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Testimonianze di vita: la storia di Giuseppe

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Giuseppe, una vita da ultimo tra i rifiuti dell'ex Corte dei Conti

C'è chi li chiama clochard, chi barboni, chi senzatetto: tanti appellativi per descrivere una categoria di persone che vive per strada, che non ha una casa, una dimora stabile ed ogni giorno è costretto a vivere in solitudine, povertà, desolazione. La storia di Giuseppe ( stavolta è il suo vero nome di battesimo), 39 anni, cagliaritano, è di quelle che nessuno vorrebbe credere fosse vera, ma la realtà dei fatti dimostra che in mezzo ai rifiuti, escrementi, coperte sporche e puzzolenti, esistono persone che rappresentano i cosiddetti "invisibili".

UNA STORIA TRISTE. Lui è uno dei tanti tra i tanti, a Cagliari, lo abbiamo incontrato per caso, dopo la segnalazione del giornalista pubblicista Alessandro Congia, (in arte Alessandrino) foto-reporter free-lance, che da tempo su Facebook e non solo, conduce una vera e propria "battaglia" contro le cosiddette ingiustizie e vicende che coinvolgono i più deboli e diseredati in città: Giuseppe ha deciso di "vincere" la vergogna, di uscire allo scoperto e di chiedere aiuto. Durante il giorno chiede l'elemosina alla gente che talvolta è di buon cuore ed altre volte no, di notte il suo letto (se così si può definire) è un cumulo di coperte sporche, con un tetto che non ha le sembianze di una parete domestica ma il grigiore di un androne fatiscente che da accesso agli uffici della Tesoreria dello Stato di via XX Settembre a Cagliari.

Alle Spalle, come lui stesso ci racconta, un'esistenza funestata da vicende di alcolismo anche tra le mura domestiche a Carbonia, cittadina in cui abitava con i genitori. Costretto ad andare via di casa, ha lavorato come servo pastore, poi il vizio del bere, per cercare di eludere tante delusioni sia sentimentali e non: «Vorrei che qualcuno mi aiutasse davvero -- dice -- vorrei entrare in comunità per stare bene e uscire da questo schifo di esistenza, poter avere un lavoro e in cambio mi accontenterei anche solo di poter mangiare e dormire, non voglio soldi -- continua Giuseppe -- ma da solo non riesco a smettere di bere».

LA SOLIDARIETA'. Le strade sono sempre più popolate di clochard: uomini e donne, italiani e stranieri, di età diverse, con alle spalle storie differenti. E un esercito di Volontari, soprattutto di notte, cercano in qualche modo di sopperire spesso e volentieri, all'assenza da parte delle Istituzioni per risolvere il triste fenomeno dei barboni. Il camper della Solidarietà, con i volontari guidati da Signora Gina, garantisce un po di cibo, acqua e coperte per chi vive tra una panchina o sotto un ponte, mentre gli "Angeli di Sardegna", coordinati da Giuseppe Leori e Giancarlo Murgia durante il servizio in strada, contano almeno una cinquantina di sbandati che oramai aspettano le "giubbe rosse" che assicurano loro un pasto caldo, coperte e talvolta le paste regalate da diversi titolari di bar in città. Tra i poveri che bazzicano tra via Roma, Piazza Deffenu, Via Sonnino, zona La Playa e altri quartieri a rischio, persone che, per scelta o necessità, occupano le strade e le piazze o dimorano in pseudo rifugi dove fetore, puzza e sporcizia convivono di pari passo.

Una vera e propria emergenza sociale che non si può ignorare.


Pregiudizi e indifferenza li rendono invisibili, ma i clochard esistono e vanno aiutati e Cagliari e conta a centinaia, tra Caritas e altre realtà che rappresentano assieme alle istituzioni e alle associazioni di volontariato, le prime a dover offrire aiuti e sostegno ai clochard, soprattutto quando le condizioni meteorologiche e gli atti di violenza compiuti da incivili mettono a serio rischio la loro vita, ma spesso come anche testimoniano vicende come questa, non bastano.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)