338-1938888 o 331-2460501/2/3 o 0172-55294[email protected]

News di Alcologia

Testimonianze...

testimonianze...

Io per 35 ( trentacinque) anni con alti e

bassi sono stato schiavo dell'alcol. Una vita fatta di mille inganni, di mille bugie, di mille maschere usate per nascondermi

per non mostrare mai il mio vero volto. Mi ricordo quando certe sere tornando a casa con la mente svuotata dall' alcol, mi

sforzavo di cercare l'eterna ultima bugia da inventare per la mia dolce compagna, e mi ricordo anche i suoi occhi sgomenti e

impotenti. Ma ero un tipo "brillante" con una storia, un militante, orgoglioso e caparbio ma sempre più prigioniero di una

categoria a cui non volevo accettare e di appartenere, Quella dei Dipendenti. Perchè l'alcol è una droga legalizzata che dà

dipendenza. Accadde a febbraio 2009: la vita mi presentò il conto. Dopo aver infranto l'ennesima promessa di restare

sobrio, la mia compagna mi mise alla porta, mi cacciò di casa. Nevicava quel giorno. Dicono che la neve sia soffice e

leggera, ma quel giorno ritornando a casa di mia madre, casa che avevo lasciato quasi quarant'anni prima per seguire i miei

sogni, mi ricordo che i fiocchi mi arrivavano addosso come sassate. Come fu mesto e doloroso il ritorno e ricordo ancora con

lacerante dolore il volto anziano di mia madre. Anche l'amico alcol mi aveva lasciato solo, non avevo più alibi, bugie nè

maschere ero nudo, anche le parole morivano in gola. Fu quello il momento peggiore della mia vita ma per la prima volta dopo

tanto tempo guardai il mondo in faccia da solo e senza filtri. Mi feci una domanda sola, una e perentoria, mi chiesi se la

vita mi interessasse ancora. La risposta non fu scontata come a molti potrebbe sembrare. Affrontare una vita senza alcol

significava essere come tutti gli altri, vulnerabili ai fatti della vita. Quante volte mi giustificavo, o venivo

giustificato, per il fatto di essere "troppo sensibile". Mi accorsi che tutti al mondo hanno la loro sensibiltà, e non tutti

diventano alcolisti. Era fin troppo facile per me dare la colpa alla "società" generatrice dei miei mali, ma il male maggiore

stava dentro me, era mia la colpa e di nessun altro. Essere uguali agli altri significava il riconoscimento dei miei limiti,

del fatto che da solo non potevo cambiare il mondo e sopratutto nessuno mi aveva chiesto di farmi carico di tutti i mali del

mondo. C'è un precedente e non è finito poi tanto bene. Come dice in poche parole Doriana non piace" non essere soddisfatti

di sè stessi": Da allora ho imparato ad accettarmi per quello che sono, non è stato facile e non lo è tuttora ma almeno sono

tornato credibile nella mia vulnerabile umanità, ho anche imparato a chiedere aiuto nei momenti in cui il buio sembra

prevalere riscoprendo così valori profondi come l'amore e l'amicizia. Chissa quanti di voi si dicono che l'alcol non è un

problema, "io smetto quando voglio", vi assicuro che non è vero da soli non si va lontano, chiedere aiuto è il primo decisivo

passo. Dico questo perchè in Italia esiste una cultura distorta dell'alcol. E' vero che non esiste nessun accadimento

conviviale senza cha si alzi il calice per un allegro brindisi, ma altresì vero che non ci si pone una domanda cruciale.

Perchè una sostanza che porta allegria, ad un certo punto diventa il punto di demarcazione tra una vita normale e una

dipendenza tossica? Valga per tutte una pubblicità che va per la maggiore: No Martini? No party. Nella sua stringata

semplicità il messaggio è devastante. Non bevi? Non sei nessuno. Scusami Doriana ma la tua bacheca stà diventando un po' come

il mio diario. Vladimiro alcolista, sobrio da 563 ( cinquecentosessantatre ) giorni.
Qualche giorno dopo lessi che la madre di Marianna Boccolini , una giovanissima ragazza morta con altri coetanei di notte in

auto a Narni, entra nella pagina di Facebook della figlia, per chiedere aiuto e chiedere che siano in tanti al funerale, la

ragazza aveva scritto: non mi piace morire, è l'ultima cosa che farò.
E allora passando da anonime persone amiche a me carissime, come Vladimiro Cordone, vado a una che anonima non è e sento

