Prima sbronza gi� a 11 anni: il triste record dell'Alto Adige
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Uno studio della Siipac assegna alla nostra provincia il primato in fatto di precocità nel venire a contatto con gli alcolici
BOLZANO. In Italia sono i ragazzini altoatesini quelli più attratti dall'alcol. Presentati ieri i dati di uno studio della Siipac (Società italiana patologie compulsive con sede a Bolzano) guidata da Cesare Guerreschi e conosciuta in tutto il Paese.
Numeri che fotografano una realtà preoccupante nella fascia d'età tra gli 11-13 anni, quando in provincia di Bolzano si manifestano le prime sbronze. Ragazzini, a volte poco più che bambini, che si avvicinano con disinvoltura all'alcol: un fenomeno che non può far correre il pensiero all'iniziativa carnevalesca del bar "Haidi", dove la birra fu offerta a prezzi stracciati agli studenti delle superiori.
Il 76,3% dei giovanissimi (tutti i dati sono riferiti all'i ntervallo d'età 11-13) altoatesini ha consumato almeno una bevanda alcolica nell'anno: praticamente solo uno su cinque non ha assaggiato l'alcol. Una quota che sale all'84,2% per i maschi e si attesta al 68,6% tra le femmine. Nessuno, in Italia, presenta cifre simili visto che al Nord Ovest il totale è di 70,7%, 73% al Nord Est e solo 59,6% nelle Isole.
Un atteggiamento figlio di una forte cultura enologica a tavola? Niente di tutto questo dato che la nostra provincia supera tutti pure negli alcolici consumati fuori pasto. L'11,8% dei ragazzi, infatti, beve lontano da pranzi e cene, addirittura il 19,8% tra i maschi e il 4,1% tra le giovani donne. Solo il dato del Nord-Est, cui peraltro contribuiamo, si avvicina con il 10,8% del totale, mentre siamo di nuovo lontanissimi dal 4,1% registrato al Sud. Il vero tarlo, però, è senz'altro il "binge drinking", ovvero l'a ssunzione di sei o più bicchieri di bevande alcoliche in un'unica occasione: in breve, la più classica delle sbornie. Il 19,9% dei nostri ragazzini lo ha provato negli ultimi anni, più del doppio del dato del Nord-Est, fermo a 10,6%, e lontano anni luce dallo 6,1% delle Isole. Nel dettaglio, il "binge drinking" coinvolge il 30,3% dei maschi e il 9,9% delle femmine, anche qui i valori più alti della Penisola. Solo nelle unità alcoliche consumate quotidianamente l'Alto Adige presenta dati più bassi delle altre zone d'Italia: dalle una alle quattro unità di alcol, sia tra i maschi sia tra le femmine, nessun dato è particolarmente allarmante. I ragazzini, quindi, non sono alcolisti, ma amano concedersi sballi pesanti una volta ogni tanto. «A quell'età - spiega Guerreschi - anche solo la sbornia periodica ha effetti devastanti e ogni singolo episodio brucia dai 12 ai 15 milioni di cellule neuronali. Non solo, si possono avere blocchi dello sviluppo del sistema nervoso anche permanenti».
«I dati - continua il professore - provengono dall'Istituto superiore della sanità e mostrano una realtà che deve far riflettere tutti: dai politici alle famiglie, passando per le scuole e tutte le agenzie educative. A fianco a strutture riabilitative che a Bolzano stanno lavorando bene, c'è la necessità di maggiore prevenzione e ci piacerebbe anche entrare nelle scuole primarie». Un'offerta di bevande alcoliche a prezzi di saldo come quella carnevalesca del bar "Haidi" quanto può incidere sul processo di formazione di una cultura corretta nei confronti dell'a lcol? «E' devastante e deplorevole, ma non penso che i divieti possano servire a molto. Sono passato per quel bar giovedì grasso e devo dire che i controlli degli esercenti, per quanto sbandierati, erano alquanto blandi». Sulla questione interviene il sindaco Spagnolli: «Cercare di puntare sui divieti e le imposizioni, anziché sulla prevenzione, è il più classico degli errori. Questo deve entrare in testa anche a chi ci passa i soldi, come Provincia e Stato. Ricordiamoci, oltretutto, che i bar devono poter fare le offerte che ritengono più opportune perché si tratta di due regolamenti differenti. Non è la sanzione a fare la differenza, bensì la cultura». Evidentemente l'una esclude l'altra. Eloquente l' intervento finale del presidente del Teatro Cristallo Pio Fontana: «Cultura? Certo, ma cercare di portare spettacoli sul tema dell'a lcol è davvero molto difficile perché si incontrano delle resistenze».