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Rimini: uno sguardo ai dati della Caritas

Rimini: uno sguardo ai dati della Caritas

Per scoprire la miseria non occorre guardare lontano. I poveri anche a Rimini sono sempre più numerosi e tra questi aumentano

sempre più il numero degli italiani che chiedono assistenza. Nella nostra provincia le situazioni di disagio sono sempre più

numerose e i dati della Caritas diocesana lo dimostrano: in 2.145 si sono rivolti alla Caritas di Rimini nei primi nove mesi

del 2010. Di questi 615 sono stati accolti per dormire e in 660 hanno potuto lavarsi grazie al servizio docce. Cresce il

numero degli italiani, sono 591 contro 535 dei primi nove mesi del 2009 (lo 0,3% in più). Quasi la metà non si era mai

rivolto alla Caritas.
"In realtà già dal 2008 abbiamo riscontrato un aumento di cittadini italiani ai nostri centri, a testimonianza delle nuove

povertà generate dalla crisi", sottolinea Isabella Mancino, responsabile dell'Osservatorio delle povertà della Caritas di

Rimini. Aumentano i giovani, sia italiani che stranieri, che chiedono aiuto, nella fascia di età dai 25 ai 34 anni, 525

persone nei primi nove mesi del 2010 (1% in più rispetto al 2009). Giovani che non hanno lavoro, ma anche pensionati che non

hanno da mangiare: sono infatti aumentate dell'1% le persone di età compresa tra i 65 e i 74 anni. Allarmante anche la

categoria dei separati e dei divorziati. In prevalenza uomini di oltre 40 anni che hanno perso il lavoro per la crisi e

lasciato la casa alla famiglia. Spesso non riescono a pagare gli alimenti e dormono in macchina o nelle Caritas d'Italia

perché, per motivi di orgoglio, girano varie località. Resta alto anche l'afflusso di famiglie che faticano ad arrivare a

fine mese e chiedono i pacchi alimentari o gli aiuti economici per le utenze domestiche, le spese mediche o scolastiche.
"Con la crisi economica le categorie già fragili - continua Mancino - hanno visto aggravarsi la propria situazione. Mi

riferisco a persone che hanno problemi di salute, ex tossicodipendenti, ex carcerati. In un periodo così difficile per tutti

per la ricerca del lavoro, per loro risulta quasi impossibile".
La povertà colpisce comunque e continuamente gli stranieri. Sono stati il 72% nei primi nove mesi del 2009 e non si tratta

solo di singoli, ma anche di famiglie con minori a carico che vedano nell'Italia una speranza per migliorare la propria

condizione, invece hanno trovato difficoltà e solitudine. Tra gli stranieri prevalgono romeni, marocchini e ucraini. "Ma le

povertà più difficili da scoprire, quelle oltre ai numeri e alle statistiche, sono nascoste dentro le case - sottolinea

Isabella - sono povertà non solo economiche ma anche e soprattutto di solitudine. Dietro la mancanza di soldi, dietro la

richiesta di un pasto caldo, spesso in realtà si cela una richiesta di aiuto a livello umano, di relazioni, di amicizia, di

vicinanza. Sono infatti in aumento le persone che si sono rivolte a noi pur avendo un'abitazione. L'invito è di farsi

prossimo a chi è vicino nella difficoltà".
Intervista a Carlo Fabbri responsabile della Capanna di Betlemme
Finire in mezzo alla strada
"Ogni sera accogliamo almeno 20 persone che non sanno dove dormire"
Quali sono i centri di accoglienza, tra pubblici e privati, presenti nella provincia di Rimini?
"A Rimini ci sono due centri d'accoglienza: la Capanna di Betlemme e la Caritas.
La Capanna è la struttura della Papa Giovanni XXIII che si occupa dei senza fissa dimora".
Quali servizi offre la Capanna di Betlemme?
"Gli operatori della Capanna tutte le sere, ormai da 23 anni, vanno in stazione e incontrano tutte le persone che non hanno

dove dormire. Tutte le sere ci sono 20 persone circa e purtroppo ogni volta per problemi di posti in parecchi restano fuori.

