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Roma: dai superalcolici alla marijuana, così lo sballo comincia a 12 anni

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Dai superalcolici alla marijuana così lo "sballo" comincia a 12 anni

Lo sballo del sabato sera non è purtroppo una leggenda metropolitana. Comincia sempre più presto, già a 12 anni, innescando una spirale

perversa che finisce per associare superacolici a canne e pasticche.
A dimostrarlo, dati alla mano, è la fotografia scattata dal Ceis, il Centro italiano di solidarietà "don Mario Picchi", su un campione di

3.421 studenti romani.
Ebbene, dai questionari elaborati per conto dell'Agenzia comunale per le tossicodipendenze, emerge che quasi quattro adolescenti su cinque (l'85 per cento) beve abitualmente una birretta o un cocktail a base di gin e wodka; circa la metà (il 45 per cento) lo fa una volta a

settimana, in genere nel weekend; il 75 per cento ammette di far uso più o meno regolare di hashish, marijuana ed ecstasy. "Il sintomo",

secondo la vicepresidente del Ceis, Patrizia Saraceno, "di un profondo disagio giovanile. Si usano sostanze stupefacenti e si beve,

soprattutto in compagnia, per sfuggire ad una realtà sociale complessa. I modelli educativi, come famiglia e scuola, si sono purtroppo

indeboliti e il futuro viene visto con incertezza. Tutto questo spinge i nostri ragazzi a cercare alternative che, alla fine, li danneggiano

ancora di più".
A raccontarlo sono gli stessi dati: il rischio legato all'alcoldipendenza parte in età sempre più precoce, il primo approccio si rileva

addirittura a 12 anni, trasformando poi gli adolescenti in "poliassuntori". Vuol dire che all'alcool si aggiungono via via altre dipendenze,

in primis quella da droghe leggere o sintetiche, reperibili soprattutto in luoghi di aggregazione come pub e discoteche. Un vizio che spesso

si prende proprio a scuola: è frequentando le superiori, infatti, che si corre il pericolo maggiore di entrare in contatto con chi fa uso di

stupefacenti.
Non assumerli può costare l'esclusione dal gruppo. Non a caso i momenti più pericolosi sono considerate le gite scolastiche, oltre a rave

party e concerti, dove diventa quasi inevitabile sottrarsi al "rito" del debutto in società, anche se il 27 per cento afferma di procurarsela

già in classe.
Da qui nasce il progetto "Prevenzione giovani e Peer education", che verrà presentato oggi nel corso della giornata di studi "Pari e Impàri".

Quindici gli istituti coinvolti, dislocati in quattro municipi per lo più periferici (V, VII, VIII e X): dall'Ipssar Vespucci ai licei

artistici Artusi, de Chirico e Argan, dall'Iiss Jean Piaget agli Itc Salvemini e Da Verrazzano.
La finalità è quella di sviluppare - grazie a circa 600 educatori alla pari, ovvero allievi delle scuole medie e superiori - azioni di

informazione e di prevenzione sull'uso di droghe, alcol, tabagismo, malattie sessualmente trasmissibili e dipendenze tecnologiche nella

fascia di età che va dai 12 ai 24 anni. Una sorta di minidocenti che, a loro volta, erano stati già "formati" sugli stessi temi: adolescenti

che magari in passato avevano manifestato un disagio sociale e scarso apprendimento, rifugiandosi poi in un bicchiere o in una "canna" di

troppo.
"Non è stato facile, ma se siamo riusciti a far aprire i nostri ragazzi, lo dobbiamo alla forza del linguaggio utilizzato", spiega Roberto

Mineo, presidente del Centro italiano di Solidarietà "don Mario Picchi". "I nostri "educatori alla pari" hanno saputo creare una sorta di

effetto moltiplicatore. Hanno cioè parlato ai loro coetanei, dato informazioni e ottenuto il risultato di fargli capire i rischi legati al

consumo di droghe o di alcol. Hanno insomma formato altri ragazzi che, a loro volta, saranno pronti a fare altrettanto". Una sorta di "catena

di Sant'Antonio" che ha consentito di elaborare una mappa del rischio reale. A Roma sempre più allarmante

 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)