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Separazione e incontro: uno sguardo sull'insorgenza delle dipendenze in adolescenza

Separazione e incontro: uno sguardo sull'insorgenza delle dipendenze in adolescenza

 

Separazione e incontro: uno sguardo sull’insorgenza delle dipendenze in adolescenza


Dott.ssa Valentina Carretta

Psicologa clinica - Psicologa clinica dello sport - Mediatrice sportiva

Le dipendenze dalla droga, dall’alcool, dal cibo, dai social network, dal gioco d’azzardo, … sono spesso additate come uno dei mali della società contemporanea.
Se ci soffermiamo ad osservare con maggiore attenzione questi fenomeni, ma soprattutto osserviamo l’approccio della persona dipendente al suo oggetto-dipendenza, possiamo notare un paradosso importante: ciò che dalla società (punto di osservazione esterno) è visto come un problema, dal soggetto (punto di osservazione interno) è visto come una soluzione perché la droga, l’alcool, il cibo, i social network, il gioco d’azzardo, … si configurano invece come la risposta a un problema. È certamente paradossale, in apparenza, ma questo rapporto con l’oggetto-dipendenza rappresenta una soluzione che il soggetto ha trovato, non un problema. È una soluzione fallimentare, una soluzione patologica, ma, innanzitutto, una soluzione, una stampella che il soggetto utilizza, quindi dotata di un senso e, per questo motivo, è una scelta che si può interrogare. Non bisogna dimenticare che attraverso il sintomo il soggetto lancia un messaggio ed esprime ciò che a parole non riesce a trasmettere.

La mia proposta, mediante questo breve articolo, è di riflettere un momento sull’insorgenza delle dipendenze in età adolescenziale esaminando questo tema – certamente molto più vasto ed articolato – per mezzo di due parole chiave: separazione e incontro.


  1. Nell’articolo ““Forza figliolo andiamo” Due note sulla funzione paterna” ci siamo soffermati sulla funzione del padre come colui che permette la separazione fra la madre e il bambino.
    Se in questi movimenti di separazione qualcosa fa cortocircuito è possibile che il soggetto ricerchi oggetti alternativi per fare fronte a questa sua esigenza di crescita. Questi sono i cosiddetti “oggetti-dipendenza” (droga, alcool, cibo, social network, gioco d’azzardo, …) che però forniscono solamente l’illusione di funzionare come sani e costruttivi oggetti transizionali (Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese, coniò l’espressione “oggetto transizionale” per designare quell’oggetto che permette al bambino di attuare una prima separazione dalla madre, tollerando l’angoscia derivante da questa e sperimentando una relazione d’affetto verso altro da sé. Sono tutti quegli oggetti verso i quali i bambini manifestano un profondo attaccamento e che spesso diventano di importanza vitale, prima di andare a dormire, ad esempio un orsacchiotto o la ben nota coperta di Linus. Il paradosso è che questo oggetto non appartiene né al mondo interno né alla realtà esterna, si colloca in uno spazio intermedio, transazionale, ed è un oggetto nello stesso tempo creato e trovato dal bambino). Questi “oggetti-dipendenza” costituiscono, a lungo andare, delle strategie destinate al fallimento dal momento che forniscono solamente un sollievo temporaneo ad un problema ben più radicato.

  2. Nell’articolo “L’enigmatico incontro con l’altro ai tempi dell’adolescenza” ci siamo invece soffermati sulla difficoltà dell’incontro con l’altro, in particolare quello sessuale.
    Se questo primo incontro viene vissuto come un fallimento – in concomitanza con altri fattori di rischio già presenti – è possibile che possa diventare quella “goccia che fa traboccare il vaso” dando luogo ad un primo esordio sintomatologico. Nell’anoressia, più sul versante femminile, possiamo notare il tentativo del soggetto di cancellare dal proprio corpo i caratteri che segnano la sessuazione (l’amenorrea, ovvero la scomparsa del ciclo mestruale, è uno dei criteri diagnostici presenti nel DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). Nella tossicomania, più sul versante maschile, possiamo invece incontrare il tentativo del soggetto di avere un partner sicuro e affidabile che non possa deludere, ovvero la sostanza.

