Tutto sul vino
vino alcol alcool
Cos'è
Il vino è una bevanda alcolica fermentata, ottenuta unicamente dalla fermentazione, totale o parziale, dell'uva, pigiata o non, oppure del mosto d'uva.
I Greci lo chiamavano oinos, da cui deriva la parola enologia; i Latini vinum, parola di remotissima origine sanscrita, da cui è derivata la terminologia delle moderne lingue europee che designa la bevanda oggetto del nostro discorso: dal wein germanico al wijn olandese, dal wine anglosassone, al vino spagnolo, al vinho portoghese, al vin francese.
L'uva da vino a sua volta è il frutto della vite, per lo più della specie Vitis Vinifera oppure da un incrocio fra la suddetta specie ed altre del genere Vitis, come la Vitis Lambrusca, la Vitis Rupestris ed altre. In Italia per produzione enologica possono essere pigiate oggi solo uve della specie Vitis Vinifera.
La storia
Risalgono a due milioni di anni orsono i tralci fossili di Vitis Vinifera rinvenuti in Valdarno, della quale altri reperti archeologici attestano la diffusione spontanea già trecento milioni di anni fa. Trattasi dunque di una pianta antichissima spontaneamente presente già da milioni di anni nelle zone temperate del nostro pianeta, nelle quali si alternino le quattro stagioni.
Secondo l'attestazione della Bibbia (Genesi 9, 20-27 ) il primo ad aver piantato una vigna e quindi ad aver introdotto la coltivazione della vite dopo il Diluvio Universale fu Noè, discendente diretto di Adamo ed Eva, vissuto appena dieci generazioni dopo gli stessi e quindi molto poco dopo la creazione del genere umano: secondo la stessa fonte, fu lui personalmente il primo ad aver libato abbondantemente ubriacandosi e sperimentando l'effetto collaterale del "liquor d'uva" su chi alza il gomito. A prescindere tuttavia dal pur rispettabilissimo racconto biblico, i primi che gustarono tale bevanda furono probabilmente gli ominidi del neolitico ( 6500 circa a.C. ) in una scoperta a dir poco casuale, dovuta peraltro a naturale fermentazione avvenuta spontaneamente in contenitori dove era stata poggiata l'uva raccolta: in situazione analoga dovette verificarsi spontaneamente la prima lievitazione spontanea del pane.
Secondo attestazioni storico-archeologiche solo da poche migliaia di anni l'uomo ha iniziato a produrre vino: cominciarono a coltivare la vite i popoli che abitavano le rive del Mar Caspio, poi quelli della Turchia orientale, i Sumeri nella Mesopotamia, successivamente una coltivazione più estesa e conseguente maggior produzione enologica si ebbe ad opera degli Egizi nelle pianure nilotiche, successivamente in Grecia e quindi ad opera dei contadini Etruschi nella nostra penisola; nella Roma classica giungevano da ogni angolo dell'impero e si consumavano quotidianamente già molti tipi di vino, anzi nella città che era "caput mundi" il vino divenne una bevanda di largo consumo alla portata delle masse. Giova precisare però che come tecnica di conservazione del prodotto allora si usava la bollitura per cui il vino puro, il "merum", per un normale fenomeno di concentrazione, risultava essere una bevanda sciropposa molto dolce e soprattutto molto alcolica, bevuta allo stato puro solo dagli intemperanti: ne scaturiva la necessità di diluirla con acqua mista a miele ed altre spezie per rettificarne il sapore: il vino mielato. Alla caduta dell'Impero Romano si ebbe una forte involuzione anche per la coltivazione della vite che sopravvisse intorno ai conventi ed alle abbazie dei monaci benedettini e cirstercensi fino alla ripresa carolingia voluta in particolare da Carlo Magno . È proprio nel Medio Evo che si mettono a punto le nuove tecniche di coltivazione e produzione, giunte peraltro immutate fino al 1700 allorquando nasce un prodotto inteso in senso moderno, stabilizzato nel gusto e nella qualità, imbottigliato in bottiglie di vetro tappate con sughero.
