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Ricerca choc: alcol già a sei anni

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Ricerca choc: bevono alcol già a sei anni
di Marida Lombardo Pijola


ROMA - C'è quello, quasi uno su dieci, che ha imparato a bere nella stessa stagione in cui colorava gli album con i pennarelli: prima dei sei anni, grembiule rosa o azzurro, prima elementare. Ci sono itre su dieci che hanno buttato giù uno o più sorsi prima della terza elementare, più o meno all'età della prima comunione, tra i sei e i dieci anni. C'è quello che prima dei quattordici è diventato un bevitore abituale: due baby ubriaconi su dieci, cin cin tutti i giorni, o giù di lì.


Sempre due su dieci, ammettono orgogliosamente di aver sperimentato già l'ebbrezza di una sbronza; un po' meno di quattro (32,9%), spiegano di essersi sballati con la precisa intenzione di sballarsi, mica per errore. Molti confessano di essere propensi, da intenditori, ad accompagnare una buona bevuta con una buona canna o qualche allucinogeno: lo sballo viene meglio, va da sé. Più di due su dieci, poi, disdegnano la birra a beneficio di uno o più shottini di whisky, di vodka, di rhum, di gin, magari mescolati, vediamo se riesco a non crollare.


Passioni etiliche precoci, tra i 12 e i 14 anni; bevitori in erba per diletto, leggerezza, passatempo, per conformismo, per qualche affanno e immaturità del quoziente intellettivo («dimostri che sei in gamba»). Ed ecco una deriva e un'emergenza, nel ritratto dei cultori in erba della sbronza così come l'ha scolpito un'indagine -verrà presentata domani in un convegno a La Sapienza- a cura dell'Osservatorio Permanente sui Giovani e l'Alcol con la Società Italiana di Medicina dell'Adolescenza.


Proviamo a immaginare 1.071 ragazzini tra i dodici e i quattordici anni di varie scuole della Capitale raccolti nelle tipiche location, posture, occupazioni da loro predilette: buttati in una piazza, in un pub, in un bar, a consumare ore vuote secondo le modalità previste dal codice del gruppo. Che si fa? Beviamo! Proviamo a immaginare di interrogarli sui dettagli, come ha fatto il professor Carlo Bruzzi dell'Università di Trento, coordinatore dell'indagine. Quasi tutti (90,4%), ammettono di aver cominciato a bere entro il primo anno delle superiori. Quasi otto su dieci hanno buttato giù il primo sorso in famiglia: primo bicchiere offerto da mamma e papà. I quali, però, si sono ben guardati dall'ammonire sui rischi di quel rito: più della metà dei genitori (53,7%), ne hanno parlato solo occasionalmente, uno su quattro non lo ha fatto mai. E cosa ha provato, il nostro ragazzino, mandando giù quel sorso per la prima volta? Quasi tre su dieci (23,6%), hanno storto il naso; quelli che hanno apprezzato (25,4%), son di più. Eppure sia gli uni che gli altri hanno ripetuto l'esperienza: in modo occasionale il 53,6%, in modo abituale il 23,1%. Il 22,15% ha già al suo attivo una o più sbronze.


E perché mai decide di farsi uno o più cicchetti, il nostro ragazzino? La maggioranza (59%), lo trova divertente; circa metà (45%), lo fa perché si fa nel gruppo; quasi quattro su dieci lo fanno allo scopo di sballarsi. Binge drinking, bere per ubriacarsi, per stordirsi, per sfidare il rischio consapevolmente, dopo averlo misurato. Confessano, infatti, di conoscere bene i rischi dell'abuso, i ragazzini.


Eppure bevono. Non bevono per trasgressione, come nel resto dell'Europa. Bevono per socializzare. Bevono per facilitare le relazioni con il gruppo, con se stessi, col presente, col futuro. Bevono per neutralizzare la forza del pensiero. Bevono alle feste (63%), al pub (40%), in discoteca (28%), in pizzeria (24%), perché ritengono che non ci sia niente di meglio da fare. Galleggiano nel liquido dell'alcol per non annegare in quello della noia.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)