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Studio sulle proscimmie fa nuova luce sulle origini del consumo umano di alcol

Studio sulle proscimmie fa nuova luce sulle origini del consumo umano di alcol

Alle proscimmie piace l’alcol. Uno studio fa nuova luce sulle origini del consumo umano di alcol

 

In natura l’alcol è diffuso sotto forma di nettari, succhi e frutti fermentati, è quindi una parte naturale di molte diete primati, che si sono evoluti per digerirlo rapidamente e per minimizzarne gli effetti tossici. Ma i ricercatori del Dartmouth  College che hanno appena pubblicato su Royal Society Open Science lo studio, “Alcohol discrimination and preferences in two species of nectar-feeding primate”, sottolineano che «L’alcol è anche una fonte di calorie, è plausibile che l’alcol sia attraente per alcuni primati, tra cui, per ipotesi, i nostri antenati umani».

Infatti, uno studio  precedente, “Hominids adapted to metabolize ethanol long before human-directed fermentation” pubblicato da un team statunitense su Pnas,  ha scoperto che gli esseri umani e le grandi scimmie africane hanno una mutazione genetica che accelera radicalmente la  digestione dell’alcol. Ma la ricerca del Dartmouth ha scoperto che questa mutazione è condivisa anche con l’aye-aye (Daubentonia madagascariensis), uno degli animali più strani sulla Terra. «La domanda, allora – dicono i ricercatori –  era se gli aye-aye sono attratti dall’ alcol» e hanno scoperto che due aye-aye e un’altra proscimmia, il  loris lento (Nycticebus coucang), potrebbero discriminare tra le diverse concentrazioni di alcol e che entrambe le specie preferiscono consumare le più alte concentrazioni di alcol messe  a loro disposizione.

Gli aye-aye sono lemuri notturni endemici del Madagascar, le cui origini risalgono a quasi 70 milioni di anni fa, hanno un dito ossuto allungato per rilevare ed estrarre le larve dai tronchi d’albero. Nathaniel Dominy, che insegna antropologia e scienze biologiche a Dartmouth, spiega che «Gli aye-aye sono essenzialmente i picchi dei primati. Quindi è sconcertante che possano digerire l’alcol in modo efficiente». Eppure, durante la stagione delle piogge, gli aye-aye dedicano ben il 20%  del loro tempo ad alimentarsi del  nettare dell’albero del viaggiatore (Ravenala madagascariensis), una pianta primitiva del Madagascar. «Se il nettare viene fatto fermentare, poi la digestione iper-efficiente dell’alcol avrebbe senso ecologico – evidenzia il principale autore dello studio, Samuel Gochman, uno studente 18enne che ha lavorato alla ricerca  insieme al suo collega Michael Brown – Dal momento che non avevamo accesso a questi alberi in fiore per lo studio, abbiamo invece testato se gli aye-aye sono attratti dall’alcol con una soluzione di saccarosio che simula il nettare».

I ricercatori  hanno anche testato le preferenze alcoliche di un’altra proscimmia: il loris lento, l’unico primate noto per consumare nettare fermentato in natura, visto che trascorre gran parte del suo tempo a bere il nettere della palma di Bertram (Eugeissona tristis) che spesso è fermentato..

Al Duke lemur center di Durham, Gochman e Brown hanno condotto esperimenti di alimentazione a scelta multipla con due aye-aye, Morticia e Merlin, e con un loris lento, Dharma, per verificare l’avversione o la preferenza a concentrazioni variabili di alcol nel nettare artificiale e spiegano che «Le concentrazioni di alcool erano basse (da 0,0 a 5,0%) per riflettere i livelli presenti in natura. Ogni trattamento liquido, insieme a due controlli, è stato posto in una disposizione circolare di piccoli contenitori incassati in un tavolo rotondo in resina all’aperto. La posizione dei liquidi è stata randomizzata e i dati comportamentali sono stati raccolti alla cieca riguardi ai contenuti, per evitare distorsioni nell’ osservazione. Ciascuno dei due aye-aye ha partecipato ad una sperimentazione una volta al giorno per 15 giorni per un totale di 30 prove. Il loris lento ha partecipato ad una prova di ogni giorno per cinque giorni per un totale di cinque prove, il tempo era limitato». E’ così che hanno scoperto che gli  aye-aye possono discriminare tra l’acqua del rubinetto e le diverse concentrazioni di alcol e che si adeguano di conseguenza. Ulteriori analisi statistiche hanno dimostrato che gli aye-aye preferivano la soluzione con la più alta concentrazione di alcol. «Inaspettatamente – sottolineano i ricercatori di Durham – gli  aye-aye hanno continuato a sondare i contenitori con le più alte concentrazioni molto tempo dopo che erano stati svuotati, suggerendo che ne volevano di più. I cinque test con il loris lento erano troppo pochi per produrre risultati statistici, ma i modelli di discriminazione e di preferenza erano praticamente identici». E a quanto pare le proscimmie reggono l’alcol meglio di molti esseri umani: «Nessuno degli animali ha mostrato  segni di coordinamento o di comportamento alterato».

Secondo Gochman questi risultati hanno grandi implicazioni proprio per gli esseri umani: «Questo progetto ha sicuramente alimentato il mio interesse per l’evoluzione umana. I nostri risultati supportano l’idea che gli alimenti fermentati sono stati importanti nella dieta dei nostri antenati. Alcuni ricercatori hanno suggerito che la nostra mutazione genetica per la digestione efficiente l’alcol, che condividiamo  con gli scimpanzé e i gorilla, sia legata al consumo di frutta fermentati sul suolo della foresta, un comportamento alimentare che potrebbe aver pre-adattato l’uomo alla rivoluzione neolitica. E alcuni archeologi hanno sostenuto che produrre la birra è stata la nostra motivazione principale per la raccolta e alla fine la domesticazione dei cereali, le piante che danno luogo a società complesse. Forse il desiderio dell’alcol ha fatto la differenza».

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/alle-proscimmie-piace-lalcol-uno-studio-nuova-luce-sulle-origini-del-consumo-umano-alcol/

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)