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Rossi (Confesercenti): «Il proibizionismo non serve»

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Secondo Rossi (Confesercenti) incita a trasgredire. Programmati incontri tra baristi, medici e genitori
(F.Capp.) Evitare il rischio che l'opinione pubblica individui nel pubblico esercente il responsabile dell'aumento del bere giovanile, quindi coinvolgere esercenti e clienti adolescenti in un progetto educativo del tutto privo di connotazioni repressive. Come? Attraverso un questionario conoscitivo, un'indagine sul campo che coinvolga un campione rappresentativo dei locali nel Comune di Padova, una serie di incontri con 10-15 baristi alla volta, la restituzione dei risultati e delle proposte operative. Sono gli step della proposta di collaborazione avanzata da Tossicologia clinica delle Farmacodipendenze, Comune di Padova, associazioni Blade Runner e Genitori attenti, a Confesercenti e Appe. «Diverse amministrazioni locali hanno adottato in questi mesi, o meditano di farlo, provvedimenti di proibizionismo al consumo di prodotti alcolici per i minori e non, iniziative che potrebbero essere anche comprensibili e condivisibili - dichiara Nicola Rossi, presidente della Confesercenti - se non ci fosse la totale certezza che non servono a risolvere il problema, ma solo a scatenare la caccia ai cattivi baristi e ai ragazzi col bicchiere».
«Il proibizionismo incita a trasgredire mentre un atteggiamento saggio è l'impegno condiviso tra famiglie, scuole, addetti alla vendita e alla somministrazione delle bevande alcoliche in sintonia con il Governo. Proibendo senza una campagna di consumo consapevole - conclude Rossi - al massimo contribuiremmo ad alimentare un ricco mercato nero di vendita e consumo, ma soprattutto stimoleremmo la migrazione dei ragazzi verso luoghi diversi e più tolleranti. Il nostro cortile sarà salvo, i nostri figli no».