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Trieste: allarme alcol in città

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Trieste: allarme alcol in città

Allarme alcol in città. Le istituzioni ai ripari: «Ragazzi da educare» Il questore: «Fosse solo un problema di polizia, lo risolverei»

Poropat: «Se ne parli in classe, come fosse una materia»

Quei fiumi di alcol che s'ingrossano di anno in anno e rompono gli argini fra i giovanissimi - molti dei quali, certe notti, anche per le

strade più centrali di Trieste, mostrano di non provare alcun pudore nello sballarsi in pubblico - sono per amministratori pubblici e addetti

ai lavori una distorsione culturale. Una vera patologia della società. E come ogni malattia seria, secondo quegli stessi politici e "tecnici"

di settore, è meglio tentare di prevenirla - con nuovi mirati progetti di educazione e informazione, tanto a scuola quanto direttamente nei

luoghi dello svago - piuttosto che limitarsi a curarla, con i meri strumenti del controllo, della deterrenza e della repressione, affidati

alle forze dell'ordine. Strumenti che vanno comunque, evidentemente, sostenuti.
Belle parole, magari in parte già dette e sentite. Adesso però tornano di prepotente attualità ai piani alti delle istituzioni cittadine - e

con la promessa di un ulteriore innalzamento della "guardia" e di nuove iniziative da promuovere - all'indomani della disarmante denuncia sul

Piccolo di Enrico Sbriglia, che nei suoi panni di direttore del carcere aveva parlato di «poca attenzione verso i giovani» e della necessità

di «più controlli».
Il questore Giuseppe Padulano, per primo, sembra trattare la questione col cuore in mano. «L'attitudine al bere e al bere molto tra i giovani

- rileva - è un nuovo modo, sbagliato, di aggregarsi. È, in un certo senso, una moda, un fenomeno negativo di costume. Fosse esclusivamente

un problema di polizia ne sarei felice, perché avrei a disposizione gli strumenti per risolverlo. Ma non è così. Ci sono molte espressioni

della società chiamate qui a fare la loro parte, noi compresi. Sono però la famiglia e la scuola ad avere, in questo caso, un ruolo

certamente fondamentale». Concorda la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. Che, anzi, mette giù una battuta da prendere

sul serio: che l'educazione al bere entri nelle scuole come fosse «una materia d'insegnamento». «Effettivamente - dice la numero uno di

Palazzo Galatti - anche dal nostro osservatorio abbiamo verificato che esistono un uso ed un abuso di alcol tra i ragazzi che pongono

problemi di carattere generale. Qui c'è da pensare a maggiori controlli, anche nei locali e nei negozi che vendono alcolici, ma prima di

tutto bisogna battere sulla formazione-informazione. Noi, come Provincia, abbiamo promosso la mostra nelle scuole della Sissa sui danni al

cervello derivanti dall'abuso di sostanze alcoliche, e soprattutto abbiamo sostenuto l'Overnight, dove il bus, in fondo, è un pretesto per

arrivare a parlare proprio con i ragazzi».
Tale progetto, che l'Azienda sanitaria porta avanti con i giovani operatori delle cooperative sociali (Quercia e 2001), dell'associazione

Etnoblog e di quella dei familiari degli assistiti del Sert, sarà spostato - com'è stato annunciato di recente - da Sistiana al centro città,

perché è così che ha a sua volta traslocato il problema alcol dopo la stretta imposta con un certo successo dalla Questura ai "baracchini" di

Sistiana. «Overnight - spiega Roberta Balestra, direttore del Sert - è un'attività di prevenzione secondaria, mirata, va dove c'è consumo,

non è un'attività di educazione che arriva scuola, a tutti indistintamente. La nostra idea, a fronte di questo significativo incremento del

fenomeno nella zona urbana, risorse permettendo e collaborazioni istituzionali permettendo, è di fare un investimento proprio sulla zona

urbana a partire da quest'inverno. Su quest'argomento la Provincia è sensibile. Vorremmo però incontrare e coinvolgere il Comune».
Una prima risposta incoraggiante, benché generica, arriva da Roberto Cosolini: «Siamo disponibili - assicura il sindaco - a tutte le forme di

collaborazione tra le istituzioni. È un fatto di cultura, è vero. Bisogna favorire attraverso la proposta di nuove opportunità di svago, e

noi ci stiamo muovendo in tale direzione, l'affermarsi di una cultura del tempo libero che non contempli, com'è per alcuni ma di sicuro non

per tutti, solo l'abitudine all'aperitivo, allo stare davanti al banco del bar».


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)