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Terapia optogenetica contro la cocaina: intervista al prof. Bonci

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"Illuminando i neuroni una super-terapia contro la cocaina"

L'optogenetica combina genetica e ottica per manipolare i neuroni

Le ricerche di un pioniere italiano negli Usa


marta paterlini


Stimolando o inibendo una parte del cervello con un laser, un team dei National Institutes of Health e della University of California-San Francisco ha dimostrato che è possibile annullare comportamenti di dipendenza dalla cocaina nei ratti o, al contrario, scatenare uno stato compulsivo. La ricerca è stata coordinata dal professore italiano Antonello Bonci, direttore scientifico del National Institute of Drug Abuse.

Professore, nello studio ha giocato un ruolo fondamentale l'optogenetica, una tecnica di cui lei è stato uno dei pionieri: di che cosa si tratta?

«E' una combinazione di genetica e ottica per manipolare i neuroni: si utilizzano impulsi di luce, trasmessi al cervello attraverso fibre ottiche, che stimolano o inibiscono solo le cellule scelte come bersaglio dal virus costruito in laboratorio. Le implicazioni dell'optogenetica sono straordinarie, perché ha permesso di passare dalle aree macroscopiche del cervello a quelle subregionali, scegliendo i neuroni in base alle sostanze chimiche rilasciate (ad esempio dopamina o serotonina). Isolare e analizzare gruppi di cellule apre una nuova porta sullo studio delle dipendenze, delle epilessie e anche della depressione».

In pratica?

«Con l'optogenetica posso decidere di attivare un particolare gruppo di neuroni o spegnerli grazie alle opsine, molecole fotosensibili che derivano dalle alghe e che rispondono in modo diverso alla stimolazione luminosa. Non è esagerato, quindi, considerare l'optogenetica la più importante rivoluzione delle neuroscienze degli ultimi 50 anni».

Se l'optogenetica controlla neuroni singoli in animali vivi, nell'ordine dei millisecondi, cosa rivela sulle dipendenze?

«Creiamo, innanzitutto, un comportamento di dipendenza nel modello animale: ci vogliono settimane prima che la proteina fluorescente si esprima e poi mesi perchè gli animali imparino a utilizzare le leve per avere accesso alla cocaina, mimando la condizione umana. Poi, con l'optogenetica, stabiliamo quali aree del cervello rispondono alla cocaina: iniettando la molecola fluorescente della rodopsina, si seleziona un'area tra le decine che si attivano in seguito alla somministrazione della droga. L'area si illumina a livello delle connessioni tra i neuroni e, quindi, il livello di risoluzione è straordinario. In seguito, grazie all'elettrofisiologia, un'altra tecnica-pilastro delle neuroscienze, valutiamo cosa è cambiato nel sistema limbico, dove agisce la cocaina. A questo punto cerchiamo di invertire la rotta e riportare il cervello allo stato normale, ricorrendo di nuovo all'optogenetica».

Cosa avete scoperto?

«Quando accendiamo il laser nella regione prelimbica della corteccia prefrontale, la ricerca compulsiva della cocaina viene meno. Abbiamo dimostrato il ruolo centrale della corteccia prefrontale nella dipendenza compulsiva. Gli animali, come noi umani, sono più proni a prendere decisioni sbagliate e assumere cocaina. Gli studi di elettrofisiologia sui ratti hanno mostrato che hanno un'attività bassissima proprio nella corteccia prefrontale, fondamentale per il controllo delle decisioni».

E nell'uomo?

«Studi di imaginig sui cervelli umani hanno evidenziato la stessa bassa attività in questa regione in chi ha una dipendenza compulsiva».

Come si può traslare l'optogenetica all'essere umano?

«L'optogenetica non è ancora applicabile, ma ci ha suggerito una terapia che può essere testata immediatamente sugli umani: c'è un modo di indurre un'attivazione simile della corteccia prelimbica con la Stimolazione magnetica transcranica, applicando un campo elettromagnetico esternamente al cervello».

E cosa si ottiene?

«La Stimolazione può inibire la voglia di assumere cocaina, agendo sulla corteccia del cingolato, una sezione della corteccia prefrontale. L'aspetto entusiasmante è che entro pochi mesi potremmo avere i primi risultati, diffondendo la nuova terapia».


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)