Sintesi degli orientamenti espressi dagli operatori nella V Conferenza Nazionale sulle Politiche Antidroga
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Premesse
Queste considerazioni sono state messe a punto sulla base delle
conclusioni e delle sintesi delle varie sessioni di lavoro presentate durante i
lavori della V Conferenza Nazionale sulle Politiche Antidroga (Trieste 12 -
14 Marzo 2009) a cui hanno partecipato 1400 operatori. In base allo
svolgimento dei lavori ed alle indicazioni date dagli operatori durante le
preconsultazioni sono state identificate alcune aree di interesse prioritarie.
A queste aree sono stati correlati dei macro obiettivi concreti che
rappresentano l'aspettativa e l'impegno che la Conferenza ha espresso nel
suo insieme di rappresentanze e nell'articolata e vivace discussione.
Vengono indicate, inoltre, delle specifiche, tratte dagli spunti ed indicazioni
provenienti dalle sessioni di lavoro e dai vari documenti presentati, che
vogliono essere delle ulteriori informazioni per rendere ancora più concreto
l'approccio e l'impegno che le organizzazioni dovrebbero, in responsabilità e
competenza diretta, assumersi.
Struttura della Sintesi.
E' chiaro che, come tutte le sintesi conclusive, non può essere esaustiva di
tutti i problemi emersi e di tutte le possibili soluzioni identificate, ma
certamente questa "agenda" è un buon promemoria di quanto, per macro
argomenti, è scaturito dalla Conferenza e di dove, secondo gli operatori e le
maggiori organizzazioni partecipanti, bisognerebbe concentrare
maggiormente la nostra attenzione e orientare i sistemi e gli interventi.
Non vi è dubbio che la problematica più rilevante di ordine generale,
manifestata e segnalata da più parti, riguarda la difficile situazione derivante
dall'attuale organizzazione ed impostazione delle politiche di
programmazione territoriale sulle tossicodipendenze che risentono di una
regionalizzazione che, ad oggi, non è stata ritenuta in grado di garantire una
politica nazionale unitaria, coerente ed omogenea in tutte le varie Regioni e
P.A..
Un'Agenda Post-Conferenza.
Da più parti durante i lavori della Conferenza è stata invocata la richiesta di
un maggiore coordinamento centrale, non certamente per una mera
questione di potere, ma perché si è avvertita la necessità di dare
un'unitarietà sovra regionale a strategie, interventi ed azioni che
necessitano di ritrovare omogeneità e concretezza su tutto il territorio
La necessità di maggior coordinamento nazionale.
L'Italia, da questo punto di vista, rappresenta il paradosso europeo. Non
esiste nessun altro Paese che abbia un frazionamento così importante e
una possibilità da parte delle Regioni di poter decidere di intraprendere (o
non) azioni anche in deroga, se non addirittura in opposizione, alle politiche,
agli accordi Stato-Regioni e alle linee strategiche nazionali.
Il paradosso italiano.
Questo paradosso è sostenuto da un sistema di poteri (più o meno rilevanti)
che si sono andati a formare e consolidare nel corso degli anni, e che ha
portato ad una situazione, ad oggi inaccettabile, di estrema eterogeneità, di
inadeguatezza dell'offerta e dell'organizzazione rispetto all'evoluzione del
fenomeno. In questo anni, inoltre, si sono accumulati gravi ritardi nei
pagamenti delle rette (che risultano peraltro estremamente diversificate)
verso "Fornitori privilegiati" di prestazioni residenziali complesse ed
indispensabili, come le Comunità Terapeutiche, generando enormi difficoltà
economiche e di sopravvivenza operativa. Da non dimenticare, inoltre, la
grave crisi organizzativa e motivazionale dei servizi pubblici, asse portante
dell'intero sistema, che vede ridurre sempre di più il numero di risorse
umane dedicate e gli investimenti. Contemporaneamente, si assiste da vari
anni ad un incremento costante dell'utenza in termini numerici,
accompagnato da un aumento della complessità clinica e dell'impegno
necessario per assicurare una buona gestione.
I Servizi pubblici.
In questo contesto i Servizi sono costretti ad organizzare e fornire
prestazioni sostenibili e attuabili, facendo fronte alla meglio a gravi ed
impegnative problematiche dell'utenza, ma che, a volte, si connotano
purtroppo di basso profilo qualitativo, e non certo per volontà degli operatori.
Questa perdita di qualità, secondaria alla carenza di risorse e di veri
investimenti nel settore, ha comportato anche spesso l'insorgenza di terapie
farmacologiche non sempre gestite secondo buone prassi e poco integrate
con il supporto psicologico e sociale. Pertanto, è la scarsità di investimento
da considerare come il vero "generatore di cronicità", unitamente alla
riproposizione di modelli troppo spesso basati sull'ideologia (e in questo
caso si tratta di un fenomeno perfettamente "bipartisan") più che sulle prove
di efficienza scientifica.