Durante il XIX secolo, orsono circa 200 anni, nella vecchia Europa si diffusero parassiti di origine americana i quali in pratica distrussero la vite europea: la fillossera attaccò le radici delle piante, peronospora ed oidio attaccarono foglie e grappoli. Dalla fillossera i coltivatori impararono a difendere le loro piante utilizzando radici americane di Vitis Lambrusca che ne sono immuni, su cui si innesta ancora oggi la parte fruttifera, che è europea; dalla peronospora ci si difende con prodotti a base di rame, dall'oidio con lo zolfo: l'industria chimica ha reso disponibili prodotti fitosanitari molto meno velenosi di una volta, che vanno applicati alla cadenza di 10-12 giorni e l'ultimo trattamento deve essere posto in essere almeno 45 giorni prima della vendemmia.
Il processo di vinificazione
Esaurita questa zumata di ordine storico, avviamoci ora a parlare della vinificazione vera e propria, cercando di illustrare come si crea il vino che, giova ricordare, è opera della natura e dell'uomo, dal momento che la sola natura creerebbe solo aceto.
Per i vecchi contadini o per chi amava farsi il vino da sé era indispensabile disporre delle migliori uve possibili, in ragione di circa 70 litri di vino per un quintale di uva, conoscendone la vigna di provenienza, l'impianto del vigneto, il tipo di vitigno, il fattore climatico ed il momento migliore per la raccolta, in funzione del vino che si vuole produrre: per lo spumante infatti la raccolta va leggermente anticipata per avere un maggior quantitativo di acidi nell'uva, successivamente, man mano che l'uva matura ulteriormente, diminuiscono gli acidi e si incrementano gli zuccheri; allorquando il bilanciamento viene ritenuto ottimale si raccoglie l'uva.
La prima operazione dunque è la raccolta delle uve, cercando di non danneggiare gli acini, seguono la pigiatura e la diraspatura per separare i raspi dagli acini: all'uopo esistono in commercio pigiadiraspatrici manuali molto rispondenti per piccole quantità di uve.
A questo punto della vendemmia abbiamo il mosto, un liquido zuccherino costituito per il 70-80% da acqua, glucosio, fruttosio, ricco di un elevato numero di sostanze fra cui l'acido tartarico, l'acido malico, l'acido citrico: tali acidi determinano l'acidità totale del vino oscillante di solito fra 4 e 8 gr. per litro; altri componenti sono infine tannini e pectine.
È il momento di aggiungere il metabisolfito o trefosolfina dalle proprietà antisettiche, antiossidanti, che favoriscono la precipitazione di sostanze in sospensione da eliminare. Il mosto così ottenuto va deposto in un contenitore munito di rubinetto, precedentemente lavato con acqua bollente e disinfettato facendovi bruciare parte di un dischetto di zolfo che si ha l'accortezza di non inalare all'apertura: tale operazione va ripetuta ad ogni nuovo utilizzo.
Oggi per praticità si preferisce usare recipienti in acciaio inox i quali vengono riempiti di mosto e tappati in modo da lasciare uscire i gas di fermentazione, avendo avuto cura di isolare il liquido dall'aria aggiungendo olio enologico in rapporto al volume del contenitore. I grandi produttori utilizzano in questa fase contenitori che con apposite griglie tengono le bucce in completa immersione, per le produzioni piccole o comunque a livello familiare le bucce vengono affogate due volte al giorno sia per evitare che ossidandosi irrancidiscano il mosto, sia per abbassare la temperatura della massa la quale fermenta a 18°-20°: oltre i 37° la fermentazione alcolica cessa. Sono i lieviti infatti, presenti nelle bucce o anche aggiunti dall'uomo, ad innescare il processo della fermentazione alcolica durante la quale gli zuccheri si trasformano in alcol etilico ed anidride carbonica con emissione di calore; la fermentazione cessa con l'esaurirsi degli zuccheri:
C6H12O6 → 2CH3CH2OH + 2CO2
Al fine di incrementare il grado alcolico, in Europa Unita, anche con recente provvedimento di legge, è consentito lo zuccheraggio, un procedimento a basso costo da non dover dichiarare nemmeno in etichetta, laddove in Italia era previsto e dai produttori è stato sempre praticato un ben più costoso arricchimento a mezzo di mosto di vino concentrato.
