Smart shop: in città le droghe dei furbetti
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Smart shop: in città le droghe dei furbetti
Da oltre vent'anni, ormai, si sente parlare di "smart drugs" ("droghe furbe") ma si fa ancora una grande confusione utilizzando questo
termine anche se l'Istituto Superiore di Sanità, con un pregevole lavoro scientifico del 2003, aggiornato nel 2008, ha contribuito a fare un
po' di chiarezza in un ambito in cui "tutto" sembrava droga e, quindi, illegale, vietato. Le "smart drugs" sono composti, sia di origine
naturale che sintetica, normalmente non vietati dalle leggi sugli stupefacenti, che possono contenere principi attivi con presunte o
accertate proprietà psicoattive. Negli Usa il termine indicava alcuni farmaci coadiuvanti nelle malattie senili ma anche in grado di
migliorare le performance dell'uomo sul piano sessuale. Oggi, il termine "smart drug" viene utilizzato per riferirsi sia a droghe vegetali,
etniche, etnobotaniche, naturali, che per indicare miscugli energetici o compresse stimolanti (per esempio quelle che cercano di simulare
l'effetto dell'ecstasy) che, pur rimanendo nella legalità ( per esempio il ginseng), assumono effetti eccitanti. Di solito vengono proposte e
consumate in contesti giovanili, nelle discoteche,nei rave party. È possibile anche che il principio attivo contenuto nelle parti fresche o
secche delle piante vendute come "smart drugs" sia presente nelle tabelle degli stupefacenti ( allegate al Testo Unico 309/1990) ma non sia
presente né la pianta né parti di essa e, quindi, non sia illegale la sua vendita. Vendita che avviene, per lo più, negli "smart shops",
negozi presenti in molte nazioni europee (in Italia oltre cento di cui una decina in Emilia Romagna e almeno due a Modena), dove vengono pure venduti prodotti per la coltivazione di piante (canapa e funghi) ma anche prodotti per rafforzare gli effetti derivanti dall'assunzione di
sostanze fumabili (filtri, pipe, cartine, vaporizzatori). Un sistema commerciale realizzato "furbescamente" attraverso la "rete" dove i
prodotti vengono presentati come incensi e/o profumatori, con l'indicazione del divieto per uso umano salvo, poi, andare in altri siti che
spiegano dettagliatamente come assumere tali sostanze. L'uso della maggior parte di tali composti ha origine dalla medicina alternativa-
popolare-sciamanica, riproponendo sostanze vegetali ricavate da erbe e piante utilizzate da popolazioni antiche in riti divinatori, magici,
propiziatori. Sostanze e piante i cui pericoli erano ben noti alle popolazioni primitive che, non a caso, le consideravano "sacre" (dal
latino "sacer" che vuol dire "ciò da cui si deve stare lontani"). Tra queste, per esempio, la "mimosa hostilis" (il principio attivo è la
dimetiltriptamina), usata sin dal Medioevo da alcune comunità di indios brasiliani nel contesto di riti religiosi e terapeutici che
prevedevano l'assunzione del "vino di Jurema" ( a base, appunto, di mimosa) dalle proprietà di tipo visionario-allucinogeno o la "salvia
divinorum" (principio attivo la salvinorina A), le cui foglie fresche vengono masticate a lungo dalle comunità messicane nello Stato di
Oaxaca, in luoghi isolati e silenziosi per pratiche sciamaniche finalizzate a predire il futuro o a scoprire i colpevoli di delitti. Per
restare più dalle nostre parti (Europa centro meridionale), va ricordata la "lactuca virosa" (lattuga amara, i cui principi attivi sono la
lattucina, intibina, iosciamina) utilizzata anche come sostituto dell'oppio e l'Artemisia absinthium che cresce spontaneamente in vari parti
del nostro paese e con cui si produce il noto liquore "assenzio", noto in Germania con il nome di "wermuth" e in Francia come "absinthe". Più
recentemente l'offerta degli "smart shops" si è arricchita di miscele ("spice") composte da differenti "smart drugs" di origine vegetale e di
sintesi con effetti simili a quelli della cannabis. Ancora scarse le conoscenze sui singoli composti di queste miscele dove pure sono stati
individuati cannabinoidi sintetici, già inseriti nelle tabelle degli stupefacenti (noti anche con la sigla JWH dal nome del loro inventore
J.W.Huffman, seguita da un numero) i cui effetti sugli esseri umani sono nocivi. Nell'aprile del 2010, il Ministro della Salute, d'intesa con
il Dipartimento delle Politiche Antidroga, ha emanato un'ordinanza con il divieto di fabbricazione, importazione, commercio (inclusa la
vendita in rete) dei prodotti "spice" venduti come miscele aromatiche e profumatori di ambiente.
Insomma, un mercato silenzioso ma incredibilmente in espansione in cui si promettono, tra l'altro, gli effetti di "affascinanti"
allucinazioni visuali e auditive ( dandosi uno sguardo intorno non ci sarebbe davvero bisogno di assumere intrugli!) con erbe, foglie, steli,
piante, radici, da consumare crude, cotte, essiccate, masticate, fumate, mangiate, liquefatte. Cosa ci sia di affascinante in questa voglia
di avvelenarsi resta ancora, almeno per me, un mistero.
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)