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Ticino, inizia il "mese delle dipendenze": intervista allo psicologo Lorenzo Pezzoli

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«Le dipendenze sono delle malattie»
Lo psicologo e psicoterapeuta Lorenzo Pezzoli è tra gli organizzatori del «Mese delle dipendenze».
L'alcolismo è una delle dipendenze più pericolose. Dal 10 novembre inizia il «mese delle dipendenze»: i problemi e le risposte ad alcolismo,

tabagismo, videogiochi, internet...
Intervista a Lorenzo Pezzoli, psicologo e psicoterapeuta tra gli organizzatori della manifestazione.
Cooperazione: Con un pomeriggio di formazione e una serata pubblica, il 10 novembre inizia il «Mese delle dipendenze». Ci spieghi prima di  tutto cosa si intende con «dipendenza»?
Lorenzo Pezzoli: Se stiamo nella definizione ufficiale, dell'Organizzazione mondiale della sanità per intenderci, è una malattia. C'è poi una

lettura di carattere antropologico che parla piuttosto di una manifestazione sintomatica di sofferenze, disagi e dolori. Come la gran parte

delle malattie, la dipendenza non ha un esordio improvviso, ma è figlia di un percorso dove spesso il soggetto non ha trovato risposte o

risposte giuste alle domande che incontrava lungo il suo cammino; oppure non ha saputo o potuto cogliere gli aiuti e le opportunità che via

via gli erano offerti.
Non è quindi per caso che il titolo della manifestazione è al plurale...
Certo e direi di più: con il concetto di dipendenza oggi è consolidato non fare neppure più riferimento solo a un dimensione di legame con un

oggetto chimico o una sostanza. Si può essere dipendenti anche dagli affetti, da comportamenti, dai pensieri, tanto per essere chiaro. Una

volta si diceva che il dipendente è «schiavo» e da qualche parte questi termini popolari un po' demodé rispondono bene alla realtà, cioè l'

incapacità del soggetto di prendere distanza dal suo comportamento.
Ci sono delle strade che portano alla dipendenza?
Certo, e sono tantissime. Giocano il loro ruolo tre fattori. Prima di tutto il soggetto: il suo temperamento e le caratteristiche che gli

arrivano dalla sua configurazione genetica; poi le istanze educative e intendo scuola e famiglia, ma anche qualunque adulto che entra in

contatto con un minore. Infine, il gruppo dei pari, quindi gli amici, che nella fase adolescenziale hanno una credibilità e un fattore di

interlocuzione maggiori rispetto agli adulti.
In termini quantitativi, quanto è diffusa questa malattia in Ticino?
È relativamente diffusa, soprattutto se consideriamo la sua accezione più estesa, quella non legata solo alle droghe legali e illegali per intenderci, ma assumendo, per esempio, il gioco d'azzardo, internet e le tecnologie, o il lavoro.
Il dipendente è chi non ha trovato risposte, diceva poc'anzi. Cos'altro lo caratterizza dal punto di vista dello specialista?
Ogni soggetto ha una sua unicità e un suo percorso. Quando una dipendenza si struttura, l'elemento centrale è un progressivo isolamento, la compromissione della propria quotidianità, la perdita di affetti importanti e di relazioni significative. Uno scenario che si fa vieppiù desolato, dove al centro, in modo sempre più pervasivo, sta la sostanza o il comportamento di dipendenza a cui il soggetto fa riferimento per ogni sua scelta.
Ci sono dipendenze che devono preoccuparci più di altre?
Sulla base di dati epidemiologici direi il tabagismo e l'alcolismo, perché sono quelle che fanno più danni e mietono più vittime. Possiamo

però usare anche altri criteri: per esempio, quali creano più in fretta problemi; e qui citerei la cocaina e l'eroina per quanto attiene il

mondo delle droghe. Dipende, insomma dal parametro che utilizziamo. Così come la dannosità di una sostanza prescinde dal suo statuto legale o meno, allo stesso modo la problematicità di un comportamento prescinde dalla sua legalità, come nell'evidente caso del gioco o di internet. È sempre il rapporto del soggetto con quell'oggetto, sostanza, persona o comportamento, che fa la differenza. Paradossalmente non dovremmo preoccuparci solo delle sostanze o dei comportamenti ma da quanto affidiamo - e lo facciamo in modo esclusivo - a sostanze o comportamenti il nostro benessere, la nostra serenità, il nostro piacere.
D'accordo. E se affidiamo benessere, serenità e piacere a uno psicofarmaco?
La parola «farmaco» viene dal greco e ha due accezioni: da un lato richiama la medicina che cura e dall'altro il veleno che uccide. Ed è