Le evidenze scientifiche.
Le evidenze scientifiche, però, non bastano a giustificare le scelte e le
decisioni strategiche di orientamento degli interventi e delle organizzazioni,
perché necessariamente devono essere integrate con visioni e criteri anche
di altro tipo, quali la sostenibilità finanziaria, il grado di priorità sociale e
sanitario del problema nel contesto sociale e sanitario generale del Paese,
l'accettabilità sociale (sulla base della cultura e delle tradizioni) di certe
scelte, ma soprattutto il valore che vogliamo concretamente dare alla vita
umana, sia in termini quantitativi sia qualitativi. Le evidenze scientifiche
difficilmente potranno giustificare, da sole, la rinuncia a voler perseguire
percorsi riabilitativi finalizzati al recupero totale della persona
tossicodipendente, accontentandosi di stabilizzare, in un percorso di
cronicità, giovani vite dotate di alto potenziale umano. Risulta chiaro quindi
che, in fondo, è necessario basare i nostri interventi oltre che sull'etica della
prevenzione e della cura, anche sull'etica irrinunciabile della riabilitazione.
La tossicodipendenza è una malattia
Non va dimenticato infatti che la tossicodipendenza non è una scelta, ma
una malattia che si basa fondamentalmente sull'annullamento della volontà
del soggetto, mediante precisi meccanismi neuropsicologici legati
direttamente all'effetto delle sostanze e alle caratteristiche di vulnerabilità
individuali ed ambientali della persona malata.
Il ripristino dello stato fisiologico.
Se così è, risulta chiaro che queste persone vanno aiutate a ritrovare il loro
stato fisiologico di piena autonomia, libertà e responsabilità decisionale e,
conseguentemente, di controllo volontario dei comportamenti e delle loro
scelte di vita.
Nuovi orizzonti scientifici.
A questo proposito, risulterà fondamentale riuscire a promuovere e
sviluppare anche nuove linee di ricerca scientifica nell'ambito delle
neuroscienze e del neuroimaging, non solo quindi nel campo epidemiologico
o farmacologico, che riescono a farci comprendere meglio i meccanismi del
craving, del controllo volontario del comportamento e dei fattori
neuropsichici, educativi e sociali che stanno alla base del successo o
dell'insuccesso delle terapie. Questo in molti Paesi è già il presente, mentre
in Italia potrebbe rappresentare un futuro interessante ed utile al
riorientamento della pratica clinica e riabilitativa.
Per fare questo è necessario che le Organizzazioni ritrovino unità di intenti e
di vedute.
Unità di intenti e di azioni.
I messaggi più forti usciti dalla Conferenza sono stati senz'altro quello di
ritrovare un'unitarietà di azione, di coordinamento nazionale, di maggior
investimento e di innovazione delle strategie, dei metodi, ma anche di un
sistema che appare oggi poco orientato ed appropriato ai nuovi bisogni.
Il ruolo del Dipartimento Politiche Antidroga
Il Dipartimento Politiche Antidroga ha perfettamente compreso la necessità
espressa dagli operatori riuniti a Trieste sia dentro che fuori la Conferenza,
facendo proprie le indicazioni uscite dai dibattiti e dalle discussioni di
approfondimento. Nel contempo, il DPA ha provveduto a formalizzare e
diffondere, in maniera sistematica e capillare, tutta la documentazione
prodotta e ha programmato fino al mese di dicembre continue consultazioni
permanenti al fine di approfondire ulteriormente gli argomenti, anche quelli
più scottanti e fonti di polemiche.
Conclusione.
In conclusione, si vuole ringraziare tutti i partecipanti alla Conferenza, ma in
particolare gli operatori, i colleghi dei Ser.T., delle Comunità Terapeutiche e
delle Associazioni per aver colto lo spirito con cui il DPA ha voluto
organizzare la V Conferenza Nazionale sulle Politiche Antidroga. Questi
1400 colleghi hanno dimostrato serietà, professionalità e rispetto delle
differenze, anche se con qualche eccesso folkloristico e di esagerate
proteste che, a distanza di qualche mese, valutate nella loro reale portata,
risultano solo un'esternazione di pochi. Queste manifestazioni isolate, in
realtà, hanno fatto comprendere meglio agli operatori le differenze tra chi
vuole guardare e costruire un futuro diverso per il sistema dei servizi,
partendo dal riequilibrio anche dei modi e dei linguaggi del confronto, e chi,
invece, vuole restare intrappolato in stereotipi orientati al passato e
conflittuali.
Va sottolineato infine che, al di là delle apparenti divisioni, in realtà nella
concretezza e nella operatività di tutti i giorni, le sinergie e la comunione di
intenti sono sempre state trovate dagli operatori e le ritrovano ancora tutti i
giorni con il loro buon senso, lo spirito di servizio e il prendersi cura delle
persone tossicodipendenti e delle loro famiglie.
Il Capo Dipartimento
Dr. Giovanni Serpelloni