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The drinking Age

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The drinking Age


Due settimane fa sono stato protagonista di un rituale tutto americano: il ventunesimo compleanno. In Italia ormai, apparte la tradizione, quest'età non rappresenta nient'altro che un normale compleanno. Qui negli States invece, la vita dello studente universitario, e anche in parte di quello liceale, ruota attorno al mito del 21. E' il drinking age! L'età in cui ti è permesso bere e acquistare alcolici. Così, la sera del tuo ventunesimo compleanno è tutta dedicata all'inaugurazione della tua "nuova" relazione con Dioniso e passi dunque la nottata a bere i drink che i tuoi amici continueranno ad offrirti fino al tuo svenimento...intendevo dire sfinimento.


Cresciuto in una casa dove il vino a tavola non è mai assente, bere sostanze alcoliche non mi è mai sembrato particolarmente eccitante. Nonostante qualche notte occasionale di eccessi, ho imparato ad apprezzare e a non abusare dell'alcool. Al contrario molti miei coetanei statunitensi, già dal momento in cui a diciotto anni entrano nel college e quindi sono al di fuori del controllo dei genitori, lo usano come uno strumento per raggiungere quel livello di perdita di inibizioni che consente azioni che non farebbero mai da sobri. Escono la sera per bere fino al punto di non ricordare, così da poter fare le cose più pazze scusandosi poi la mattina dopo con un misero "I was blackout drunk", che vale come "ero così ubriaco da non essere cosciente di ciò che stessi facendo, perciò non è proprio colpa mia." Il blackout diventa lo stato mentale da raggiungere, l'obiettivo del sabato sera, nella speranza che nel frattempo ti succeda qualcosa di eclatante per cui tu possa mettere alla prova l'alterazione del tuo giudizio. Se pensavate che film e telefilm stile American Pie e Greek fossero esagerazioni, vi sbagliavate, è tutto vero.


Gli Americani crescono sentendosi dire che l'alcool è il male assoluto, che solo ad una certa età possono capirne gli effetti, e che rischiano di essere espulsi da scuola o anche di farsi la notte al gabbio se beccati a farne uso. Come la mela d'Adamo, non c'è da stupirsi se molti, quando ne hanno l'opportunità, ne fanno abuso. Non sanno come si beve perché nessuno glielo ha mai insegnato. Gli hanno solo detto che non gli è permesso farlo, e quando arriva il momento in cui possono, lo fanno senza porsi limiti. Vedono come nel resto del mondo i loro coetanei ne hanno diritto e si sentono quindi in qualche modo repressi. Quante volte abbiamo visto scene pietose di giovani turisti americani che si rendono ridicoli nelle piazze nostrane dove gli è permesso ciò che a casa loro è considerato una grave violazione?


Tutto ciò è il risultato di una legge che molti americani (anche sopra l'età legale) non apprezzano. Come negli anni del proibizionismo, si è creato un forte contrasto tra la pesante stigmatizzazione del underage drinking da parte dello Stato e la reazione ribelle del pubblico. E' possibile credere che un giovane tra i 18 e i 21 anni di età non sia abbastanza maturo per bere responsabilmente, ma nonostante ciò questa legge crea un paradosso. Di fatto l'America riconosce che compiuti diciotto anni si sia abbastanza responsabili per decidere di mettere a rischio la propria vita al fine di servire la Patria, per votare, per fumare (in quasi tutti gli Stati), e anche per guidare (quest'ultimo già a sedici anni), ma non sei abbastanza responsabile per bere. Che senso ha? Nessuno.


Nella maggior parte degli Stati Uniti la legge non permette agli underage nemmeno di bere accompagnati, cioè in presenza dei propri genitori, e quindi teoricamente nemmeno di bere a casa. Non sono molte le famiglie che la seguono alla lettera, ma questa legge riesce comunque a creare un ambiente in cui l'alcool è percepito come il massimo corruttore della gioventù. E' così che, se cresce seguendo la legge, uno dei tanti giovani soldati americani intorno al mondo morirà per la Patria senza mai sapere qual'è il gusto di mangiare la carne con un buon bicchiere di vino rosso, bere champagne a capodanno, o condividere una birra con gli amici davanti alla partita.


Ritornando al ventunesimo compleanno, sapete che succede? Neanche a dirlo, dopo la grande bevuta (finalmente legale), l'abitudine al blackout del sabato sera diventa solo un ricordo.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)