In entrambi i casi, mediante diverse strategie, il soggetto cerca di mettersi al riparo da questo incontro impossibile con l’altro, con il simile.
Notiamo la rinuncia rispetto ad una separazione dagli oggetti rassicuranti infantili, a favore di oggetti che garantiscono un godimento sempre identico e disponibile, piuttosto che il rischio dell’amore.
Possiamo quindi accorgerci come questi “oggetti-dipendenza” abbiano una funzione ben specifica rispetto a questa cortocircuitata separazione o a questo difficile incontro con l’altro.

Gli “oggetti-dipendenza” offrono una garanzia, una sicurezza, mentre la donna, l’uomo, l’amico, possono lasciarci, abbandonarci, tradirci, deluderci, la droga, l’alcool, il cibo, i social network, il gioco d’azzardo, … sono sempre a nostra disposizione e ci permettono di non incontrare l’altro. Sono, fondamentalmente, una modalità di separarsi senza però esporsi veramente all’incontro con l’altro.

Le dipendenze fra aggregazione e identificazione

In queste righe vorrei provare a riprendere il tema osservandolo mediante altre due parole chiave: aggregazione e identificazione.

L’imperativo sociale contemporaneo pare essere diventato “Godi!”, “Divertiti!”, “Perché no?!”, mentre, ai tempi di Freud, ma anche in tempi non così lontani, il programma della civiltà che orientava il vivere comunitario era quello morale del “dovere”, della “rinuncia” a parte della propria pulsionalità, per poter stare nel contesto sociale. La contemporaneità non sembra affatto continuare ad esigere questa rinuncia, ma anzi, pare incentivare il soddisfacimento immediato e quasi richiederlo. Ci troviamo quindi in una condizione per cui l’imperativo del dover godere a tutti i costi sembra orientare la nostra condotta.

Le nuove dipendenze, l’aumento delle patologie connesse ai fenomeni di dipendenza, sembrano rispecchiare un contesto socio-culturale caratterizzato dal declino di quella che potremmo chiamare “funzione paterna” (alcuni accenni al tema sono presenti nell’articolo ““Forza figliolo andiamo” Due note sulla funzione paterna”) – funzione deputata non solamente ai padri familiari, ma anche ai padri istituzionali – dal declino del senso del limite e delle istituzioni che fungevano da punto di riferimento ideale-simbolico (scuola, stato, chiesa…) e che, pian piano, stanno venendo a perdere la loro centralità e importanza.

  • Dipendenze e aggregazione: il contesto nel quale ci muoviamo oggi porta con sé un utilizzo diverso delle bevande alcoliche e di alcune tipologie di droghe. L’uso contemporaneo, in alcuni contesti, si caratterizza per essere un uso di tipo sociale. Osserviamo quindi un cambiamento di prospettiva importante rispetto all’epoca in cui sono cresciuti i nostri nonni e i nostri genitori. L’alcool non porta più all’isolamento e all’emarginazione di un soggetto, ma anzi è proprio ciò che facilita la sua inclusione nel gruppo, il legame sociale, e, paradossalmente, la mancanza di risposta affermativa di fronte all’invito ad alzare il gomito, all’appello del discorso sociale di cui fa parte il gruppo, può portare all’emarginazione e all’esclusione. La bottiglia, così come la droga, fanno da mediatori, da carta di accesso al gruppo. In alcune circostanze l’assunzione di alcool o sostanze ha un effetto ansiolitico rispetto all’apprensione che possono generare determinate relazioni o incontri sociali.
    Questi soggetti utilizzano alcool e droga quasi esclusivamente in momenti di aggregazione, ad esempio nei fine settimana e, generalmente, l’assunzione della sostanza o la ricerca di essa non invade la vita settimanale.


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

 

http://dottoressacarretta.it/articolo-16-dipendenze/


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)