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Shopping compulsivo: un'analisi del fenomeno

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Compro, dunque sono
di Käther Bänziger


Molti considerano piuttosto ridicola l'idea che si possa essere dipendenti da acquisto compulsivo.
Gli interessati e gli esperti non si permettono certo di prenderla sul ridere. Molti dipendenti da
acquisto compulsivo non si lasciano dissuadere nemmeno da un conto scoperto.
Nadja Roth (nome modificato) ammette di conoscere bene i meccanismi che la inducono agli acquisti:
«Quando sono frustrata o infelice, compero qualcosa di bello per tirarmi su. Poi mi sento spesso
in colpa per aver di nuovo speso tanti soldi». I rimorsi di coscienza non l'aiutano di certo e Nadja Roth
ne è cosciente: al prossimo bel vestito esposto in una vetrina si farà tentare di nuovo.
Quel che capita a Nadja Roth succede anche a tanti altri, donne e uomini. Secondo una ricerca della
Scuola superiore di lavoro sociale di Berna del 2003, circa 270 000 Svizzeri non riescono a controllare
il loro comportamento di acquirenti. A costo di indebitarsi, acquistano le scarpe tanto ammirate in
negozio, anche se a casa ne possiedono oltre 300 paia. Non fanno in tempo a imboccare la strada di
casa che già si vergognano di avere ceduto, ancora una volta, alla tentazione, a scapito della ragione.
Così la sensazione di appagamento non dura a lungo: gli interessati l'avvertono solo al momento
dell'acquisto. E ciò li porterà presto a fare nuovi acquisti.


L'acquisto come esperienza gratificante
«Lo stesso atto dell'acquisto funge da droga», sostiene Gerhard Raab, ricercatore tedesco che si
occupa della sindrome da acquisto compulsivo. Il riconoscimento e l'attenzione di cui è oggetto nel
negozio il dipendente da acquisto compulsivo gli permettono di vivere un'esperienza gratificante.
Spesso, l'acquisto è preceduto da una preoccupazione o una delusione: l'interessato non riesce
a gestirla e cerca una compensazione. Certo, un acquisto innocuo a seguito di una frustrazione,
esperienza che tutti abbiamo vissuto, non ha molto a che fare con il comportamento tipico della
sindrome da acquisto compulsivo.
È capitato a molte donne e a molti uomini di volersi liberare da uno stato di malumore concedendosi
l'acquisto di un prodotto inutile e non veramente gradito. Si può tuttavia parlare di una vera
e propria sindrome da acquisto compulsivo solo quando non si riesce più a controllare questo tipo
di comportamento. Ossia quando, come Nadja Roth, si spende anche quando il conto è scoperto.
Spiega in altre parole la 48enne: «È una sorta di costrizione».
Secondo il ricercatore Gerhard Raab, affermazioni del tipo «Non ci posso fare nulla» oppure «È più
forte di me» sono tipiche di questo quadro clinico. I dipendenti da acquisto compulsivo non traggono
un piacere autentico dai nuovi acquisti, al contrario, spesso le borse e i pacchetti sono tenuti chiusi
nell'armadio oppure, per paura delle reazioni del partner e dei suoi rimproveri, restano nascosti in
cantina o nel sottotetto.
I dipendenti da acquisto compulsivo, anche quando sono rovinati finanziariamente dal loro comportamento,
non riescono a modificarlo. Come i tossicodipendenti, talvolta non arretrano davanti a
nulla pur di soddisfare i loro desideri. Svuotano i libretti di risparmio dei figli, sottraggono denaro al
datore di lavoro e accendono moltissimi crediti. Se non sono più degni di credito, ordinano la merce
usando il nome di parenti o conoscenti. Spesso con le loro bugie rovinano anche la relazione con il
partner.


Giovani adulti a rischio
I giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 24 anni sembrano essere particolarmente esposti. A questa
età si comincia a guadagnare e si dispone per la prima volta di un conto proprio. Secondo lo studio
dell'istituto di Berna, il 17 per cento di questo gruppo di età adotta regolarmente comportamenti
a rischio, la metà circa tende ad avere un comportamento incontrollato negli acquisti e quasi tutti
considerano il fare compere come una «fantastica occupazione del tempo libero». Il passaggio alla
dipendenza è facile.
Si dovrebbe fare di più per mettere in guardia i giovani? L'opinione pubblica non ritiene che la sindrome
da acquisto compulsivo costituisca un problema importante. Quando si parla di dipendenza
si pensa a stupefacenti, alcool e tabacco. Diversamente da questo tipo di dipendenze, con quella da
acquisti si riesce a vivere senza dover ricorrere a stupefacenti, perciò gli specialisti parlano di una
«dipendenza non legata a sostanze». L'acquisto compulsivo nasce dall'atto stesso del comprare,
come la dipendenza dal gioco deriva dalla sua pratica.
Le autorità danno pochissima importanza alle dipendenze non legate a sostanze. L'Ufficio federale
della sanità pubblica, nonostante abbia riconosciuto la necessità di un intervento, nei prossimi anni
limiterà i propri sforzi alla prevenzione del consumo di alcool, tabacco e stupefacenti nonché alla
prevenzione dei disturbi alimentari.
Liberarsi dalla sindrome da acquisto compulsivo è tutt'altro che facile. Il primo passo importante è
riconoscere con se stessi e con gli altri di aver perso il controllo. E poi? Come è possibile sfuggire al
consumo nella società dei consumi? «Comprare è una sorta di atto sacro», sostiene Michael Claussen
del Budget- und Schuldenberatungsstelle Plusminus (Ufficio di consulenza su bilanci e debiti
Plusminus) di Basilea, «ed esercita sempre una forte seduzione».


