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San Raffaele, progetto "Alcibiade": l'ippoterapia per curare il disagio psichico e l'alcolismo

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Segrate - È la passione per i cavalli l'antidoto alla sofferenza, un modo per ritrovare la voglia di vivere in armonia con il

mondo. Prendersi cura di questi animali fa scattare nelle persone affette da schizofrenia la forza di reagire, fornisce un'

opportunità per superare la dipendenza da alcol e offre un po' di gioia ai minori con sindrome di Down. A scoprire gli

effetti sorprendenti della riabilitazione equestre è stato lo staff di neuroscienze cliniche del San Raffaele, che da aprile

sta sperimentando una nuova terapia su tre gruppi pilota. Non si tratta della classica ippoterapia, che aiuta a riacquistare

l'autonomia motoria, ma di un percorso multidisciplinare che aiuta i pazienti ad essere più responsabili, a reagire all'

apatia e alla dipendenza prendendosi cura di un cavallo.
Si chiama «Alcibiade» il progetto di riabilitazione avviato al maneggio che si trova all'interno dell'ospedale San Raffaele,

dove uno staff di medici, psicologi e tecnici della riabilitazione equestre stanno lavorando con i primi tre gruppi pilota.

Una ventina di pazienti in tutto: adulti affetti da schizofrenia o alcolismo, ma anche bambini con la sindrome di down. «I

risultati sono sorprendenti - spiega Enrico Smeraldi, direttore del dipartimento di Neuroscienze cliniche dell'Irccs San

Raffaele - crediamo moltissimo in questa nuova terapia, bastano pochi incontri con i cavalli per far reagire le persone in

modo positivo». Ogni gruppo sta lavorando su aspetti diversi, ma per tutti l'obiettivo finale è recuperare equilibrio,

autonomia e indipendenza.
Il progetto Alcibiade è iniziato in via sperimentale da otto mesi, ma il prossimo obiettivo sarà allargare il numero dei

pazienti e affrontare altre patologie infantili. «Abbiamo notato un cambiamento velocissimo nei pazienti con disturbi

processuali - racconta la psicologa Cecilia Smeraldi, responsabile del progetto - le persone schizofreniche, ad esempio,

ritrovano la motivazione e la voglia di socializzare». «Il rapporto affettivo che si instaura con i cavalli è fondamentale -

continua la psicologa - è il primo passaggio della deospedalizzazione dei pazienti, vivere in un ambiente al di fuori del

contesto clinico li aiuta a sentirsi più liberi».
I risultati si vedono: «Sono arrivati alcolisti - ricorda il professor Enrico Smeraldi - che non lavoravano e dopo poche

sedute hanno riacquistato lo spirito di iniziativa: scoprono una motivazione per andare avanti. La riabilitazione equestre

serve a combattere la dipendenza, i pazienti si sentono talmente responsabilizzati da non avere bisogno di rifugiarsi nella

dipendenza, sia affettiva che da alcol».
Il cambiamento in positivo si nota anche sui bambini affetti da sindrome di Down: «Nella vita di tutti giorni vengono

costantemente seguiti da qualche adulto, al maneggio riescono invece ad instaurare un rapporto speciale con gli animali, si

prendono cura di loro e si sentono responsabili per qualcuno. Il cavallo è un animale formidabile che dona tantissimo, ma

senza fare scattare quella paura del giudizio che c'è tra le persone adulte. I nostri pazienti si sentono liberi,

riacquistano la voglia di vivere. Il primo traguardo raggiunto dai più piccoli è la felicità - conclude Smeraldi - insieme

all'autonomia e a un ritrovato senso di liberazione».
di Patrizia Tossi