Sindrome da Workaholism: quando il lavoro crea dipendenza
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ROMA- Quante volte vi è capitato di non staccare mai la spina del cervello e pensare a quella pratica da finire sulla
scrivania? Oppure quante volte il vostro pc o palmare vi ha seguito perfino in bagno per fissare gli ultimi appuntamenti e
non perdere neanche un minuto di work in progress? Se almeno una volta nella vita avete fatto questo, dentro di voi potrebbe
nascondersi un vero e proprio workaholic.
Esiste la sindrome da dipendenza dal lavoro, che può colpire chiunque abbia a che fare con un lavoro soprattutto
intellettuale. Assetati di carte e di e-mail come i tossici lo sono della cocaina e gli alcolisti dell'alcol.
Dall'America ecco la nuova forma di stakanovismo trasformarsi in workaholism. Il lavoro diventa il perno principale dell'
esistenza. Si lavora 24 ore no stop non per i soldi o per la carriera, bensì per l'incapacità di farne a meno.
Andrea Castiello D'Antonio, professore di psicologia all'Università Europea di Roma , nel suo libro Malati di lavoro afferma:
"Il workaholic cancella ogni aspetto della vita che non riguardi l'attività professionale. Affetti e amore vengono sempre al
secondo posto, le vacanze sono inconcepibili, qualsiasi hobby si configura come uno spreco di tempo".
Uomini e donne spesso possono sviluppare questa forma di dipendenza lavorativa senza accorgersene. E'possibile riconoscerli
se non prendono mai ferie, se lavorano anche nel tempo libero e nel fine settimana, se non hanno vita sociale e nessun hobby
che li appassioni, se si dimenticano di mangiare e dormire e mettono sempre al primo posto il lavoro, se lavorano dalle 10
alle 12 ore al giorno e soprattutto se considerano normale tutto questo.
Un workaholic è paragonato al drogato e all'alcolista proprio perché se è costretto a non lavorare diventa irritato, ansioso
e ha delle vere e proprie crisi d'astinenza.
"Dietro al bisogno di lavorare si nasconde la voglia di non essere impegnati in affetti e relazioni intime. I più a rischio
sono i soggetti insicuri, fragili, che mascherano la loro debole identità personale con una forte identità professionale. E
se la cosa diventa seria l'unica cura è la psicoterapia che, nelle situazioni più pesanti, può essere accompagnata da blandi
ansiolitici", afferma il professor Castiello D'Antonio.