Noi proviamo a stare al fianco di chi ha bisogno e a migliorare la sua situazione. Alcuni di questi desiderano solo mangiare

e dormire, ma altri chiedono di potersi fermare con noi e intraprendere un cammino personale che li porti a riavere

l'indipendenza persa. Sono più di 100 i progetti a medio e lungo termine che ogni anno proviamo a sviluppare. Questi percorsi

a volte si svolgono al nostro interno, spesso dirottiamo questi amici in altre strutture della ‘Papa Giovanni' (case

famiglia, comunità terapeutiche, altre case di accoglienza), o ai servizi sociali del territorio. Lavoriamo a stretto

contatto con comune e Ausl di Rimini, con i quali seguiamo tutte le problematiche delle persone residenti che vivono una

situazione di difficoltà".
Chi si rivolge principalmente al centro? E' cambiata la richiesta di aiuto in questi anni?
"La strada è un sottomondo dove vivono, anzi sopravvivono, italiani, stranieri regolari e non, immigrati in cerca di lavoro,

persone con problemi di dipendenza da alcol e droghe, ragazze vittime della tratta di schiave per la prostituzione, portatori

di handicap, anziani soli per i quali la pensione risulta insufficiente ad avere una vita ‘nomale'. Per tutti c'è il problema

delle malattie; vivendo in strada, anche le più banali rischiano di cronicizzarsi e degenerare in patologie più gravi. Molti

hanno problemi psichiatrici. I nostri operatori di sera e di notte vanno ad incontrare i poveri nei luoghi dove vivono:

parchi, ponti, case abbandonate, alberghi chiusi. E là dove le forze dell'ordine e i cittadini ci segnalano la presenza di

qualcuno in difficoltà".
E‘ vero che negli ultimi anni è aumentato il numero di italiani che chiedono assistenza? E tra questi ci sono diversi casi di

separati?
"Effettivamente abbiamo notato negli ultimi tempi l'aumento di italiani che sono in strada dopo avere perso il lavoro, mentre

prima questo fenomeno era limitato e riguardava di più gli stranieri. Come Giuseppe, 48 anni, separato dalla moglie con due

figli che studiano. Già prima a fatica riusciva a pagare il mantenimento, poi l'azienda per cui lavorava ha chiuso e a 50

anni fatica a trovare un posto fisso di lavoro. È costretto a muoversi dal suo paesino e non avendo soldi per sopravvivere si

trova costretto a chiedere a diversi centri dì accoglienza. Gli insuccessi continui gli creano sconforto fino alla

depressione. La sua risposta è stata l'alcol. Tra notti fuori, sbronze continue, pensa al suicidio, ma lui stesso dice di non

avere mai avuto il coraggio di farlo. Quando l'abbiamo incontrato era quasi incapace di parlare, sembrava un settantenne. Lo

abbiamo invitato a stare con noi e in 6 mesi è rifiorito. Non è servito chissà quale intervento, è bastato farlo vivere in un

luogo positivo, con persone che lo ascoltavano. Poi ha iniziato lui stesso ad aiutare gli altri ospiti che arrivavano da noi,

finché ha trovato un lavoro e dopo altri sei mesi ha ripreso la sua vita condividendo un bilocale con un'altra persona

conosciuta da noi. Oggi vive a Rimini, ha riallacciato con i figli e nel tempo libero fa volontariato".
Il 7 ottobre scorso ha inaugurato l'Help Center alla stazione ferroviaria di Rimini. Il locale è lungo il primo binario, dove

le persone disagiate ed emarginate socialmente possono rivolgersi per avere assistenza. Aperto nelle ore diurne, offre la

possibilità di avere informazioni e un primo contatto cui può seguire un intervento socio-assistenziale e socio-educativo.

Finalità del servizio è dare accoglienza e un aiuto tangibile alle persone in difficoltà, ridurre il numero delle persone che

abitualmente dormono in stazione, offrire la possibilità di avere un pasto, abiti, medicinali e, parallelamente, aumentare la

percezione di sicurezza degli utenti del trasporto ferroviario.
Un'iniziativa importante anche perché, per la prima volta, vede uniti in un comune progetto tre diverse istituzioni sociali:

Caritas, Cooperativa Sociale Cento Fiori e Cooperativa Sociale Comunità Papa Giovanni XXIII. "Lo sportello è utile perché da

dignità alla persona che trova qui accoglienza e calore umano - spiega l'assessore alla Protezione Sociale, Igiene e Sanità,

Politiche per la famiglia del Comune di Rimini, Paola Taddei - abbiamo ritenuto la stazione un luogo adatto per questo

servizio perché proprio lì molte persone in difficoltà cercano rifugio. Nostro intento, e sfida, è di migliorare la loro

condizione sociale".
"La novità più importante di questo progetto - aggiunge Monica Ciavatta, Presidente della Cooperativa Sociale Cento Fiori - è

vedere unite nella collaborazione tre istituzioni con storie e radici diverse, tre realtà che operano nel sociale e che

portano avanti assieme un progetto integrato rivolto a persone senza fissa dimora. Uniamo assieme per la prima volta risorse

e competenze di Cento Fiori, Associazione Papa Giovanni XXIII e Caritas. Una novità assoluta".