Reggio Emilia: tanti giovani cercano sollievo nell'alcol
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«Alcolista io? Ma se posso smettere quando voglio». Come per tutte le dipendenze (alcol, droga, gioco d'azzardo) la presa di coscienza è il primo passo verso la cura. Un passo difficile però, e doloroso. Ma lo è molto di più ostinarsi a non farlo, soprattutto per le persone che ti stanno vicine, familiari, parenti, amici. Sono proprio loro, insieme a medici di base, ospedali o altri servizi sanitari a indirizzare, spesso, chi soffre di disturbi legati all'abuso di alcol al Sert. Ma molti altri, purtroppo, restano nell'ombra.
Come spiega Angiolina Dodi, direttore del programma provinciale dipendenze patologiche dell'Ausl di Reggio: «In ogni distretto reggiano opera un Sert con un'équipe alcologica composta da medici, infermieri, assistenti sociali, educatori, psicologi e anche psichiatri».
«Multimodale» dunque il trattamento per chi entra in cura; fondamentale però è il coinvolgimento dei familiari: «E' molto importante - sottolinea Dodi - perché il cambiamento deve avvenire nel contesto familiare». Famiglia che è essenziale anche per il mantenimento dell'astinenza, una volta raggiunta.
Non a caso il servizio fa appoggio su gruppi, cosiddetti, di mutuo aiuto - nei quali rientrano le associazioni di Alcolisti anonimi (Aa) e i club alcolisti in trattamento - che in varia misura e con varie modalità negli incontri, che avvengono anche più volte a settimana, coinvolgono proprio i familiari e, in modo particolare, i figli (per l'Aa rispettivamente i gruppi Alanon e Alatin), che spesso maturano una forma molto forte di «rigetto» nei confronti del genitore alcolizzato.
D'altro canto è, in genere, proprio la famiglia la prima vittima di chi entra nel tunnel della dipendenza da alcol. Un tunnel che porta inesorabilmente all'autodistruzione, ma dal quale si può anche riuscire a uscire. «Il successo del trattamento - spiega Dodi - c'è dove c'è la frequenza costante dei gruppi o l'appoggio forte dei familiari e un obiettivo importante di vita ed è da mantenere nel tempo. E' invece meno frequente nei bevitori "sociali", i gregari "da bar", tra i quali diverse signore».
«L'abuso di alcol? E' l'anticamera dello sballo completo, dell'uso di cocaina ed eroina - afferma don Ercole Artoni, fondatore della comunità di recupero Papa Giovanni XXIII - Ed è sempre più diffuso tra i giovanissimi, anche 11 anni. Vivono una vita virtuale e fuggono da una realtà che non sanno affrontare. Spesso si vendicano così della mancanza di attenzioni e amore. Un disagio che cresce sempre di più, con un diffuso malessere e rifiuto della vita».