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Se un bicchiere ti rovina la vita...

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Se un bicchiere ti rovina la vita. Viaggio tra gli alcolisti anonimi
Le storie di chi lotta ogni giorno contro l'ossessione della sbronza
Forlì - Si alza una mano. «Sono Mauro e sono un alcolista». «Ciao Mauro», dicono sotto voce gli altri, una quindicina di persone sedute

attorno al tavolo. Siamo nella saletta degli Alcolisti Anonimi, nei locali dell'ex seminario di via Lunga. Sono le 21, vista la presenza del

cronista la riunione è ‘aperta'. Davanti abbiamo acqua minerale, caffè e caramelle, libri e dispense sull'argomento. Si comincia con la

lettura del primo dei 12 passi, il nucleo del programma di recupero individuale: ‘Noi abbiamo ammesso di essere impotenti di fronte all'alcol

e che le nostre vite erano divenute incontrollabili'. E' l'occasione per ricordare a ciascuno il proprio ingresso nel gruppo.
Mauro è il tesoriere: «Fui accompagnato da mia moglie, che mi obbligò. Ovviamente avevo bevuto per trovare il coraggio di entrare. Fui

accolto bene, mi sentii subito a casa. Ma la prima volta non ci capii niente, anche se smisi di bere fin da quella sera, ci impiegai tre mesi

per rendermi conto che ero un bambino di 47 anni, non ero maturo. Ho compreso solo qui dentro come si può far servizio per gli altri. Il

programma toglie l'ossessione dell'alcol e soprattutto è un cammino spirituale. Passo».
Il testimone va a un uomo al suo fianco. «Sono Enrico e sono un alcolista». Gli altri: «Ciao Enrico». «Giravo senza meta col mio sacco a pelo

e due cani. Sono stato ricoverato tre volte in clinica, per un mese, non sapevo dove andare. Un giorno chiesi a un medico come fare a

smettere, lui mi indirizzò agli alcolisti anonimi. Entrai, da allora non ho più toccato un bicchiere, sono riuscito a condurre una vita

normale, ho una ragazza e un lavoro. Passo».
Tutti ascoltano con attenzione, qualcuno annuisce. La storia dell'altro diventa la propria storia. Michele racconta di aver toccato il fondo

a 60 anni. «Ho sempre bevuto, lo sopportavo, facevo baracca con gli amici. Insomma, non mi rendevo conto del problema. Venni fra gli

alcolisti anonimi per mia volontà, a metà della prima seduta scoppiai a piangere, è stata dura ammettere la sconfitta e risalire la china».
La ricaduta può essere dietro l'angolo, tutti ne sono consapevoli. E' capitato a Michele, come a Miriam: «Dopo tre anni senza sentire alcol,

ho ripreso. Quello che mi frega è l'emotività. Una sera mi ha fermato la pattuglia, ho fatto il test e mi hanno tolto la patente per tre

anni. Ho perso il posto. Non riesco ad accettarlo, cerco di dare un senso alle mie giornate, ma mi sento inutile». Per Luigi sono stati

fatali due Prosecchi: «Dopo un ricovero all'ospedale ci sono ricascato. E' vero, è il primo bicchiere che ti frega».
C'è chi confessa di sentirsi talvolta a disagio: è il caso di Massimo. «Sono arrivato qui per la prima volta giusto un anno fa. Tre giorni

prima ero stato messo fuori di casa. Ho interrotto subito di bere, il programma mi ha migliorato, ero troppo irascibile e facile all'ira, ora

sono più tranquillo. La sbronza ‘secca' ogni tanto l'avverto ancora, ma sono molto contento».
Bere per sciogliere la lingua, facilitare le relazioni sociali. E' successo a Gino: «Cominciai con l'alcol a 27 anni, facevo il

rappresentante, una sera in un locale alzai il gomito e mi resi conto che tutto filava liscio sia coi clienti che a imbroccare le ragazze.

Persi il controllo. Un giorno mi chiamò la Stradale: avevo sfregiato una macchina e nemmeno me n'ero accorto. Ero alla frutta. E' un anno che

vengo qui, vedervi mi fa stare bene, credo di avere imboccato la strada giusta».
A un certo punto la vita va in mille pezzi. Guido: «Sette anni fa ne avevo 34, feci tre incidenti in una settimana, finii disoccupato, mia

moglie non ne volle più sapere, rischiavo di non vedere più mia figlia. Oggi la mia timidezza è diventata la mia forza. Sono riuscito a

costruirmi una vita nuova, è stato un miracolo». L'alcol come fuga. Luciano: «Sono venuto dagli alcolisti accompagnato da un amico che non

finirò mai di ringraziare. Tutti parlavano con grande rispetto ed educazione, mentre io ero abituato a fare a botte per strada. Oggi non mi

nascondo più».
Si legge un altro brano del dodicesimo passo, quello del risveglio spirituale. Altre testimonianze. Sono le 23. Passa la busta, ciascuno vi

mette la propria offerta. Si recita una breve preghiera finale, tenendosi per mano. Poi via alla spicciolata. Alla prossima riunione.
di Fabio Gavelli


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)