Sci: sì al casco, no all'alcol
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I maggiori rischi sugli sci? Non vengono tanto dalla presenza spericolata degli snowboarder, incubo degli sciatori "tradizionali", ma dalle soste di ristoro all'ora di pranzo, a base di cibi stuzzicanti e calorici, annaffiati spesso da bevande ad alta gradazione alcolica. Del resto, l'aria frizzante e il lavoro muscolare intenso offrono validi motivi per cedere alla tentazioni della gola. Ma se ci si lascia andare a una grolla valdostana o al grappino scaccia-freddo, i riflessi si appannano e l'equilibrio può cedere, aprendo la strada a cadute e imprevisti. Del resto, le ore più pericolose sulle piste sono proprio quelle del pomeriggio, quando si registra il maggior numero di incidenti.
Secondo Marco Giustini, ricercatore del Reparto ambiente e traumi dell'Istituto superiore di sanità (Iss), gli incidenti sulla neve segnalati ogni anno in Italia sono circa 35mila, un numero "sostanzialmente stabile nelle ultime stagioni sciistiche", nonostante la sempre maggiore diffusione degli sci "sciancrati" (i carving), più facili da adoperare, e l'obbligo di casco per gli under 14. Il dato deriva "dalle richieste di soccorso sulle piste da sci", spiega l'esperto, precisando che però "nella maggior parte dei casi l'incidente si risolve senza alcun danno" per gli sciatori coinvolti. Su un totale di 35mila casi, precisa Giustini, "in 25mila si procede a un controllo ambulatoriale, spesso solo per scrupolo, mentre sono poco più di mille gli incidenti
che finiscono con un ricovero in ospedale". E per quanto riguarda gli incidenti mortali, per fortuna solo più rari, "circa 40 ogni anno".
L'esperto spiega che il numero di incidenti è proporzionale alla quantità di sciatori presenti; più i campi di discesa sono affollati, maggiore è il rischio di incorrere in contrattempi spiacevoli. L'ora di punta sulla neve, e quella di maggiore pericolo, "va dalle 11 di mattina alle 14 o alle 15", con un momento particolarmente critico dopo il pasto: in questa situazione al traffico e al rallentamento di riflessi legato alla digestione si assommano altre insidie. "L'azione dell'alcol rende più spericolati e compromette riflessi ed equilibrio - spiega Giustini. - C'è poi la sensazione di stanchezza che sopraggiunge dopo una mattinata sugli sci, a cui si aggiungono la visibilità più scarsa e le condizioni della pista, peggiori rispetto al mattino", quando la distesa innevata è più compatta e meno battuta.
GLI INCIDENTI PIU' FREQUENTI
Ma quali sono gli incidenti più frequenti sulle piste italiane? Spiega l'esperto dell'Iss che, nel 90% dei casi si tratta di cadute 'singole", in cui lo sciatore casca da solo, senza scontrarsi con nessuno. Quanto alla tipologia di infortunio, Giustini distingue fra sciatori tradizionali e amanti dello snowboard. Per i primi "la lesione tipica è la distorsione del ginocchio con lesione
dei legamenti, statisticamente più frequente tra le donne a causa di una struttura muscolare meno forte di quella maschile". Fra gli sciatori classici, che si aiutano con le racchette infilate nella mano, non mancano poi le fratture di mano-polso e del pollice. Gli snowboardisti, invece, "tendono a cadere in avanti, e riparandosi istintivamente con mani e braccia, incorrono tipicamente in fratture degli arti superiori". Più rare, ma possibili con entrambi gli attrezzi (sci e snowboard), sono invece le fratture nella zona bacino-femore.
CHI SONO I PIU' PERICOLOSI
Giustini sottolinea poi che è sbagliato demonizzare gli snowboardisti: "E' vero che, rispetto agli sciatori classici, seguono un raggio di curvatura diverso, hanno un'altra visuale e spesso una reazione diversa al pericolo". Ma, contrariamente a quanto si pensa di solito, gli snowboardisti si scontrano molto più fra di loro che con gli sciatori tradizionali. Meglio guardarsi, invece, dagli sciatori provenienti dai Paesi dell'Est europeo: "Fanno largo uso di alcolici - ricorda il ricercatore - e hanno un atteggiamento nei confronti delle regole molto diverso, per esempio, da quello dei tedeschi" che pure non si tirano indietro davanti a un boccale di birra. Il risultato è che "gli sciatori dell'Europa dell'Est sono più a rischio di scontri gravi, ossia di incidenti in cui entrambe le persone coinvolte si fanno male". Insomma, il profilo di chi rischia di più di farsi male sugli sci è: "maschi, giovani, provenienti dall'Est Europa".
PREVENIRE E' MEGLIO
Positiva invece è la valutazione sui benefici prodotti dall'introduzione del casco obbligatorio fra i minori di 14 anni, anche se per valutarne l'impatto "servirebbero studi ad hoc sulla quota di incidenti che provocano traumi cranici: un 12-13% del totale". E' comunque da sottolineare che le resistenze all'uso del casco sono in gran parte superate. "Si diceva che limitasse la visione laterale, ma con i caschi moderni il problema è superato", afferma. Ed è stato smentito anche il timore che, aumentando la sensazione di sicurezza, il casco potesse diventare una scusa per correre di più. Anzi, agli sciatori italiani l'elmetto piace, tanto che si va diffondendo anche tra chi ha più di 14 anni e per ciò è libero da obblighi ed è utilizzato dal 20-25% di loro.
Le regole d'oro per non rischiare sono comunque quelle dettate dal buon senso: moderare la velocità, esattamente come sulle strade; curare l'attrezzatura, che va scelta in base alle proprie capacità e necessita di manutenzione; infine, per chi scia solo ogni tanto, è importante ricordare che "passare dalla scrivania alla pista da sci senza alcuna preparazione fisica è una cattiva idea", conclude.