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Nettuno, indiano bruciato "per fa" un gesto eclatante"

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Accecati da fumo e alcol erano a caccia di "forti emozioni". Escluso il movente xenofobo
Nettuno - "Se semo inventati ‘sta goliardata": questa la confessione strappata in caserma a uno dei tre ragazzi accusati di tentato omicidio aggravato, che sabato notte, alterati dall'effetto di alcol e droga, hanno picchiato e bruciato vivo un indiano che dormiva su una panchina alla stazione ferroviaria di Nettuno. Nessuna rivendicazione xenofoba: semplicemente un agghiacciante gesto da "testa vuota", come l'ha definito il comandante provinciale dei carabinieri, Vittorio Tomasone.
I tre responsabili sono ragazzi provenienti da famiglie per bene di Nettuno. Incensurati, uno di loro, F.S. è minorenne. Gli altri due, Francesco B. e Gianluca C. hanno 28 e 19 anni. Non hanno un lavoro fisso; non sono tifosi e non hanno particolari interessi. Passano le serate a vagare in auto, con la testa annebbiata dagli effetti di fumo e alcol, in cerca di nuove ‘emozioni' .
E' proprio in questa triste cornice che si va a inserire il folle gesto che i tre ragazzi hanno compiuto sabato notte, intorno alle 4. "Stavamo a cercà un'emozione forte -confessa il minorenne- qualcuno che dorme per strada. Volevamo fa' un gesto eclatante" . I tre si sono così avvicinati ad un senzatetto di origine indiana sdraiato su una panchina della stazione ferroviaria di Nettuno. "Dacce i soldi": hanno iniziato a insultarlo, picchiarlo con pugni e calci. Poi se ne sono andati, non ancora soddisfatti. Diretti ad un distributore di carburante, premeditano sull'atroce gesto: tornano dal malcapitato, gli spruzzano della vernice negli occhi per accecarlo, lo cospargono di benzina e gli danno fuoco.
Davanti alla torcia umana si danno alla fuga, nonostante in caserma confessassero di volerla spegnere. Non è così: un testimone, soccorrendo l'indiano in fin di vita, li ha visti scappare a gambe levate. Fuga durata ben poco. Dodici ore più tardi infatti i carabinieri di Frascati li hanno recuperati e condotti in caserma.
Se in un primo momento si pensava ad un gesto xenofobo, ascoltando le voci degli interessati si è delineato un movente che forse spaventa di più, proprio perché non c'è movente. Il comandante provinciale dei carabinieri, Vittorio Tomasone, parla di "teste vuote". "Non c'è razzismo -dichiara- ma solo stupidità e sballo che li ha portati a compiere un gesto atroce".
Sinhg Navte, questo è il nome del povero senzatetto, 35 anni, si trova ricoverato all'ospedale S. Eugenio di Roma in prognosi riservata. Le sue condizioni sono migliorate e non è più in pericolo di vita.
Annalisa Tregattini