In questo momento del processo possiamo inquadrare la tecnica di fermentazione con macerazione per i vini rossi, lasciando nel mosto le bucce per i primi 5 giorni, oppure la tecnica di fermentazione senza macerazione, per i vini bianchi eliminando le bucce dopo un giorno. Per completezza di informazione è doveroso dar cenni sulla tecnica della vinificazione in rosato, in base alla quale le bucce vengono lasciate nel mosto solo per il tempo necessario a far diventare il vino rosato ed infine, limitatamente ai vini novelli, la macerazione carbonica, in base alla quale l'uva pigiata viene inserita in un contenitore per 15 giorni insieme ad anidride carbonica per essere fatta fermentare poi per 2 o 3 giorni: pochi giorni dopo il vino novello è disponibile per la commercializzazione.
Il momento successivo è quello della svinatura: il mosto è separato dalle bucce e, quando trattasi di piccole partite d'uva, raccolto in contenitori maneggevoli, quali damigiane fra le quali tutte viene distribuito anche quello fuoriuscito dalla pressatura delle bucce rimaste ancor piene di liquido sul fondo del tino; il resto del mosto si custodisce in un recipiente a parte per rifondere il quantitativo di mosto che verrà a mancare. Per la grande produzione ovviamente si ricorre a capienti tini.
In questa fase, che è la più delicata, sono necessari dei tappi appositi, adatti a favorire la fuoriuscita di anidride carbonica impedendo all'aria di entrare.
Dopo una ventina di giorni il mosto cessa di essere in ebollizione, ed allora, in concomitanza con la Luna in fase calante e possibilmente durante una giornata asciutta, si potrà procedere al primo travaso operando in modo da lasciare sul fondo tutta la feccia non solo per un motivo di limpidezza del colore ma anche per la presenza di batteri pericolosi per l'ottima riuscita del vino stesso. In questa fase un esperto enologo, in base al campione analizzato, potrà suggerire dei correttivi naturali, acido citrico o tartarico, di cui quel prodotto necessita per la buona conservazione e il miglioramento delle qualità organolettiche, oppure della bentonite per la chiarificazione del vino: il quantitativo di liquido mancante viene rifuso con quello precedentemente tenuto da parte, sempre in assenza di aria.
Dopo 30 giorni ancora eccoci al secondo travaso, avendo avuto cura di aggiungere in ogni contenitore un po' di bentonite chiarificatrice circa una settimana prima: il vino è pronto per essere bevuto, ma è conveniente lasciarlo almeno fino a Natale.
Durante il periodo invernale la maturazione, a seconda della corposità del vino, in grandi botti o in più piccole barrique di vecchio rovere a temperatura uniforme del fresco delle cantine è ormai un classico.
Le caratteristiche
Al momento limitiamoci a conoscere bene il vino nelle sue caratteristiche peculiari.
Il vino, a differenza di quanto detto del mosto, è costituito da una soluzione idroalcolica nella quale figura quale componente anche l'alcool etilico in quantità compresa fra gli 80 e i 140 millilitri per litro, corrispondenti ad 8° e 14° alcolici; nel vino sono presenti ben 600 sostanze, molte delle quali già componenti del mosto, fra cui gli acidi: essi si dividono in acidi fissi, come l'acido tartarico, malico, succinico ed altri ancora, ed acidi volatili, distillabili nel vino portato a temperatura di ebollizione, quale l'acido acetico: se questo è presente in quantità eccessiva, il vino è prossimo ad acetificarsi. La somma degli acidi determina il valore dell'acidità totale del vino.
