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News di Alcologia

Roma: alcol, la nuova peste

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Roma, Campo de' Fiori. Sotto lo sguardo torvo di Giordano Bruno, si muove uno sciame disordinato di giovani in cerca del prossimo bicchiere. Un locale affollato offre il suo personalizzato low cost: quattro Euro per il pacchetto birra media più shot di Vodka. "Solo per universitari", si specifica sulla colorata lavagnetta che penzola dietro il barman. Un monito che spesso si risolve in formalità visto che lui,il barman, non sembra avere grossa dimestichezza con tesserini o libretti accademici. Torino, Murazzi. Stanca e incerta, la lunga fila indiana che costeggia il Po fa la spola tra una balera e l'altra per cogliere l'offerta migliore. La scelta è spesso ardua: due sangrie a quattro Euro o due birre a cinque? O magari cocktail a tre euro nel locale universitario frequentato per lo più da liceali? Al portafogli la spinosa sentenza.
Padova, Piazza delle Erbe. Qui i dubbi sono pochi. Lo Spritz ormai è più che una moda, è un tratto distintivo della città, un obbligo per chi vuole viverla fino in fondo. E sta diffondendosi in altri lidi, forte anche di un sostegno pubblicitario non comune.
Da Padova, poi, si potrebbe correre a Milano (Navigli), Bologna (Via Zamboni e dintorni), Napoli (Posillipo). Cambierebbe poco. Le città italiane sono ormai stelle gemelle di una nuova galassia. Una galassia i cui visitatori, eterogenei per classe sociale, sesso, livello d'istruzione, hanno spesso in comune solamente l'età.
Si tratta di giovani, non di rado giovanissimi, che abbandonano le tradizionali mete del divertimento (il pub, la discoteca) per una movida di piazza, meno claustrofobica e più on the road.
La mandria, anarchica e rumorosa, pascola fino a tarda notte approfittando del clima favorevole e dei fiumi di alcool a prezzi allettanti. I locali fanno a gara nel proporre le offerte più competitive; dunque, fuor di metafora, le sbronze più economiche.
Baby alcolisti In questo quadro, l'elemento di coesione, il comune denominatore è proprio l'alcool. Non è un caso che, in concomitanza con l'esplosione del consumo "deambulante", l'accesso alle bevande alcoliche sia diventato più diffuso e precoce. Ragioni di convenienza economica, certo. Ma non solo: l'alcool, diversamente dal fumo e dalle droghe leggere, che pure creano forme di dipendenza e danni fisici non dissimili, è socialmente accettato e sempre più sdoganato. Lo dimostra soprattutto la pubblicità, avvezza ad associargli valori di libertà, allegria e spensieratezza, e a scolpirne così un'immagine affatto negativa. Senza disdegnare target anagrafici di riferimento sempre più bassi.
Insomma, l'alcool è diventato familiare tra i giovanissimi del Bel Paese. Un dato su tutti ne offre l'impressionante conferma. L'Italia, che pure si colloca agli ultimi posti nella classifica europea dei consumi tra gli adulti, detiene invece il primato rispetto all'età del primo bicchiere: addirittura 11-12 anni, rispetto ai 14 e mezzo della media continentale. Naturalmente, le bevute si concentrano soprattutto nel week-end e si caratterizzano in maniera crescente come binge drinking, cioè bere al solo scopo di ubriacarsi. Non solo. Secondo una statistica del 2008 (indagine dell'Istituto Superiore di Sanità), il 74% dei giovani beve il sabato sera; addirittura, se si considerano i minori di 15 anni, la percentuale è del 67%. Lo stesso studio evidenzia poi come il 16% dei ricoveri tra gli italiani al di sotto dei 14 anni sia dovuto a intossicazioni alcoliche.
I numeri dovrebbero allarmare. E lo fanno. Purtroppo, sul piano della comunicazione istituzionale e dei provvedimenti politici, si tende a mettere l'accento esclusivamente sull'aspetto della sicurezza stradale. Dunque, il messaggio, sacrosanto, è che bisogna evitare l'alcool prima di mettersi in macchina.
Tuttavia, si fa poco per informare i cittadini sulle conseguenze psico-fisiche dell'abuso di alcolici, specie in tenera età. Si dimentica, forse, che l'alcool è causa di una sessantina di malattie e condizioni patologiche e che, in Europa, vivono ventitré milioni di alcoldipendenti.
Insomma, in tal senso, qualche campagna di sensibilizzazione in più non farebbe male. Senza esagerare. Senza cadere negli eccessi opposti, che, almeno in Italia, facilmente si risolvono in barricate a difesa di un valore ormai davvero in disuso: la moralità.