli 20 anni: una testimonianza

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Nel tunnel dell'alcol a soli 20 anni per superare una delusione sentimentale
TERMOLI. Avere 20 anni e rifugiarsi nell'alcool, storia di una termolese che di se stessa racconta "Ne sono uscita da sola, non sono stata in comunità ne tanto meno in cura da uno psicologo, forse è per questo che anche se non bevo più, non mi sento guarita".


Daniela, la chiameremo così, è una giovane che, all'età di 25 anni ha alle spalle un passato difficile, reso tale da una dipendenza che "al contrario della droga non è avvolta dal mistero e dall'alone del proibito, perché l'alcool lo trovi dappertutto, persino nel frigorifero di casa".
La sua è infatti una storia di alcolismo, complessa e difficile da lineare non essendo questo problema mai stato risolto da un vero specialista. Daniela, con il tempo, ha diagnosticato e riconosciuto da sola la sua dipendenza e spaventata dalla sua condizione ha deciso, con fatica, di fare un passo indietro.


Tutto è cominciato quando di anni ne aveva soltanto 19 e precisamente al termine delle scuole superiori (ha frequentato il liceo scientifico) quando una delusione d'amore l'ha ferita più di quanto potesse immaginare. Lei, alle prese con la prima reazione importante, era stata rifiutata per la mancata capacità di esprimere se stessa, il suo amore, condividere i suoi problemi. Daniela è infatti sempre stata, come lei stessa racconta, una ragazza molto riservata, sempre circondata da persone ma di fatto rintanata nella sua solitudine. La sua alienazione dagli altri è sempre stato un problema latente, difficile da individuare anche dai suoi genitori. Lei infatti non ha mai avuto problemi di relazione, essendo sempre stata inserita in un gruppo di amici fidati, ma di fatto a questi amici ha sempre raccontato poco della sua vita privata, dei suoi turbamenti, condividendo con loro solo i momenti goliardici e felici, senza di fatto trascinare con se il suo "bagaglio" privato.


Quando dunque si è trovata abbandonata, da quell'unico ragazzo che forse stava riuscendo a farla scogliere un po' di più, si è sentita sola ed incompresa, decidendo così di annientare il suo dolore con l'ausilio di qualunque sostanza riuscisse ad evitarle di pensare.


"Ho iniziato a bere ogni sera, sempre in compagnia di altre persone. All'inizio non esageravo, ma ero costante, puntuale come un orologio. Dopo cena, uscendo di casa, avevo bisogno - e non semplicemente voglia- di una birra. Con il tempo però le cose sono peggiorate. Se prima bevevo solo in compagnia, con il passare dei mesi ho iniziato a farlo anche da sola, non esclusivamente di sera ma anche di pomeriggio".


Il tempo passa e Daniela non si accontenta più di una bevuta in compagnia, ma comincia ad avvertire la necessità di ricorrere alla bottiglia più volte al giorno, indipendentemente dal contenuto. "Poteva essere vino, rhum, vodka, non aveva importanza. Ciò che più mi interessava era perdere la cognizione del tempo, dimenticare me stessa. Volevo sparire e con l'alcool mi sembrava di diventare invisibile".
I suoi familiari non si accorgevano di nulla, essendo Daniela residente fuori città per motivi legati allo studio.


"Procurarmi da bere non era un problema, i miei genitori mi passavano mensilmente dei soldi per pagare bollette ed affitto e un con un po' di euro al giorno io riuscivo tranquillamente ad ubriacarmi; mangiavo poco e bevevo parecchio. Di tanto in tanto ricorrevo al furto nei supermercati, ma è capitato poche volte, forse più per l'ebbrezza che ne scaturiva; problemi economici non ne ho mai avuti".
Daniela beve ogni giorno, arriva ubriaca al tardo pomeriggio e resta tale per tutta la sera, fino a quando, esausta non crolla sul letto, per terra o sul divano. Se prima usciva con i suoi amici con l'aumentare del suo alcolismo smette di curare ogni rapporto, vedendo persone solo quando sono gli altri a cercarla.
I primi ad accorgersi del suo problema sono gli i compagni di Facoltà, che se nel primo periodo prendono sotto gamba il problema, con il passare del tempo notano la gravità della situazione e la totale estraneazione di Daniela alla vita. Lei non studia più, non frequenta le lezioni, non esce e non cerca nessuno.
"Non so dire perché lo facevo, di quel periodo ho solo ricordi sfocati. So solo che mi sentivo sola, incapace di condurre una vita come tutti gli altri. La mia famiglia si è accorta del problema solo dopo un anno e mezzo, quando un mio amico ha deciso di avvisare mio padre, raccontandogli quanto mi stava accadendo. All'inizio mi sono arrabbiata moltissimo, ma oggi so che lo ha fatto solo per il mio bene".


Oggi Daniela è uscita da quel vortice, ma per farlo non ha "sfruttato" l'aiuto di una comunità ne tanto meno quello di uno psicologo. "Ne sono uscita solo grazie al fatto di essere tornata a vivere con i miei a Termoli, rendendomi conto che quello che stava facendo mi stava distruggendo. Ho attraversato momenti difficili, un paio di volte ci sono ricaduta ma quando ho visto la delusione sul volto di mio padre ho capito che continuando così avrei perso tutto".


Oggi Daniela non beve più, ma nonostante questo alla domanda se si sente guarita risponde: "Io so di essere stata un'alcolista. La mia dipendenza è stata originata dalla voglia di non pensare, di annullare tutto intorno a me. Ora io so soltanto che invece voglio partecipare, poter contare su me stessa e sugli altri. Non sono stata curata dal mio alcolismo, ho fatto tutto da sola, ho riconosciuto la mia debolezza. Forse per guarire davvero ho bisogno di conoscere la mia forza".


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(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)