Romagna: dati sul gioco d'azzardo
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ROMAGNA - Quando si parla di "dipendenze" si pensa all'abuso di sostanze stupefacenti o alcol da parte di precise categorie
sociali: emarginati, giovani, persone sole. Si sta diffondendo una nuova forma di dipendenza che, al contrario, non riguarda
droghe o alcolici e coinvolge persone di ogni età ed estrazione sociale, il gioco d'azzardo. Si tratta di una patologia che
in Emilia-Romagna interessa circa 61.567 persone che giocano in modo compulsivo (su circa 3,7 milioni di giocatori). Sono i
dati rilevati dall'inchiesta di "Bandiera Gialla" sulla dipendenza da gioco d'azzardo da cui emerge che si tratta di una
malattia in costante crescita anche a fronte del progressivo aumento delle proposte di gioco e dalla moltiplicazione delle
campagne pubblicitarie.
"Il messaggio che si vuole comunicare - spiega Matteo Iori, presidente del Coordinamento nazionale gruppi per giocatori
d'azzardo (Conagga) - è uno solo, forte e allettante: vincere è facile e grosse somme sono alla portata di tutti". Gioca il
47% degli indigenti, il 56% degli appartenenti al ceto medio-basso, il 66% dei disoccupati. Tra coloro che giocano più di 150
euro alla settimana il 36% ha un lavoro precario, l'8% sono casalinghe, il 28% sono pensionati. "Nei periodi di recessione
economica si assiste a un aumento del gioco d'azzardo - spiega Iori - gli slogan sottolineano che con pochi euro si può dare
una svolta alla propria vita, senza contare che l'assenza del lavoro, la precarietà e il tempo libero consentono di passare
molte ore davanti a una slot machine al bar".
Oltre il 59% dei giocatori sono uomini ed è in crescita la dipendenza tra i giovanissimi che dicono di giocare per passare il
tempo, il 33% dei ragazzini gioca online (dove non sono richieste certificazioni dell'età). "Il gioco è legato all'universo
maschile - spiega Iori - ma stanno nascendo nuove forme come le lotterie al consumo nei supermercati pensate per il pubblico
femminile". Senza dimenticare il decreto Abruzzo dell'aprile 2009 che ha moltiplicato le tipologie di gioco su Internet, dal
poker alla roulette.
Chi è responsabile per la diffusione del gioco d'azzardo? "Una parte di responsabilità è dello Stato - dice Iori - che negli
ultimi 15 anni ha liberalizzato il gioco e ha scelto di investire in video lottery, lotterie al consumo e vendita di slot
machine". L'amministrazione autonoma Monopoli di Stato (Aams) ha distribuito nelle scuole il software "Giovani e gioco" con
stimoli visivi e di contenuto tali da invogliare i ragazzi. "Non li si dissuade - continua Iori - ma li si ammonisce,
avvertendoli di far riferimento solo ai siti dell'Aams". La stessa Aams descrive chi cade nel gioco patologico come un malato
o un irresponsabile: secondo il presidente del Conagga, "si tratta di una strategia per negare le responsabilità dell'Aams,
dei gestori e di coloro che promuovono il gioco d'azzardo puntando solo sulla distinzione tra spazi legali e illegali".
Il gioco patologico però non è riconosciuto dallo Stato italiano come dipendenza.
E questo nonostante sia previsto come tale dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) fin dagli anni Ottanta. "In Italia
non è incluso nei livelli essenziali di assistenza - afferma Iori - e non vi è garanzia di poter accedere a strutture
pubbliche". Nel nostro Paese i percorsi di recupero sono sostenuti quasi esclusivamente dal privato sociale, come quelli
organizzati dall'associazione giocatori anonimi (Ga), dal Centro Papa Giovanni XXIII e dalla Cooperativa sociale Lag Vignola.
Quest'ultima ha promosso il progetto "Rien ne va plus" per aiutare i giocatori e le loro famiglie a riconquistare un
equilibrio. Si tratta di un servizio gratuito che propone gruppi di auto-aiuto coordinati da un supervisore esperto: i
percorsi durano dai 18 ai 24 mesi e puntano sulla continuità e la sincerità dei partecipanti che sono invitati a nominare un
referente per il denaro (coniuge o famigliare) che li aiuti nel recupero. Anche l'Associazione giocatori anonimi utilizza
l'auto-aiuto attraverso il metodo dei 12 passi basato su empatia e identificazione dell'altro. Ga è formata da giocatori e
quindi è più facile per chi vuole recuperarsi dal gioco compulsivo aprirsi. "La parola ex-giocatori non esiste - spiega
Andrea, membro del gruppo bolognese di Ga - il gioco è una malattia da cui non si guarisce ma che può essere fermata grazie
alla forza del gruppo".