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Parma: gioco d'azzardo, dipendente un parmigiano su cento

Parma: gioco d'azzardo, "dipendente" un parmigiano su cento

Oltre un centinaio di persone, ieri sera, ha seguito con attenzione l'incontro- dibattito dal titolo "Gioco d'azzardo

patologico, nuova emergenza sociale", organizzato nell'ambito del progetto socio-sanitario "Sotto le Stelle... in Piazzale

della Pace" iniziativa dell'Agenzia alla Sanità e Politiche per la Salute del Comune di Parma, in collaborazione con l'Ausl

di Parma, che per tutta estate propone un ricco calendario di appuntamenti con musica, teatro, musical, spettacoli, concerti

e, appunto, dibattiti sulle dipendenze patologiche che si susseguono come strumenti innovativi per informare e

sensibilizzare ai corretti stili di vita.
L'attore Caio Guain - mettendoci il cuore e non solo la professionalità - , magistralmente accompagnato dalle note al

pianoforte di Francesco Palmas - ha letto significativi brani da "Il giocatore", romanzo autobiografico di Fedor Dostoevskij

oltre ad alcune toccanti testimonianze di ex giocatori patologici, curati con successo dalla comunità terapeutica Orthos di

Milano, il cui leader, il professor Riccardo Zerbetto è stato ospite d'onore della serata. L'incontro, condotto da Paola

Valla, ha visto interessanti interventi della Dott.ssa Maristella Miglioli, psichiatra dell'Ambulatorio per Il Gioco

D'azzardo Patologico del Ser.T di Parma; del dottor Franco Giubilini, Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze

Patologiche dell'AUSL di Parma, e del "padrone di casa", il Delegato del Sindaco alla Sanità Fabrizio Pallini.
Parma - è stato evidenziato - non fa eccezione: anche nel nostro territorio si calcola che una percentuale superiore all' 1%

della popolazione sia interessata dalla patologia del gioco compulsivo, senza dimenticare tutto il sottobosco che Pallini

invita a far emergere, dal momento che finora sono appena 60 i giocatori "all'ultimo stadio" che si sono presentati al Sert

per essere curati. "All'ultimo stadio", perché prima il giocatore incallito e malato - che pure è un grande bugiardo prima di

tutto con se stesso oltre che con gli altri - nega l'evidenza e non chiede aiuto, e quando lo fa, spesso, è troppo tardi.

Malati, più che viziosi, i giocatori dovrebbero essere assistiti dai servizi socio-sanitari, e in questo senso si può fare di

più. Il problema - per Pallini - è l'argent, i soldi, che lo Stato in primis, e di conseguenza le Regioni, dovrebbero

investire anche per combattere questa dipendenza patologica, come tanto è stato fatto, ad esempio, per la lotta contro il

fumo. E se le scritte Marlboro o Muratti sono state fatte da tempo cancellare in Formula Uno, per il gioco, al contrario,

vengono finanziate vere e proprie campagne pubblicitarie a favore, incitando a essere "Baciati dalla Fortuna". Nel loro

piccolo Comune di Parma, grazie all'Agenzia per la Salute, ed Azienda Usl hanno cercato di dare il buon esempio proprio con

il dibattito di ieri sera a "Sotto le Stelle... in Piazzale della Pace", foriero, magari, di una futura collaborazione con gli

specialisti di Orthos, che sono riusciti finora a "curare" con successo circa 120 casi, senza spaventarsi per alcune

inevitabili ricadute, che come per ogni dipendenza patologica, purtroppo, sono all'ordine del giorno. Ma davanti

all'insuccesso temporaneo non ci si può fermare né scappare come purtroppo qualche giocatore tende a fare. "Purtroppo nel

nostro Paese, dove il 70% delle persone gioca, e circa l'1,5% della popolazione lo fa in modo compulsivo, il Governo non fa

nulla - denuncia il professor Zerbetto - in Svizzera, ad esempio, il 5% dei proventi del mercato del gioco vengono

reinvestiti per campagne di sensibilizzazione e cura. In Italia, invece, siamo continuamente invitati a giocare perché

semplifica la vita: un messaggio distorto che spinge i giovani a spendere qualche soldarello appunto nel gioco, piuttosto che

a comprare un buon libro."
Il dottor Franco Giubilini, parso assai convinto dalla metodologia di lavoro di Orthos, che prevede un programma intensivo

con una durata predefinita di 21 giorni, ha lanciato una provocazione: "Il fenomeno è sociale oltre che biologico e

patologico: sarebbe bello vedere se, alla pari di alcune malattie sociali, come sono state certe infezioni, anche in questo

caso fosse possibile fare qualche forma di immunizzazione o di vaccinazione, che sono stati strumenti fenomenali per altre

patologie sociali... Il tentativo di questa sera è proprio quello di introdurre qualche anticorpo che ci aiuti a cadere meno in

questo tipo di patologia."
La dottoressa Miglioli ha tracciato l'identikit di chi, colto dalla febbre del gioco, si è rivolto al Sert: "Sono due le

fasce d'età: 40-50 anni ed ultra 60enni; il reddito è medio-basso e così anche il livello di istruzione, con situazioni

sociali disagiate (lavori precari, pensionati, single con difficoltà di reddito). Iniziano a giocare in solitudine, per

frustrazione, noia e vuoto: alla fine, anche per questo tipo di vulnerabilità, faticano ad uscire dal tunnel nel quale sono

piombati. E ai servizi arrivano spinti dalle famiglie, quando la situazione debitoria li ha messi in grave crisi. Al momento

dell'accoglienza noi facciamo una valutazione di tipo psico-diagnostico delle loro problematiche rispetto all'attività al

gioco, e della loro capacità di gestire il denaro, perché questo è il sintomo principale. Se nessun famigliare è in grado di

farlo, in casi estremi, arriviamo a proporre l'amministratore di sostegno."