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Tablet, smartphone, computer: il multitasking ci cambia il cervello?

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Tablet, smartphone, computer: il multitasking ci cambia il cervello?
Utilizzare più dispositivi modifica la densità della sostanza grigia, che diminuisce rispetto a chi utilizza un solo supporto. Ma non è detto che sia una cosa negativa


di Laura Cuppini


La multimedialità offerta da smartphone, computer e tablet potrebbe modificare la struttura del nostro cervello. A svelarlo è una ricerca dell’University College London e dell’Università del Sussex, pubblicata sulla rivista PlosOne. Secondo i ricercatori, le persone che utilizzano frequentemente e/o contemporaneamente diversi dispositivi multimediali hanno una minore densità della sostanza grigia, in una particolare regione del cervello (la corteccia cingolata anteriore), rispetto a coloro che utilizzano un unico dispositivo di tanto in tanto. E non è detto che questo “assottigliamento” della sostanza grigia (ovvero i neuroni e le connessioni tra essi) sia un fatto negativo.


Media digitali e cervello

Per arrivare al risultato gli scienziati hanno sottoposto a risonanza magnetica funzionale 75 giovani adulti in salute che avevano risposto in precedenza a un questionario su quanto e come usano i dispositivi multimediali: cellulare, computer e i media più «vecchi» come televisione e carta stampata. È stata anche valutata la frequenza di utilizzo di video e audio (musica) sui vari dispositivi mobili, messaggistica istantanea, sms, email, navigazione su internet, videogiochi su pc e cellulare, social network. Ebbene, dalle risonanze è emerso che le persone che utilizzano quotidianamente un alto numero di dispositivi multimediali hanno una minore densità di sostanza grigia nella corteccia cingolata anteriore (Acc, anterior cingulate cortex), la regione responsabile delle funzioni di controllo emotivo.


Causa o effetto?

«Essere “multitasking” sta diventando sempre più diffuso nella nostra vita - spiega Kepkee Loh, uno degli autori della ricerca -. Il nostro studio è il primo a rivelare i legami tra i nuovi media digitali e la struttura del cervello. Questa potrebbe essere modificata anche da una prolungata esposizione del cervello a nuovi ambienti ed esperienze, come accade con i dispositivi multimediali. I percorsi neurali e le sinapsi - conclude - possono cambiare a causa di nuovi stimoli esterni». Per Sandro Iannaccone, primario dell’Unità di Riabilitazione Specialistica 2 - Disturbi Neurologici, Cognitivi e Motori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, lo studio inglese è interessante ma presenta un limite metodologico. «Gli autori hanno dimostrato che esiste una correlazione tra corteccia cingolata anteriore più sottile e propensione al “multitasking digitale”, ma non sappiamo se l’assottigliamento sia un effetto o una causa dell’essere multitasking - spiega il primario -. Guardando l’età dei partecipanti allo studio, tutti giovani, mi verrebbe da dire che è più probabile la prima ipotesi, ovvero che queste persone abbiano geneticamente, dalla nascita, una sostanza grigia meno densa in quella particolare area del cervello e che questo li porti ad avere un minor autocontrollo e una maggiore impulsività, che sono associati alla curiosità verso le nuove tecnologie e in alcuni casi anche verso il gioco d’azzardo». Gli studiosi inglesi hanno analizzato diverse aree cerebrali, ma solo nella corteccia cingolata anteriore è stata vista una struttura “inedita”.


Un centro di allarme

La corteccia cingolata anteriore - precisa Iannaccone - è l’area del cervello “addetta” al controllo emotivo, è una specie di centro di allarme che manda un segnale quando qualcosa non va. Dunque, avere la sostanza grigia meno densa in quell’area (più sottile) significa avere un minore autocontrollo rispetto a chi ce l’ha invece più spessa. «Non possiamo stabilire se questo assottigliamento sia un bene o un male per il soggetto - precisa il neurologo -, perché da un lato l’eccesso di controllo è negativo, ma anche la situazione opposta può essere rischiosa, comportando una scarsa o scarsissima inibizione. In generale, noi neurologi valutiamo positivamente la capacità multitasking, ma è evidente che l’eccesso di questo atteggiamento non va bene. Sappiamo che il cervello umano è plastico, ovvero ha la capacità di modificarsi nel lungo termine. Ed è fondamentale il concetto di “riserva funzionale”, una specie di “cervello di riserva” che si sviluppa nelle persone che hanno portato avanti in modo continuativo un’attività intellettuale: è dimostrato che questi soggetti si ammalano più tardi, e meno gravemente, di malattie neurodegenerative tipiche dell’età avanzata, come la demenza. Questa è la testimonianza che il nostro cervello si può allenare e che l’attività intellettuale e importante tanto quella fisica per restare in salute».


La questione è aperta

Anche secondo Stefano Cappa, professore di neuroscienze all’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia e al San Raffaele di Milano, il risultato dello studio va preso con cautela. «Un punto importante da sottolineare è che non sappiamo cosa significhi sul piano del funzionamento cerebrale un “assottigliamento” della corteccia. E va anche ricordato che non siamo davanti a misure dirette, ma ricavate dalle immagini di risonanza magnetica. Che la corteccia si modifichi sulla base dell’esperienza (la famosa plasticità) è ormai un concetto assodato, ma se un minore spessore indichi un funzionamento più o meno efficiente è una questione aperta. Un secondo punto da considerare è il numero esiguo dei partecipanti al test, 75 soggetti, che aggiunto alla probabile variabilità nell’uso degli strumenti citati rende il lavoro, pur interessante, bisognoso di ulteriori approfondimenti».


(...omissis...)


copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/14_settembre_24/tablet-smartphone-multitasking-digitale-modifica-cervello-c5c2c5ba-43f5-11e4-bbc2-282fa2f68a02.shtml


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)