proprio così: se è somministrato da un medico con il necessario monitoraggio è indubbiamente una cura utile e preziosa. In caso contrario, il

rischio che il farmaco diventi un veleno, aumenta di molto.
Cosa deve fare il genitore che ha l'impressione che suo figlio ha un problema di dipendenza?
Parlargli, e mostrare disponibilità all'ascolto, sapendo che la rispostaccia non è necessariamente una cattiva risposta. Significa che si è

toccato un punto sensibile sul quale anche il soggetto percepisce una crisi, un conflitto interno. Una parte di aggressività dell'altro

arriva addosso, ma sul lungo termine non essere indifferenti è pagante.
Nel caso di sostanze illegali, spesso il figlio replica che si tratta di comportamenti occasionali. Questo deve tranquillizzare il genitore?
In tali frangenti è importante, prima di tutto, capire cosa sta succedendo a me come genitore, perché aiuta a essere comprensivi nel modo

migliore nei confronti dell'interlocutore. Essere comprensi­vi non significa essere accondiscendenti, ma disponibili a capire e ad ascoltare.

Detto in altre parole, non vuol quindi dire «pacche sulle spalle» e la questione è chiusa.
Nel caso di videogiochi o pc la tendenza è piuttosto a dire che la legge non lo vieta e, in fondo, è vero...
Certo. È lo stesso principio che evocavo prima per le sostanze legali: si tratta di regolamentarne l'uso, sapendo che la regolamentazione

contiene la proibizione ma non ne fa lo strumento principale. In breve, bisogna aiutare il ragazzo a capire che i limiti sono utili per poter

godere dell'oggetto o del comportamento che si attua. Senza limiti, il divertimento può diventare tragedia.
Dove può documentarsi chi vuole capire in quale pasticcio si è cacciato suo figlio?
Nel bene e nel male su internet si trova tutto. Certe informazioni devono però essere mediate da uno specialista, e ciò vale anche per la

medicina. Esistono servizi e centri e credo valga davvero la pena utilizzarli. È un segno di capacità, di forza e di intelligenza.
Torniamo all'aspetto legislativo; sarebbe favorevole a un inasprimento delle sanzioni?
Per me quando ho davanti un soggetto che ha problemi con una sostanza o comportamento, che la sostanza sia legale o meno, è secondario rispetto ai significati e ai problemi che quel comportamento produce.
Ma la sanzione educa...
A volte l'incontro con la giustizia scuote da un'apatia che si era in qualche modo strutturata. Il cocainomane, per esempio, prende spesso

coscienza del suo stato e dei suoi problemi con la droga molto tardi, e allora il
confronto con la legge può essere utilissimo perché lo riporta alla realtà. Ci sono persone che mi hanno detto «se non mi fermava la polizia

io mi facevo fuori». E io gli credo.
La sofferenza di un dipendente è anche il disagio di chi gli sta vicino; che spesso resta solo. Quali sono le risorse per alleviare il suo

malessere?
Il «Mese delle dipendenze» vorrebbe mobilitare proprio le persone confrontate con questa solitudine. A loro dico: l'importante è sospendere

l'aspetto del giudizio. Per questo il 10 novembre alla Clinica Psichiatrica di Mendrisio abbiamo voluto cominciare con il tema della

famiglia: siamo tutti famiglia e occorre riscoprire la dimensione comunitaria per sentirsi meno soli nel disagio.


Lo psicologo e psicoterapeuta Lorenzo Pezzoli è tra gli organizzatori del «Mese delle dipendenze», manifestazione che fino al 1° dicembre si

snoderà tra Bellinzona, Locarno, Lugano e Mendrisio. Specializzato in psicoterapia psicoanalitica, Pezzoli dirige «Ingrado sostanze

illegali». Questa istituzione comprende una serie di ambulatori nel Sottoceneri e un centro di bassa soglia a Lugano. Pezzoli ha inoltre un'

attività come psicoterapeuta a Mendrisio, comprensorio nel quale è anche domiciliato. È infine membro della Società svizzera di psicologia

della circolazione e psicologo del traffico per il Cantone.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)