Figurano altresì i Sali degli acidi suddetti, le sostanze coloranti, diverse dal vino bianco al vino rosso, altri tipi di alcool, glicerina, sostanze proteiche, alcune vitamine, i componenti delle sostanze che danno profumi e sapori, anidride carbonica che, se presente in quantità notevoli, rende i vini frizzanti, ed infine nei vini rossi figurano i tannini caratterizzati dal gusto amarognolo ed astringente.
Nel 1900 in Francia si cominciarono a redigere le prime normative intese non solo a regolamentare la produzione con l'origine controllata e la definizione dei territori di produzione, ma anche ad incrementare la qualità a scapito della quantità.
La classificazione dei vini
Oggi nell'Unione Europea produzione e classificazione dei vini sono disciplinate da appositi regolamenti comunitari e da relative norme nazionali applicative, secondo cui i vini vengono classificati in due categorie fondamentali:
1.VINI da TAVOLA Prodotti nella Comunità Europea vendemmiando uve autorizzate e non sottoposti a una particolare disciplina di produzione;
2.VINI di QUALITÀ Prodotti in Regioni Determinate (VQPRD) nel rispetto di uno specifico disciplinare di produzione nel quale sono definiti i tipi di uva, la zona di produzione, il grado alcolico, l'invecchiamento ed altri parametri.
I Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate comprendono ancora le seguenti sottocategorie:
Vini Liquorosi di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (VLQPRD)
Vini Spumanti di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (VSQPRD)
Vini Frizzanti di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (VFQPRD)
In Italia tutta la normativa si rifà alla legge 116/63, in base alla quale fu emanato il D.P.R. 930/63 sulle caratteristiche produttive dei vari vini che vengono nettamente distinti fra loro, mentre i produttori venivano incentivati ad una produzione di selezione e di qualità.
I vini speciali - aromatizzanti, liquorosi, mistelle, spumanti - furono invece regolamentati nel DPR 162/65.
Successivamente il D.P.R. 930/63 fu modificato dalla legge 164/92 che identificava i vini in una scala qualitativa consentendo l'identificazione dei vini migliori:
Vini da tavola,
Vini da tavola con indicazione geografica tipica (IGT)
Vini di qualità prodotti in regione determinata (VQPRD)
Vini a denominazione di origine controllata (DOC)
Vini a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG)
Vini di qualità prodotti in regione determinata (VQPRD, DOC, DOCG)con indicazione della sottozona (comune,frazione, fattoria,podere, vigna).
Vini a denominazione di origine controllata (DOC) e vini a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG)
La produzione dei Vini DOC e DOCG è disciplinata da apposita normativa intesa a tutelare e garantire le condizioni in base alle quali il prodotto possa rientrare nei requisiti necessari per acquisire tale livello qualitativo, per cui queste tipologie di vini, in rapporto ai sottoelencati parametri, sono sottoposti a controllo delle caratteristiche chimico - fisiche ed organolettiche in tutta la durata della produzione ed i DOCG anche in fase di imbottigliamento:
la denominazione di origine
i terreni di produzione dell'uva
la resa massima per ettaro
il minimo titolo alcolometrico
le caratteristiche fisico - chimiche
Apposite commissioni di esperti giudicano e promuovono o meno tutto il prodotto.
Oggi le produzioni DOC sono superiori a 260 con oltre1500 sottodenominazioni, le DOCG assommano a 33.
Per denominazione di origine (DOC) dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola; tale denominazione è utilizzata per identificare un prodotto rinomato e di qualità, le cui caratteristiche sono connesse all'ambiente naturale e all'opera dell'uomo, in una specifica normativa di produzione approvata con Decreto Ministeriale. Il primo vino ad ottenere il riconoscimento DOC è stato il Marsala con decreto 930/63, ma c'era già stato il decreto legge del 1931 in relazione alla delimitazione del territorio di produzione.
