Sigaretta elettronica: una riflessione senza filtro
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Sigaretta elettronica: una riflessione senza filtro
di Claudio Tamburrino
Sono per strada, ma anche nei bar, nei ristoranti, in stazione, nei luoghi pubblici. Si aggirano (quasi) senza limiti e senza divieti. E soprattutto senza vergogna o paura. Sono in mezzo a noi ed hanno degli strani apparecchi da cui fanno uscire vapori con aria soddisfatta. Sono gli "svapatori": i consumatori di sigarette elettroniche.
Tra moda, palliativo e soluzione tecnologica ad un atavico problema di dipendenza, le e-cigarette spopolano sia negli Stati Uniti che in Europa. In maniera talmente veloce che la normativa non gli è stato dietro e adesso deve rincorrere.
Con una sigaretta elettronica, infatti, lo "svapatore" aspira attraverso un sistema che innesca un sensore collegato ad un condensatore a batteria. Che si scalda e miscela una quantità regolabile di vapore acqueo assieme a particelle di nicotina e glicerolo.
Una "e-cig", insomma, non è altro che un vaporizzatore aromatizzato alimentato da una batteria ricaricabile il cui fumo, che può essere aromatizzato alla nicotina o ad altri gusti a scelta, non puzza e provoca nel consumatore una sensazione simile a quella che si prova inalando il fumo delle vere "bionde".
Non si tratta di vaporware, ma di un mercato che solo nel 2012 negli Stati Uniti è valso 300 milioni di euro, e che secondo gli analisti può arrivare ad un miliardo di dollari nei prossimi tre anni.
Anche in Europa, d'altronde, il fenomeno degli svapatori ha preso piede e, per esempio, in Italia si tratta di un mercato con 400mila utenti che vale tra i 100 e i 200 milioni di euro (senza contare le ricariche, una sigaretta elettronica costa dai 20 ai 100 euro). E che entro l'anno punta al milione di consumatori. Vi sono 7-8 aziende di produzione, 1.500 negozi e 5mila addetti tra produzione e commercializzazione. In Germania gli svapatori sono già 2 milioni e in Grecia 400mila.
Da un lato le sigarette elettroniche comportano degli indubbi vantaggi. Non puzzano, sicuramente riducono di molto il problema del degrado urbano (dal momento che non si consumano e non faranno abbondare cicche per terra), non contengono le 5000 sostanze dannose all'organismo presenti in una sigaretta, né il monossido e non hanno gli effetti cancerogeni legati alla combustione di catrame e carta.
D'altra parte non sono sempre completamente prive di nicotina e gli stessi operatori affermano che non servono a smettere, ma a cambiare il modo in cui lo si fa. Infine, pur evidenziando l'esistenza di una crescente "bibliografia scientifica" a supporto della loro ridotta pericolosità, essi ammettono anche che sono richieste altre valutazioni.
La posizione ufficiale dell'European Respiratory Society, condivisa anche dalla società scientifica americana, è che al momento non sono disponibili studi univoci sugli effetti delle sigarette elettroniche. Prove, cioè, circa la loro efficacia o meno nel combattere la dipendenza e dei loro effetti più o meno salubri.
Francesco Blasi, presidente dell'Ers e ordinario di malattie respiratorie all'università degli Studi di Milano, ha sottolineato proprio come "per ora non esistono dati certi in base ai quali dire se le sigarette elettroniche rappresentano" un bene o un male per la salute, e che la loro diffusione nonostante questo dubbio "possa incidere su un giovane", innescando una nuova moda ed un circolo vizioso di emulazione e dipendenza.
Completano il quadro i divieti di fumo non omologati, la mancanza di controllo sui nuovi negozi e il problema delle sigarette elettroniche contraffatte, provenienti soprattutto dalla Cina. Da cui vengono anche quelle originali: la formula principale della distribuzione è infatti quella del franchising, con la produzione cinese a farla da padrone grazie ai bassi prezzi.
Infatti, in mancanza di chiarezza, il mercato spopola senza leggi a fargli da contraltare. A parte regolamenti nazionali specifici e a livello mondiale sono bandite quasi da tutte le compagnie aeree (con l'eccezione Ryanair che dal 2009 consente di fumare le sigarette elettroniche da essa vendute, che non fanno fumo e non hanno la batteria).
In Italia, dove sono vietate ai minori di 16 anni e in maniera specifica soltanto sui treni (in base a un regolamento autonomo), forte dibattito si è innescato in occasione della Legge di Stabilità per un emendamento che puntava infatti ad equiparare la vendita di e-cig a quelle tradizionali. Con poche righe: "qualsiasi dispositivo meccanico o elettronico, che abbia la funzione di succedaneo dei prodotti di tabacco sia assimilato ai tabacchi lavorati e sia soggetto alle disposizioni in materia di distribuzione, detenzione e vendita". Inoltre parlava della possibilità di stabilire il monopolio della vendita delle sigarette elettroniche soltanto nelle tabaccherie e nelle farmacie.
Tuttavia, naturalmente, i produttori, si sono fortemente opposti e parlano di una ridotta nocività delle e-cig che renderebbe conveniente il nuovo mercato anche in mancanza di una tassazione congrua a quella dei tabacchi. A compensare i minori introiti vi sarebbe il risparmio in termini di minori cure per danni legati al fumo.
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)