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Nicotina, dagli USA uno studio sulla variabilità individuale del craving

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Nicotina, dagli USA uno studio sulla variabilità individuale del craving

Fonte: Drug and Alcohol Dependence

Titolo originale e autori: Hanlon CA, Jones EM, Li X, Hartwell KJ, Brady KT, George MS. Individual variability in the locus of prefrontal craving for nicotine: Implications for brain stimulation studies and treatments. Drug Alcohol Depend. (2012), Mar 27-


Il craving da nicotina stimolerebbe l'attività cerebrale in diverse aree corticali, evidenziando un'alta variabilità individuale.
Hanlon e collaboratori della Medical University of South Carolina hanno recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Drug and Alcohol Dependence, che ha valutato la variabilità individuale nella localizzazione del picco di massima attività cerebrale durante l'esposizione a stimoli legati alla nicotina.
26 soggetti con dipendenza da nicotina hanno effettuato una Risonanza Magnetica funzionale durante la quale sono state presentate immagini legate al fumo (es. accendino, pacchetto di sigarette) e immagini neutre (es. piatti, matite).
Mentre guardavano gli stimoli legati alla nicotina, tutti i partecipanti hanno avuto almeno un'area con attività significativa nella corteccia prefrontale. Il 100% dei partecipanti di sesso maschile ha avuto il picco di attività nella corteccia prefrontale mediale. Nel 15% dell'intero campione il picco di attività era localizzato nella corteccia prefrontale laterale sinistra o nell'insula sinistra, e nel 23% era sparso in tutta la corteccia prefrontale.
I ricercatori hanno dunque riscontrato una notevole variabilità individuale nella localizzazione del picco di massima attività durante l'esposizione a stimoli che inducono il craving, cioè il desiderio incontrollabile, per la nicotina. Rispetto alle donne, gli uomini sembrano avere una posizione più uniforme di questo picco di attività.
Un settore in crescita nella ricerca sulle dipendenze riguarda l'utilizzo di tecniche di stimolazione cerebrale per diminuire il craving indotto da stimoli correlati alla sostanza d'abuso. Il lavoro di Hanlon e colleghi si propone dunque di guidare gli studi in questo ambito e, dai risultati ottenuti, l'acquisizione dei dati di neuroimmagine funzionale sembra essere utilizzabile per adattare il trattamento al paziente o per filtrare i partecipanti prima del trattamento stesso.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)