La categoria DOCG è riservata a vini che siano già riconosciuto DOC da cinque anni almeno, che, per quanto attinente alle loro caratteristiche intrinseche, siano ritenuti di particolare pregio rispetto ad analoghi vini, che abbiano meritato rinomanza nazionale ed internazionale. Tali vini, in base al disciplinare che ne regola la produzione, sono sottoposti ad analisi chimico - fisica nonché ad esame organolettico da ripetersi per singole partite, per i DOCG è inoltre prevista una analisi sensoriale, l'assaggio, da parte di esperti riuniti in apposite Commissioni.
DOC e DOCG sono le menzioni tradizionali utilizzate in Italia per designare i Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate: VQPRD; alcuni di essi possono fregiarsi delle diciture "Classico", "Riserva", "Superiore":
"Classico" è il vino prodotto in una zona di origine più antica nell'ambito della medesima DOC e DOCG; "Riserva" compete ai vini che abbiano trascorso un periodo di invecchiamento più lungo di quanto previsto nel disciplinare; "Superiore" è la qualifica attribuita ai vini che abbiano un grado alcolico più alto di quanto previsto nel disciplinare.
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Vini Indicazione Geografica Tipica e Vino da tavola
I Vini ad Indicazione Geografica Tipica (IGT) sono prodotti in determinate zone o aree geografiche - autorizzate per legge - qualche volta anche in base ad un generico disciplinare di produzione; essi possono riportare in etichetta oltre all'indicazione del colore, anche quella del o dei vitigni utilizzati nonché dell'annata di raccolta delle uve.
In Val d'Aosta in luogo della menzione IGT si può trovare Vin de Pays e Landwein in provincia di Bolzano.
In genere i vini di questa categoria sono di alta qualità, la loro classificazione può dipendere da scelte commerciali del produttore o anche per l'impossibilità di rientrare nei disciplinari dei vini di qualità delle zone di produzione a causa della composizione dei vitigni utilizzati.
Vino da Tavola. In tale categoria rientrano vini prodotti senza l'osservanza di particolari disciplinari: tale è appunto il significato della dicitura "Vino da Tavola" che non significa necessariamente qualità mediocre o scadente, anzi in questa categoria si possono anche trovare degli ottimi vini di grande qualità e prestigio. Essi riportano in etichetta l'indicazione " Vino da tavola ", nome o ragione sociale dell'imbottigliatore; unicamente a livello facoltativo può essere riportata l'indicazione del colore bianco, rosato o rosso, ma non il o i vitigni di provenienza e l'anno di produzione.
I vini DOC, DOCG e IGT costituiscono da sempre il pilastro portante nonché il vanto della produzione enologica italiana, il fiore all'occhiello che il mondo intero apprezza e ci invidia: dal Piemonte al Triveneto, dalla Toscana alla Romagna al profondo Sud dell'Italia; anzi, a ben rifletterci, anche al Sud si è avuta e si sta avendo una profonda conversione produttiva da quantitativa a qualitativa: molti vini, un tempo esportati in Italia e all'estero come prodotto da taglio, oggi si fregiano a buon diritto di nome e caratteristiche proprie.
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Vini normali
I vini si dividono in Vini Normali e Vini Speciali.
I vini normali sono quelli portati al consumo solo in base al processo di vinificazione, senza interventi tecnici successivi o l'aggiunta di ulteriori sostanze; essi possono essere:
Il vino bianco è caratterizzato dall'aspetto di colore giallo nelle sue varie tonalità, dal verdolino all'ambrato, dal paglierino al dorato, da profumi floreali e fruttati; va servito al consumo alla temperatura fra gli 8° e i 12°. Si sposa con pietanze a base di pesce, molluschi, crostacei, verdure..
