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Più alcol e fumo, vita più corta: il punto sulla salute della donna

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Più alcol e fumo, vita più corta: il punto sulla salute della donna
Da una parte la crisi economica, che porta a preoccuparsi di meno di problematiche inerenti alla salute. Dall'altra l'assunzione sempre più  frequente di stili di vita non salutari, come il consumo di alcol e il vizio del fumo, che negli ultimi anni hanno contribuito ad aumentare l'incidenza di alcune patologie, come quelle cerebrovascolari, infarti e ictus in testa: sono solo alcune delle cause alla base del rallentamento registrato nella crescita dell'aspettativa di vita femminile in Italia. È quanto emerge dal Libro Bianco «La salute della donna. Stato di salute e assistenza nelle regioni italiane», terza edizione, presentato oggi a Roma dal presidente O.N.Da (Osservatorio nazionale salute della donna) Francesca Merzagora e dal presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi. I dati parlano chiaro: negli ultimi 4 anni l'aspettativa di vita femminile è cresciuta dal 2007 di soli 0,3 anni (da 84 anni nel 2007 a 84,3 nel 2010), contro lo 0,4 anni per l'uomo (da 78,7 anni nel 2007 a 79,1 nel 2010).
Infarti e ictus, alcol e fumo - Dal Libro Bianco emerge che, da parte del genere femminile, cresce la disattenzione verso fattori di rischio

tipicamente maschili come l'abitudine al fumo, aumentata di mezzo punto percentuale nella popolazione femminile, e all'alcool, con sempre più donne che consumano oltre 6 bicchieri di bevande alcoliche in un'unica occasione.
In aumento anche le malattie prima appannaggio esclusivo del sesso maschile, in particolare quelle cerebrovascolari, che in Italia registrano

nella popolazione femminile circa 130 mila decessi annui - di cui 33.000 per infarto del miocardio - arrivando così a numeri pari a più del

triplo del tumore della mammella. Tra i fattori di rischio, oltre all'emulazione di vizi tipicamente maschili come alcol e fumo, la

sottovalutazione della patologia cardiovascolare - considerata ancora "campo esclusivo" degli uomini - e un inadeguato stile di vita, sempre

più sedentario. «Oltre a fattori esterni - spiega Tiziana Sabetta, dell'Osservatorio Nazionale sulla salute nelle Regioni Italiane diretto da

Walter Ricciardi, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - è importante considerare anche fattori non modificabili come l'età.

Analizzando la mortalità per malattie ischemiche del cuore si osserva, infatti, tra le donne più anziane, un tasso di decessi addirittura 144

volte più alto rispetto a quello delle più giovani».
Ancora troppi cesarei - Dal Libro Bianco emerge che, in generale, da parte delle Istituzioni si potrebbe fare di più per andare incontro alle

esigenze femminili: sono infatti ancora troppi sul territorio i punti nascita sprovvisti di unità operative di terapia intensiva neonatale

(presenti in 125 dei 551 monitorati) e che realizzano meno di 500 parti l'anno portando, per esempio, i parti cesarei a percentuali

elevatissime - circa il 40% - rispetto alle raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (15%), o rendendo impossibile l'

utilizzo della analgesia epidurale. E non sempre i farmaci di ‘genere' sono disponibili, nonostante siano le donne le maggiori fruitrici di

terapie mediche.
Ricorso ai farmaci e accesso alle cure - Le donne consumano più farmaci degli uomini - circa il 20-30% in più - e il 40% in più di

integratori. Una differenza spiegata, in parte, dal fatto che «vivono in media 5 anni in più dell'uomo - spiega Scaccabarozzi - entrando

nella fascia d'età in cui sorgono più patologie». Quanto all'accesso alle cure, dal Libro emerge una situazione a "macchia di leopardo", con

le regioni del Nord più virtuose di quelle del Sud, che mette in evidenza che le aree in cui la mortalità è maggiore sono quelle in cui

l'accesso ai farmaci e alle cure è ridotto: «Questo è un dato molto interessante, ed è un aspetto che deve essere preso in seria

considerazione. La civiltà di un Paese si vede dalle attenzioni dedicate all'istruzione dei bambini e alla salute delle donne e dei bambini».
La patologie "in rosa" - Dal Libro emerge che disturbi psichici e dell'umore come ansia e depressione, nevrosi, e disturbi di personalità, a

cui si aggiunge l'obesità, sono le patologie a cui la popolazione femminile è maggiormente predisposta complici le alterazioni ormonali nelle

diverse fasi riproduttive (gravidanza, puerperio e menopausa) e un maggior numero di eventi stressanti a cui la donna va incontro. «Oggi le

donne hanno problemi nuovi e ben più gravi rispetto agli uomini - spiega Francesca Merzagora, Presidente dell'Osservatorio Nazionale sulla

salute della Donna (ONDA) -. L'assenza del marito o del compagno, separazioni o divorzi, mancanza di lavoro o di pensione, comunque di un

reddito, colpiscono le donne molto più della popolazione maschile e sono alla base di problemi sociali ed economici decisivi che influenzano

l'equilibrio psico-fisico della donna. Sono infatti questi i fattori che piu' di frequente incidono nell'insorgenza di disturbi e malattie

psichiche, prime fra tutte la depressione».
Il bilancio - I dati analizzati sulla salute delle donne «evidenziano - si legge nel Libro Bianco - il continuo consolidamento dello stato di

salute del genere femminile che risulta complessivamente buono, ma sottolineano il progressivo aumento delle differenze tra macroaree

geografiche, tra singole regioni e tra uomini e donne».
«La pubblicazione del Libro Bianco - conclude il presidente di Farmindustria - è un'occasione importante per concentrarsi specificamente

sulle esigenze, anche terapeutiche, di tutte le donne. Considerando che la loro aspettativa di vita è ormai di oltre 84 anni, le imprese del

farmaco si trovano ad affrontare una 'sfida nella sfida': garantire trattamenti adeguati alle loro necessità quando sono in età avanzata.

Attualmente sono più di 1.000 i farmaci in sviluppo nel mondo per malattie che colpiscono l'universo femminile. L'industria farmaceutica

offre il proprio contributo non solo attraverso medicinali innovativi, ma anche diffondendo la consapevolezza delle caratteristiche di

genere».
di Miriam Cesta


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)