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Un italiano su cento soffre di dipendenza patologica da scommesse e videopoker: intervista a Claudio Dalpiaz

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Un italiano su cento soffre di dipendenza patologica da scommesse e videopoker
Chi si gioca la vita
Intervista a Claudio DalPiaz, psicologo e responsabile del progetto Orthos: "l'Italia è diventata un casinò a cielo aperto"
La nuova frontiera è quella dei cellulari. La febbre da gioco di cui sembrano soffrire sempre più italiani, e di cui abbiamo scritto in

precedenza riportando i dati del Sottosegretario Carlo Giovanardi, trova un nuovo sfogo. Secondo l'agenzia di stampa specializzata

Agipronews, il mercato mondiale del ‘mobile gaming' ha mosso un giro di affari solo nel 2010 di 2,22 miliardi di euro. Nei prossimi anni la

cifra potrebbe salire a 5,4 miliardi di euro, per una crescita del 154%.
Il Governo ha stimato che l'1% degli italiani è affetto da ‘gambling', cioè drogato da scommesse, schedine e videopoker, con punte potenziali

del 5%. Tra gli studenti, la percentuale arriva al 10%. È difficile stabilire una cifra esatta perché per i giocatori seriali non è previsto

l'inserimento nei cosiddetti LEA, i livelli essenziali di assistenza, a cui accedono i tossicodipendenti. La Regione Liguria, è notizia di

oggi, ha deciso di portare all'attenzione del Parlamento una proposta di legge che vieti la pubblicità dei giochi di azzardo. Claudio

Dalpiaz, psicologo, psicoterapeuta, è responsabile per l'area SUD del Progetto Orthos (www.orthos.biz), che si occupa delle dipendenze da

gioco. Ci spiega come si entra in questo tunnel e che cosa il governo fa (e non fa). E lancia un messaggio: "Aiutiamo i giocatori dipendenti

a scommettere, piuttosto, sulla propria vita e sugli affetti".
Non trova schizofrenico che da una parte il governo denunci l'aumento delle dipendenze da gioco e dall'altra ne incrementi l'offerta?
Dopo il terremoto in Abruzzo il governo ha varato nuovi giochi che avevano lo scopo di finanziare la ricostruzione. A oggi, in realtà, il

terremoto è stato "distribuito" su tutto il territorio nazionale: molti cittadini, attirati anche per la crisi economica dall'idea della

rendita a vita, sono precipitati nella spirale del gioco compulsivo. Win For Life, per citare l'emblema di questi giochi, è studiato per

consentire una giocata ogni ora durante il giorno: ciò favorisce l'instaurarsi della dipendenza. Da un punto di vista più ampio possiamo dire

che l'aumento della disponibilità dei giochi e l'aumento della frequenza delle estrazioni determina un avvicinamento al gioco d'azzardo di

fasce sempre più estese della popolazione e questo inevitabilmente si traduce nell'aumento di coloro che passano dal gioco sociale al gioco

problematico, quando non patologico. Il dibattito sull'introduzione di nuovi casinò in Italia non si pone: tutto il territorio è diventato

una sala da gioco a cielo aperto. Si trovano slot machines ovunque, piccoli bar, latterie, tabacchini e i gratta e vinci vengono venduti

anche negli uffici postali. Fra le responsabilità di uno Stato, la principale è quella di tutelare la salute e il benessere dei suoi

cittadini. Stiamo osservando l'esatto contrario.
C'è un legame fra crisi economica e aumento degli italiani affetti da 'gambling'?
In letteratura scientifica questo dato è stato osservato in diversi Paesi, in particolare del Sud America. Per l'Italia non esistono - anche

a causa dell'assenza di interesse delle amministrazioni - dati completi e recenti che possano illustrare chiaramente il rapporto fra crisi e

ricorso al gioco d'azzardo. Certo, è evidente a chiunque si occupi professionalmente del fenomeno che, se pur trasversale, il gioco d'azzardo

compulsivo tende a colpire maggiormente le fasce socio-economicamente più deboli della popolazione, portando ulteriore disagio e sofferenza a coloro che tentano disperatamente di far fronte al calo del proprio potere d'acquisto. Quindi, più c'è crisi e più si gioca. Gli aumenti vertiginosi degli ultimi anni nel settore gioco forse possono darci una misura in più di quanto profondi siano il malessere e la difficoltà economica degli italiani.
Che cosa chiedete al governo?
In altri Paesi lo Stato dedica una percentuale della raccolta giochi al finanziamento di attività di informazione, prevenzione e trattamento

relative al possibile sviluppo di forme di dipendenza da gioco. L'Italia, soltanto negli ultimi bandi del fondo denominato 'Lotta alla

droga', riserva qualche spicciolo per l'attivazione di servizi specifici, a macchia di leopardo sul territorio, spesso non ancora attivi. Non

c'è una sostanziale politica di contrasto alle dipendenze da gioco ed è tempo di agire prima che le ricadute sociali ed economiche siano

insostenibili.
Tre semplici interventi potrebbero fare molto: dedicare una percentuale della raccolta giochi (l'1% ?) al finanziamento di attività di

studio, ricerca, informazione, prevenzione; attivare un sistema di controllo più capillare ed efficace per combattere il gioco illegale (il

gioco legale ha raccolto nel 2010 circa 61 miliardi in Italia, e si stima che quello illegale abbia un volume d'affari pari a circa 30

miliardi); mettere le vincite non riscosse a disposizione della 'comunità dei giocatori' (per servizi di terapia, antiusura, ecc...).
Lottomatica, Sisal. La trasmissione televisiva Report ci ha dedicato una puntata. Al di là degli assetti societari, c'è una loro

responsabilità 'morale' nell'aumento dei casi di gambling?
Ogni operatore economico porta una sua quota di responsabilità per ciò che offre: nel caso del gioco c'è l'invalsa abitudine a considerare

soltanto il fatto che ognuno è libero di scegliere, rispondendo in prima persona dei propri comportamenti. Tuttavia bisogna osservare che ci

sono comportamenti commerciali nei quali il profitto giustifica ogni mezzo: la solitudine metropolitana è sfruttata cinicamente da operatori

che studiano giochi che 'fanno compagnia'; la possibilità di giocare in rapida sequenza più volte aumenta i profitti ma anche il potere di

aggancio a livello neurologico. Alcune pubblicità inducono i consumatori ad acquistare ciò di cui non hanno assolutamente bisogno, mentre

recentemente è stata messa in discussione una campagna pubblicitaria per il gioco che parlava di "ormone della felicità".
Chi è afflitto da gambling ha coscienza della propria condizione?
Il giocatore è spesso consapevole di aver varcato una soglia, di trovarsi in una condizione in cui non è più 'indipendentei ma è fortemente

condizionato negli umori e nei comportamenti. E tuttavia lo stigma sociale e culturale impedisce spesso l'accettazione dello stato di cose. È

difficile sentirsi perdenti doppiamente, come giocatori e nelle proprie condizioni di salute. E' difficile chiedere aiuto in un mondo in cui

ancora chi gioca troppo è vissuto più come un 'vizioso' che non come una persona che soffre, che non riesce ad organizzare la propria vita

attorno agli affetti, alla socialità, al lavoro. Il giocatore va aiutato a capire che ciò di cui ha bisogno non è né il denaro, né le finte

emozioni che il tavolo da gioco o la slot possono regalare. Nelle campagne senesi, gli interventi terapeutici del Progetto Orthos

accompagnano chi soffre a riappropriarsi della vita, a scommettere sugli affetti, sulla socialità, sulla possibilità di fare e soprattutto di

"sentire" assieme agli altri.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)