Nell'era in cui conta l'"apparire", che fine fa l'"essere"?
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di Gianluca Boncoraglio
C'erano una volta, tempi in cui gli ideali, le emozioni e le sensazioni erano qualcosa di reale, tangibile, vere, dove il divertimento era qualcosa di semplice, dove ogni conquista era nata da una lotta, erano un principio non scritto, ottenuto con caparbietà, erano i tempi in cui i miti avevano le sembianze di figure non mitologiche ma in carne ed ossa, rappresentanti di caste politiche, di cultura, di musica, di pensiero, erano ideali che mascheravamo tutti una voglia di libertà, di entusiasmo e di svolta, erano anni in cui il giovane era già adulto, dove il sabato sera era veramente un momento di felicità, la musica e i locali erano un punto d'incontro, i gruppi suonavano dal vivo cercando di accompagnare la notte con magia, erano momenti veri e naturali, l'alcol e la droga non erano termini del vocabolario giovanile, non esisteva il termine "sballo", ma ora?
Ora viviamo un tempo surreale, elettronico, immaginario, siamo stati travolti dal capitalismo e dalla tecnologia, abbiamo il tutto e il niente, ci giriamo intorno e non vediamo nulla di reale, siamo legati alle evoluzioni elettroniche, a microchip emozionali, cerchiamo paradisi artificiali, non sentiamo piu' il tocco umano della vita, trasmettiamo il nostro modo di vivere ed i nostri sentimenti con un computer, con un cellulare, cerchiamo sempre l'ultimo grido della moda, cerchiamo di apparire.
La musica è un segmento misto di bip e pulsazioni, non trasmette emozioni, e scompare subito, i nostri ideali non sono piu' quelli di una volta, i nostri miti saltano fuori da reality, da una TV che rappresenta il nostro tempo, vuoto, un punto di non ritorno.
Le nostre sere sono fiumi di alcool, la mattina ci svegliamo e non ricordiamo niente di quello accaduto, ma andiamo avanti, camminiamo verso una meta che non ha destinazione, ma non siamo pessimisti, forse perche' non ce ne rendiamo conto, abbiamo tutto, non ci manca niente.