Udine, alcol e giovani: intervista al dr. Piani
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di LUANA DE FRANCISCO
Mentre a Udine cresce la preoccupazione per il dilagare del consumo di alcol tra i minorenni, il Lancet, una delle più
prestigiose riviste mediche al mondo, pubblica una ricerca del professor David Nutt, secondo la quale spetta proprio all'
alcol il primato della pericolosità sociale. «La droga più dannosa e nociva - lo definisce lo studioso, già consigliere del
governo britannico per la lotta agli stupefacenti -, anche più dell'eroina e del tabacco». Affermazioni capaci di far tremare
il sangue nelle vene, specie a tutte quelle famiglie che, di fronte a situazioni diventate ingestibili, hanno deciso di
rompere il muro del silenzio e cercare aiuto e consiglio nei carabinieri e nei servizi sociali. Ma che non stupiscono affatto
gli addetti ai lavori. «Lo studio - afferma Francesco Piani, responsabile del Dipartimento dipendenze dell'Ass n.4 "Medio
Friuli" - non fa altro che confermare ciò che andiamo dicendo da sempre».
Dottore, condivide le conclusioni della ricerca pubblicata su Lancet?
«Certamente. L'alcol ha un impatto sociale superiore a quello di altre droghe, nel senso che è molto più dannoso sugli
"altri", di quanto non lo sia su chi effettivamente lo consuma».
Concentrandoci sul Friuli, cosa emerge?
«Ciò che più colpisce è il progressivo abbassamento dell'età nei consumi. Ormai, si comincia già da bambini. Mi è capitato di
tenere conferenze nelle scuole elementari e di raccogliere le lamentele di mamme di alunni dell'ultimo anno. Raccontavano che
ai festini, se manca l'alcol, è come se non ci fosse completamente da bere».
Cos'è che rende pericoloso il consumo di alcol da giovani?
«Ci sono almeno tre ragioni, per spiegare che bere sotto i 18 anni non fa bene. Innanzitutto, perchè più precoce è l'inizio
dell'assunzione, per quanto minima possa essere, più facile è che in età giovanile e adulta si incorra in problemi di
dipendenza. Poi, perchè l'alcol è un tossico per il cervello, che fino alla maggiore età non è ancora del tutto sviluppato.
Infine, perchè l'alcol è la prima causa di morte tra i 19 e i 25 anni: in Europa, si calcolano 56 mila decessi l'anno per
ragioni alcolcorrelate, incidenti stradali in primis».
Nonostante tutto, i giovani continuano a bere. Perchè?
«Per sballare, esattamente come si fa con la droga. Sono astinenti per tutta la settimana e poi, il sabato, si sbronzano. E
lo fanno con la modalità del "bing drinking", cioè scolandosi cinque o più unità di alcol a sera. Talvolta, accompagnando al
bicchiere uno spinello».
Tradotto in numeri, quanto grave è la situazione in Friuli?
«La media, nella "Medio Friuli", esclusi i casi d'incidente stradale, è di 250 decessi alcolcorrelati l'anno: siamo passati
dai 271 del 2001, ai 230 del 2005, ai 257 del 2008. Per le stesse ragioni, i posti letto stabilmente occupati negli ospedali
sono 25 e quasi 10 mila le ore di degenza registrate nel 2009».
E cosa si può fare per porre un freno a questo trend?
«Darsi una regolata, prima che il problema degeneri. E questo vale per tutti, giovani e non».
Scusi?
«Se i ragazzi o, peggio ancora, i bambini cominciano a bere, la colpa è dei cattivi esempi che li circondano. A cominciare
dalla famiglia. Spetta ai genitori compiere il primo passo e smettere di consumare sostanze alcoliche. Purtroppo, invece, si
tende spesso a banalizzare il problema e a giustificare così comportamenti che, al contrario, bisognerebbe avere il coraggio
di arginare fin da subito».
È un problema che le famiglie possono affrontare da sole?
«Assolutamente no. Soltanto un esperto è in grado di fornire le risposte idonee a superare il disagio. Anche perchè ogni caso
richiede un esame particolare. Oggigiorno siamo attenti a tutto, dall'alimentazione al benessere fisico: non è possibile
comportarsi da sprovveduti proprio su una materia così delicata per la salute, com'è il consumo di alcol».
Spesso, però, la gente si vergogna di presentarsi al Sert.
«A nessuno piace portare i figli al Dipartimento delle dipendenze, è vero. E questo è un ostacolo reale. Di solito, da noi si
arriva quando le cose sono già a un grado avanzato. Il consiglio, invece, è di mettere da parte imbarazzi e pregiudizi e
pensare al bene dei propri figli. Un intervento tempestivo può rivelarsi anche risolutivo».