Quando la dieta diventa una droga...
Dieting: quando la dieta diventa una droga
Si perde peso ma lo si riacquista subito: le tante restrizioni alla fine provocano una dipendenza
ELENA ELISA
TORINO. Dieting: quando la dieta è una droga e la vita ruota attorno alla dose quotidiana di rinuncia. Accade a molti, a
donne e adolescenti soprattutto, che dopo mesi di sacrifici sono dimagrite con il fai da te. Poi hanno riacquistato peso e
così hanno ricominciato a non mangiare.
Un tira e molla che ha spalancato loro le porte dei disturbi alimentari. E della dipendenza. Che parte dalla volontà,
apparentemente innocua, di perdere un paio di chili e finisce con la necessità di infliggersi un regime calorico
costantemente ridotto. Perciò si vive rifiutando inviti a cena, comprando soltanto «light», contando calorie, trascorrendo
intere giornate a bollire intrugli e a bere pozioni depuranti. Un'esistenza complicata e pericolosa, fatta di rigore durante
i pasti e di controllo fuori. E poi di scarsa nutrizione, basse difese immunitarie e di fame. Il momento delle grandi
abbuffate arriva inevitabilmente. Con loro, il senso di colpa: così si continua a sforare, si riacquista peso e il gioco è
fatto. Si ricomincia la dieta. Un comportamento micidiale dal nome spiritoso: «effetto yo-yo» che ha ripercussioni sul fisico
e, si è scoperto, anche sulla mente: crea dipendenza.
A verificarlo due ricercatori italiani, emigrati in America, ora professori alla Boston University, Valentina Sabina e Pietro
Cottone. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica «Pnas». «L'affamarsi è contro natura - dice
Giovanna Cecchetto, presidente dell'Andid, associazione nazionale dietisti - rigide restrizioni, adottate per dimagrire in
poco tempo, alterano il metabolismo che rallenta e smette di bruciare grassi. La conclusione, paradossale, è l'incapacità di
perdere peso».
Perciò il corpo ingrassa solo a buttar giù una foglia d'insalata e il pensiero, complice, non dà tregua: rimanda immagini - e
fa sentire la voglia irrefrenabile - di torte al cioccolato e tagliatelle al ragù. «Siamo fatti così, è una questione
biologica - continua il presidente dell'associazione - diete prolungate annullano il senso di fame. E se il nostro organismo
è stato a regime troppo a lungo sente la spinta incontrollata verso il cibo». Una reazione alla fame dal sapore di vendetta.
Un fatto naturale che accomuna uomini e animali. I ricercatori hanno scoperto che nel cervello dei topolini di laboratorio,
l'alternanza di abbuffate e digiuni genera lo stesso meccanismo indotto da cicli di astinenza e di intossicazione da droghe.
È ciò che accade negli esseri umani: dopo un periodo di dieta si sente il bisogno di uno strappo alla regola, meglio se con
il piatto preferito, un cibo goloso, «proibito». L'organismo, tenuto a stecchetto, trattiene il nutrimento - grassi e
zuccheri compresi - per il timore di restare a digiuno. Ma non si accontenta, ne vuole di più e, come il drogato in crisi di
astinenza, la mente riaccende la voglia.
«Le diete scopiazzate dalle riviste, quelle chieste in prestito alle amiche e prese da Internet - dice Laura Bellodi,
direttrice del Centro per lo studio e il trattamento dei disturbi alimentari del San Raffaele a Milano - sono spesso
l'origine di anoressia, bulimia e obesità. Rendere consapevoli le persone che i centri che governano i nostri istinti
primari, come la fame, sono primitivi e non rispettano i nostri desideri di pianificazione, selezione e organizzazione, può
servire a far comprendere, forse, che è inutile incaponirsi: la natura è più forte di qualsiasi nostra volontà».