Il vino rosato, si presenta di colore fra il rosa tenue, il cerasuolo e il chiaretto, caratterizzato da profumi fruttati, leggera acidità, aromaticità e lieve corposità. Va bene con pietanze a base di pesce, pasta asciutta condita con sugo delicato, carni bianche e salumi leggeri. Va consumato alla temperatura compresa fra i 10° e i 14°.
Il vino rosso, così detto perché si presenta all'aspetto in una delle varie tonalità del color rosso, dal porpora al rubino, dal granato all'aranciato; è caratterizzato da un'ampia varietà di profumi di fiori, frutta, confettura, erbe, spezie e da una più o meno elevata sensazione di morbidezza, corposità e tannicità; va consumato ad una temperatura compresa fra 14° e 20°; si sposa ottimamente con carni rosse, cacciagione, formaggi.
Il vino novello si ottiene per macerazione carbonica; si presenta con colore intenso e forti aromi secondari o fermentativi. Non può essere commercializzato prima del 6 Novembre; si consiglia di non dilazionarne il consumo a più di sei mesi essendo questo prodotto poco stabile.
Il vino barricato è lasciato invecchiare in botti di legno, specialmente di rovere ottenuto dalle querce, ma anche di ciliegio o faggio. In tal modo il vino invecchia lentamente mediante un processo di ossidoriduzione che avviene fra le fibre di legno: esso dà al vino un aroma più intenso, un odore di tostato, ed il vino stesso sarà più equilibrato e maturo al gusto. Il legno cede inoltre al vino acido gallico e tannini che col tempo caratterizzeranno il vino con un prezioso buoquet. Le botti più famose per lo loro performance sono le barrique francesi di 225 litri, fabbricate esclusivamente col legno di rovere di Allier. È invalso purtroppo l'uso di aggiungere al vino trucioli di legno per conferire gusto e aromi di legno: molti enologi ritengono tuttavia che questo procedimento non può assolutamente conferire le vere caratteristiche di un vino effettivamente invecchiato in botti di rovere.
Vini speciali
I vini speciali sono quelli che, dopo il normale processo di vinificazione e prima di essere commercializzati, sono sottoposti ad ulteriori interventi tecnici o vengono aggiunti altri componenti:
Vino liquoroso, prodotto da un vino base con aggiunta di mistella, alcol etilico, acquavite di vino o mosto concentrato per incrementare il titolo alcolometrico; fra i vini liquorosi ricordiamo il Marsala, il Porto, lo Zibibbo, la Malvasia, la Vernaccia.
Vini aromatizzati sono quelli ottenuti partendo da un vino bianco di base, a cui si aggiungono alcol etilico per incrementare il grado alcolico, zucchero per aumentare corpo e consistenza, estratti o infusioni di erbe e spezie, cannella, rabarbaro, china, caratterizzanti profumi e odori. Uno per tutti: i Vermouth.
Vino passito ottenuto dalla pigiatura di uve appassite sulla pianta o su dei graticci al sole o sotto tettoie, per eliminare una percentuale di acqua contenuta nell'uva ed ottenere una alta concentrazione di zuccheri: la lavorazione è come per una normale vinificazione.