ancora vicina proprio come un amico, e ricopio quanto dichiarò Frank Zappa: "Io ho una teoria sulla birra: il consumo di

birra induce COMPORTAMENTI PARAMILITARI. Pensateci, gli avvinazzati NON marciano, chi beve whisky non marcia (a volte scrive

poesie, che sono anche peggio) e invece chi beve birra è sempre appassionato di cose che ASSOMIGLIANO A MARCIARE, come il

football. Forse c'è qualche additivo chimico nella birra che stimola il cervello (maschio) a fare violenza nella stessa

direzione degli altri che puzzano come loro (marciando): "NOI, COME GRUPPO DI UOMINI, BERREMO QUESTO LIQUIDO RINFRESCANTE,

DOPODICHÉ CI METTEREMO INSIEME E ROMPEREMO IL MUSO A QUEL TIPO LAGGIÙ". La birra sembra produrre risultati comportamentali e

psicochimici diversi da quelli prodotti da altre bevande alcoliche. L'alcol (la parte che ti fa ubriacare) è solo un

ingrediente; nella birra invece ci sono altre cose e queste (vegetali o biologiche) sono componenti che potrebbero avere

effetti sul cervello (maschio), creando questa tendenza alla violenza. Sissì, ridete pure, un giorno leggerete di qualche

scienziato che ha scoperto che il luppolo, accoppiato a certe famiglie di creature nel lievito, ha un misterioso effetto su

una qualche parte appena scoperta del cervello, che induce nella gente il desiderio di uccidere MA SOLO A GRUPPI (con il

whisky potreste avere la tentazione di uccidere la vostra ragazza ma la birra vi spinge a farlo mentre i vostri amici vi

guardano. È una bevanda ‘amichevole' - per divertimenti ‘tra amici').[...]Qualsiasi grande Paese industrializzato ha UNA BIRRA

(non puoi essere una vera Nazione se non hai UNA BIRRA ed una LINEA AEREA; avere una qualsiasi squadra di calcio o qualche

arma nucleare può servire ma in fondo in fondo è UNA BIRRA che fa una Nazione). «Un Paese è veramente un Paese quando ha una

compagnia aerea e una birra. E alla fine è di una bella birra che si ha più bisogno.»
Mentre sulle droghe, disse pure: "Durante una conferenza a San Francisco, qualcuno mi domandò: "Se lei è contro le droghe,

perché fuma?". Al che risposi che "per me la sigaretta è cibo. Trascorro la mia vita a fumare e a bere ‘l'acqua sporca'

[caffè] contenuta in questa tazza. Il concetto potrà forse apparire sfuggente a chi abita a San Francisco e crede che vivrà

in eterno se solo resta lontano dal tabacco". Ogni volta che faccio un'intervista salta fuori la questione droga, perché la

gente si rifiuta di credere che io NON ne faccia uso. In America pare che ci sia un consenso generale sul fatto che, siccome

ogni tipo di gente usa droghe, una persona non possa essere in alcun modo ‘normale' se non ne fa uso. Se dunque rispondo che

non uso droga, mi guardano come se fossi impazzito e mi chiedono altre cose al riguardo. Tra il 1962 e il 1968, all'incirca

in una decina di occasioni, ho sperimentato le gioie del consumo di marijuana in gruppo. Mi bruciò la gola e mi venne sonno.

Non riuscii proprio a capire perché alla gente piacesse così tanto (se mi fosse piaciuta probabilmente la fumerei ancora

oggi, visto che amo fumare). Gli americani fanno uso di droghe come se il semplice consumo conferisse una licenza speciale di

fare la TESTA DI CAZZO. A qualunque azione odiosa possano aver partecipato la sera prima credono di essere istantaneamente

scusati dicendo ‘che erano fatti mentre lo facevano'..."La migliore cosa che si possa dire su Jimi Hendrix è che è stata una

persona che avrebbe davvero fatto bene a non fare uso di droghe."
Avevo trovato interessanti indagini sui giovani e l'alcol, il sesso, le droghe...ritengo del tutto inutile dirvi statistiche,

studi sociologici e altre importanti analisi sul tema. Ma sentivo di parlarne, come si fa in famiglia, quella spesso che non

c'è più, nei momenti felici e nelle giornate difficili, che non si ammette neanche che esistano. " Ovunque proteggi la grazia

del tuo cuore..."