L'astinenza da acquisto non funziona
L'astinenza, come praticata con l'alcool e il tabacco, è di fatto impossibile: non si può rinunciare completamente
agli acquisti. Gli individui che non riescono a controllare i loro consumi sono confrontati
per tutta la vita con la loro dipendenza e, nella migliore delle ipotesi, possono imparare a gestirla
meglio. Il trattamento di questa dipendenza è ancora agli inizi.
Un percorso appropriato e aggiornato per tentare di risolvere il problema è costituito, oltre che dalla
partecipazione a un gruppo di auto-aiuto, da una terapia comportamentale. L'obiettivo è scoprire
in quali situazioni si perde facilmente il controllo e apprendere a gestire in modo diverso la pressione
della dipendenza. Gli esperti consigliano inoltre di affidare la procura sul conto bancario a una
persona di fiducia. Ma soprattutto: basta alle carte di credito! «I pagamenti in contanti toccano più
direttamente, le banconote sono meno astratte di una carta di credito», sostiene il consulente per
la gestione dei debiti Claussen. Talvolta può essere di aiuto stilare un elenco di tutti gli oggetti che
già si possiedono oppure tenere una precisa contabilità delle spese.
Nonostante questi accorgimenti, Nadja Roth non è ancora riuscita a liberarsi veramente dalla dipendenza.
«Si presentano sempre nuove situazioni in cui mi sento irresistibilmente attratta dalla merce
esposta in una vetrina», afferma. Ma aggiunge: «Riesco a controllarmi meglio di prima e non spendo
più di quanto ho preventivato». Inoltre evita le svendite che l'avevano sempre spinta ad acquisti
superflui. Nel frattempo, grazie al suo buono stipendio di impiegata a livello di direzione, Nadja
Roth è riuscita a saldare tutti i debiti. Ma soprattutto ha ammesso quanto sia problematico il suo
comportamento. «Ho imparato a parlarne apertamente». E questo rappresenta l'elemento chiave
per una chance di guarigione.


Attenzione, trappola per contrarre debiti - un esercizio per adolescenti
I giovani risultano particolarmente esposti alla sindrome da acquisto compulsivo. Diversi studi sostengono che un
giovane su quattro in età compresa tra i 16 e i 25 anni è indebitato. Ciononostante, la gestione del denaro non
è un argomento trattato a scuola e, non di rado, sono i genitori a offrire un esempio di come il consumo sia più
importante del tempo dedicato alla famiglia. Una delle poche proposte per adolescenti che non sanno gestire il
denaro è la «Peer-Prevention» (Prevenzione attraverso i coetanei) dell'InTeam di Basilea. Essa offre a studenti tra
i 15 e i 18 anni nonché a gruppi di giovani un evento di carattere informativo della durata di diverse ore, incentrato sul tema del denaro e dei debiti.
«Peer» significa pari, e proprio in questo risiede l'aspetto particolare della proposta: sono dei coetanei a informare
gli adolescenti. Gli adulti, insegnanti compresi, sono «cordialmente invitati a non partecipare», così si
esprime il responsabile di InTeam Marco Dalcher. «Quando sono tra loro, gli adolescenti hanno gli stessi valori e
le stesse norme, parlano la stessa lingua e si mostrano più aperti».
Nella «Peer-Prevention» gli studenti imparano a riconoscere le trappole per contrarre debiti e vengono informati
sui loro diritti e doveri di consumatori. Vedono come si compila un preventivo, conoscono le insidie del
sistema delle carte di credito e scoprono, almeno in parte, le strategie del settore pubblicitario. Altri temi importantind'informazione sono gli articoli di marca, popolari presso molti adolescenti, e l'acquisto, la loro attività
preferita del tempo libero. Apprendono quel che succede se non pagano le fatture e a quale ufficio si possono
rivolgere se hanno dei problemi finanziari.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)