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Reggio Emilia: dilaga il gioco d'azzardo

Reggio Emilia: dilaga il gioco d'azzardo

Epidemia che dilaga, mai così tanti schiavi del gioco d'azzardo Caroni: crisi e ampia offerta inducono in trappola
di Alessandra Codeluppi
REGGIO EMILIA - Quante volte sorseggiando un caffé in un bar si vedono uomini con occhi incollati allo schermo della slot

machine. O, in tabaccheria, persone che comprano, oltre alle sigarette e alle marche da bollo, i Gratta e vinci. Per alcuni è

un semplice modo di tentare la fortuna, che finisce con una piccola delusione nel caso in cui non si vinca. Per altri, molti

altri, è invece un brivido che divora la vita, una malattia che fa dilapidare soldi e distrugge affetti e amicizie.
Quest'anno ha segnato il record di assistiti l"Azzardo point", il servizio offerto dal Comune di Reggio e dall'associazione

Papa Giovanni XXIII a chi è affetto da dipendenza da gioco d'azzardo patologico.
I NUMERI - "Da quando è nato lo sportello, nel 2000, abbiamo seguito circa 350 persone, in media 35 all'anno. Ma entro

dicembre 2010 conteremo circa un centinaio di persone, tra chi è già in trattamento e i nuovi ingressi. Non abbiamo mai

ricevuto tante richieste d'aiuto come quest'anno. Abbiamo avviato in maggio il quarto gruppo di sostegno, ed è già

strapieno". A parlare è Umberto Caroni, educatore professionale e responsabile del servizio. In via Guido D'Orso 14, dove si

trova lo sportello, arrivano persone in grande difficoltà "segnalate talvolta dalla famiglia o dai servizi pubblici: anche

perché noi siamo l'unico servizio riconosciuto e specializzato in quest'ambito". Dietro ci sono storie difficili: c'è chi, a

partire da una semplice "grattata" o da una scommessa sportiva, ha finito per spendere i risparmi di una vita, mettere in

difficoltà genitori, mogli e figli, perdere il lavoro e, magari, usare carte revolving per cercare di rientrare dai debiti e

cadere ancor di più, invece, nel baratro. Ed è evidente che i casi seguiti dall'Azzardo point rappresentano soltanto la punta

dell'iceberg: molti altri potrebbero avere la stessa malattia, ma, per
tanti motivi - il problema non è ancora diventato "insormontabile", si pensa di poterlo gestire da soli, o per vergogna -

ancora non hanno chiesto aiuto.
LA CRISI - Come si spiega l'impennata di casi dell'ultimo anno? Caroni non ha dubbi: "Hanno inciso molto la crisi economica,

ma soprattutto l'ampia offerta di giochi e la possibilità, e semplicità, nel potervi
accedere in tanti posti diversi: bar, tabaccherie e punti Snai".
L'esperto spiega: "Alcuni studi dimostrano che nei periodi di recessione la gente tende a cercare di più la fortuna. Una

volta tornati a una fase di maggiore prosperità, il ricorso al gioco d'azzardo non diminuisce, ma si stabilizza". Facile

intuire il motivo: quando c'è maggiore difficoltà nel trovare o conservare il posto di lavoro, e i soldi scarseggiano, molti

tentano di fare il "grande colpo". Talvolta, però, ci si "accontenta" anche di meno. "Di questi tempi, per l'operaio o la

casalinga - precisa Caroni - è importante mettersi in tasca anche mille-cinquemila euro in più". Insomma, l'equivalente di

uno stipendio normale, buono o anche ottimo: una piccola, ma pur agognata, iniezione al conto corrente.
L'OFFERTA - Fino a qua, però, non ci sarebbe nulla di nuovo: i periodi di magra, come quello che stiamo attraversando,

ciclicamente tornano e con essi anche il maggior ricorso ai giochi d'azzardo. Il vero problema, secondo Caroni, sta nella

politica portata avanti negli ultimi quindici anni: "Al di là degli orientamenti dei singoli governi, lo Stato ha sempre più

incentivato il gioco: e più si inducono i cittadini a giocare, più si riduce in loro la nozione dell'azzardo. In Italia

giocano 27 milioni di persone e, secondo una ricerca Nomisma, tra lo 0,5% e l'1% sono patologici".
L'IDENTIKIT - A Reggio, secondo una stima della Provincia, sono 400mila i giocatori e sono oltre 12 ila coloro che ormai non

riescono più a gestire il gioco: evidentemente solo una piccolissima percentuale
di loro chiede aiuto. E ci sono differenze tra i sessi: "Delle cinquanta persone che seguiamo da tempo, quarantacinque sono

uomini e cinque donne. I primi tendono a cadere più facilmente nella malattia,
ma anche a farsi seguire. Per le altre vale il contrario", afferma Caroni. Per il resto, è impossibile costruire un identikit

del giocatore dipendente: "Da noi vengono persone dai 24 ai 70 anni. Di solito hanno un lavoro e, talvolta, sono benestanti:

in teoria non dovrebbero aver bisogno dell'azzardo. Anche se, è evidente, il sogno della grande vincita attrae tutti".
LE TRAPPOLE - Tra le persone in trattamento, la maggior parte ha sviluppato una dipendenza dalle slot machine, dai

Gratta&vinci e dalle scommesse sportive; un po' meno dal Lotto (soprattutto donne). "Un tempo il sorteggio legato a certi

giochi avveniva con cadenze periodiche, ma distanziate l'una dall'altra. Ora, invece - spiega Caroni - molti giochi sono

diventati ad alta frequenza: sono ripetibili in poco tempo e danno la possibilità di puntare continuamente. Oltretutto, passa

il messaggio pubblicitario che vincere è facile. Noi pensiamo, invece, che talvolta una delle prime sfortune è vincere". A

questi si affiancano alcuni vecchi frequentatori di casinò: subendo il fascino del suo particolare ambiente, ne sono

diventati vittime.
Una nuova frontiera è invece rappresentata dai giochi online. "Permettono anche ai minorenni di giocare da casa. Ed è assurdo

che chiunque, anche i giovanissimi, comprando una scheda prepagata in tabaccheria, possa partecipare. Temo che nei prossimi

anni, se va avanti così, dovremo seguire molti ragazzi che non riescono più a staccarsi dal poker texano".