Trieste: i ragazzi «Qui non c è altro da fare»
alcol alcolici dipendenza prevenzione giovani alcolismo
«Io non bevo, ma i miei amici sì». È questa la risposta più frequente dei ragazzi alla scomoda domanda sul loro rapporto con l'alcol. Viene da chiedersi allora dove siano questi irrintracciabili amici. Quando si tratta di motivare l'uso di alcolici, invece, tutti hanno le idee chiare. Per rilassarsi, dice la maggior parte di loro. Ma anche per diventare più loquaci; per dimenticare i problemi; per essere in sintonia con gli altri. I più audaci raccontano di farlo per il piacere dello sballo, i più modaioli perché è di tendenza, i timidi per essere meglio accettati dal gruppo. Per rendersi conto che il problema esiste basta passare un sabato sera per le strade del centro, dove ai giovanissimi che fanno capannello davanti ai locali difficilmente manca un bicchiere in mano. «Bevo solo il sabato sera», è la giustificazione più frequente degli studenti tra i 14 e i 18 anni che ammettono di ingurgitare sostanze alcoliche. La bevuta infrasettimanale arriva solo dopo, con il passaggio all'Università. Ma i primi bicchieri si provano in media a 13, 14 anni. Spesso l'alcol va di pari passo con la noia. «Se vado a vedere un concerto mica mi alcolizzo», racconta Simone, 16 anni, «è che a volte non c'è niente da fare. Così con gli amici si va al bar per l'aperitivo e poi ci si resta fino a notte». Per parlare con gli studenti delle scuole superiori dei pericoli connessi all'abuso di alcol l'Astra (Associazione per il trattamento delle alcoldipendenze) ha organizzato un convegno, dal titolo «Alcol - Non ho la più pallida idea», con dei relatori un po' speciali. Non i medici e gli psicologi che solitamente danno un parere da esperti sull'argomento, ma i ragazzi stessi, chiamati a presentare un progetto creativo sul tema dello sballo alcolico. All'invito hanno risposto in tanti e alla Stazione Marittima, davanti a una sala gremita di giovane pubblico, le scuole partecipanti all'iniziativa hanno presentato ciascuna il proprio progetto. Coordinati dalla psicoterapeuta Francesca Perini, a descrivere i danni causati dall'alcol sono saliti in cattedra gli studenti del Petrarca, del Galvani, del Deledda, del Carli, del Volta e del Carducci. Chi con una presentazione in power point, chi con un video, chi con una testimonianza personale, i ragazzi hanno descritto ai loro coetanei le mille sfaccettature del problema. Lo sballo alcolico è stato raccontato utilizzando miti e linguaggi della generazione degli anni '90, alternando momenti di riflessione a divertenti intermezzi. Per rappresentare il bevitore accanito è stato chiamato in causa il più simpatico ubriacone dei cartoni animati, Omer Simpson, notorio amante della birra. E per raffigurare le dipendenze da droga e alcol sono state scelte le celebrità in carne e ossa, da Britney Spears a Amy Winehouse, da Johnny Depp a Colin Farrell. Prima di passare la parola ai ragazzi è intervenuto il presidente di Astra, Claudio Zaratin, che ha sottolineato gli scopi del convegno: non demonizzare l'alcol, ma farne conoscere i rischi connessi all'abuso. Oltre ai saluti istituzionali, per iscritto sono arrivati anche quelli di Pino Roveredo, scrittore dal passato tormentato, che ha regalato ai presenti una breve riflessione personale. «Per 20 anni - ha scritto ai ragazzi - ho preso la vita in maniera sbagliata. Ora posso dirvi che più che bravo a uscire dal circolo vizioso, sono stato stupido ad entrarci».