Il vino Spumante
Il Vino Spumante merita un discorso a parte: contiene una notevole quantità di anidride carbonica, viene da una normale vinificazione per vino bianco, a cui vengono aggiunti zuccheri monosaccaridi intesi a provocare una rifermentazione in bottiglia o in autoclave. Ma affrontiamo il discorso più dettagliatamente dal momento che esistono più metodi per ottenere un ottimo spumante. Il più rinomato è lo Champenois: tale termine però è riservato agli Champagne; da noi in Italia il medesimo metodo viene definito "Metodo Classico": si fa rifermentare il vino bianco con l'aggiunta di uno sciroppo, il "Liqueur de tirage", composto di lievito e zuccheri; in questa nuova fermentazione con sviluppo di anidride carbonica le bottiglie vengono tenute prima orizzontalmente e dopo una certa maturazione sono disposte in verticale col tappo rivolto in basso per far depositare la feccia nel collo. In un secondo momento vengono tolti i tappi provvisori a corona, si eliminano le fecce e la parte mancante viene reintegrata con aggiunta di "Liqueur d'expedition", un liquido composto da vino invecchiato, mosto fresco concentrato o parzialmente fermentato, una piccola quantità di vino distillato e zucchero di canna in una composizione che caratterizza lo spumante e che resta sempre il segreto delle aziende produttrici. In base al "Liqueur d' expedition" si ha lo spumante del tipo Brut, Sec, Demi Sec. Subito dopo viene inserito il tappo di sughero a fungo con relativa gabietta, infine le bottiglie vengono etichettate e commercializzate.
L'altro Metodo è lo Charmat, altrimenti detto Martinotti in autoclave, utilizzato per ottenere spumanti più aromatici che non col Metodo Classico: la rifermentazione avviene non in singole bottiglie ma in recipienti molto capienti, con tecnologie molto costose e in assenza di aria, senza che il prodotto venga mai a contatto con l'ossigeno: travasi, filtrazioni, imbottigliamento avvengono in condizioni isobariche.
E parlando dei vini dei giorni di festa i nostri ricordi vanno al Lambiccato di Moscato bianco che, seppur oggi non più tanto gettonato, resta un classico nella tradizione enologica meridionale e nostra campana in particolare. Una volta nella società contadina il lambiccato si otteneva goccia a goccia filtrando il mosto semifermentato attraverso rudimentali filtri di lino confezionati a cappuccio, i "coppi", all'interno dei quali venivano catturati gli enzimi della fermentazione: il tutto avveniva con molta pazienza e molto lavoro. Oggi naturalmente il sistema è cambiato con l'adozione di più sofisticate tecnologie, ma questo tipo di vino è rimasto lo stesso: dolcissimo, di medio grado alcolico, comunque non superiore a 5°, adatto finanche ai bambini, da degustare in compagnia di amici mangiando dolci e più specificamente specialità natalizie o fatte in casa.
Vari contadini inoltre, per rendere naturalmente frizzanti i loro vini, a gennaio al momento dell'imbottigliamento usano aggiungere un bel bicchiere di Lambiccato per ogni damigiana, riattivando così la fermentazione ed imbottigliando subito in bottiglie categoricamente molto spesse e ben tappate, per evitare che esse possano scoppiare.
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Vitigni e zone di produzione
Una classificazione dei vini può essere effettuata sia in base al vitigno, cioè alla varietà della vite utilizzata per la produzione, sia in funzione della zona di produzione.
I vitigni più diffusi e quindi più famosi, definiti anche Vitigni Internazionali, fra i vini rossi sono il Cabernet-Sauvignon, il Cabernet-franc, il Merlot, il Pinot Noir, lo Zinfandel, il Syrah, lo Chablis; tra i bianchi il Sauvignon blanc, lo Chardonnay, il Muscat, il Riesling. Da noi in Italia i vitigni più diffusi per i rossi sono il Vitigno Nero di Sicilia, con le sue varietà di Nero d'Avola, Corvo Nero di Salaparuta ed altri, il Barbera, il Sangiovese, il Nebbiolo, il Primitivo, il Montepulciano; tra i bianchi abbiamo il Trebbiano, il Fermentino, la Vernaccia, il Moscato.
Le zone di produzione più rinomate nel mondo sono la zona di Bordeaux, la Borgogna, la Champagne, l'Alsazia in Francia, La Rioja in Spagna, la Napa Valley in California; da noi le più rinomate, per nominarne esemplificativamente qualcuna senza con questo voler far torto ad altre, sono la zona del Barolo, il Chianti, il Montalcino, il Collio, la Valpolicella e molte altre ancora.