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Università del Minnesota: effetti comportamentali e psicologici della privazione di cibo

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I sintomi da digiuno

Il Minnesota Study è lo studio più importante pubblicato che abbia valutato gli effetti della restrizione dietetica calorica e della perdita

di peso nelle persone di peso normale. Lo studio, effettuato presso l'Università del Minnesota dal 19 novembre 1944 al 20 dicembre 1945 (Keys et al. 1950), fu ideato per valutare gli effetti fisiologici e psicologici di una severa e prolungata restrizione dietetica calorica e l'

efficacia della riabilitazione nutrizione. Lo scopo principale dello studio fu capire come assistere nel modo migliore le vittime della

carestia in Europa e in Asia durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale usando i dati derivati da una simulazione laboratoristica della

carestia.
Più di 100 uomini si proposero come partecipanti volontari allo studio come alternativa al servizio militare. Di questo campione iniziale,

furono selezionati i 36 uomini che avevano il migliore stato di salute fisico e psicologico e un'elevata motivazione alla partecipazione allo

studio (Keys et al. 1950). I partecipanti erano tutti bianchi di età compresa tra 22 e 33 anni e 25 erano membri delle Historic Peace

Churches (Mennoninti, Chiesa di Brethren e Quaccheri).
Lo studio fu diviso in tre fasi: un periodo di controllo di 12 settimane, 24 settimane semidigiuno e 12 settimane di riabilitazione

nutrizionale. Nella fase uno, i volontari si cibarono normalmente mentre furono studiati dettagliatamente il loro comportamento, la loro

personalità e le loro modalità alimentari. Durante questo periodo i partecipanti assunsero in media 3.492 kcal. Nella fase due i partecipanti

furono sottoposti a una restrizione che corrispondeva a circa la metà del loro introito calorico iniziale (in media 1.570 kcal), che era

simile all'assunzione caloria media delle persone europee colpite dalla carestia. Questo regime determinò nei partecipanti una perdita

approssimativa del 25% del peso iniziale. Infine, nella fase tre, i partecipanti furono gradualmente nutriti in maniera normale.
La maggior parte dei risultati fu riportata solo per 32 uomini, dato che quattro dei partecipanti all'esperimento si ritirarono durante o

alla fine della fase di restrizione calorica. Nonostante le risposte individuali, rispetto alla perdita di peso, variassero notevolmente

tutti gli uomini sperimentarono drammatici cambiamenti fisici, psicologici e sociali
Effetti comportamentali
Verso la fine del periodo di restrizione calorica i volontari impiegavano due ore a mangiare un pasto che in precedenza richiedeva loro pochi

minuti. Dedicavano ore a programmare come suddividere la quantità di cibo quotidiana. Diciannove di loro cominciarono a leggere libri di

cucina e a collezionare ricette. Vi fu un aumento del consumo di caffè e tè: molti bevevano più di 15 caffè al giorno. I partecipanti

cercavano di tenere lo stomaco pieno bevendo grandi quantità di liquidi (acqua e zuppe); chiedevano che il cibo fosse servito bollente;

mischiavano gli alimenti in modo strano e vi fu un incremento notevole dell'uso di sale e spezie. Il consumo di gomme da masticare - per

alcuni partecipanti anche 40 pacchetti al giorno, il fumo e l'onicofagia aumentarono marcatamente. Numerosi di questi cambiamenti

persistettero anche durante le 12 settimane di recupero del peso.
Durante la fase di restrizione calorica tutti i partecipanti riferivano un incremento della fame; alcuni riuscivano a tollerarla, per altri

invece la cosa costituì un'intensa preoccupazione, fino a diventare insopportabile. Parecchi fra gli obiettori non riuscirono ad aderire alla

dieta e manifestarono episodi bulimici, seguiti da auto-rimprovero e auto-deprecazione. Durante la fase di recupero del peso, quando era

offerta loro una grande quantità di cibo, molti partecipanti perdevano il controllo dell'appetito, mangiando di più o di meno del necessario;

anche dopo 12 settimane di riabilitazione veniva segnalato un aumento della fame subito dopo un pasto abbondante. La normalizzazione delle abitudini alimentari avvenne nella maggior parte dei casi solo dopo circa cinque mesi di riabilitazione, ma in un sottogruppo il consumo di cibo in eccesso continuò. Non s'identificò il fattore discriminante fra chi normalizzò le abitudini alimentari e quelli che invece

continuarono a mangiare enormi quantità di cibo; tuttavia è importante sottolineare il fatto che, tra i partecipanti in esame, si

verificarono differenze nella risposta alla denutrizione.
In generale, gli uomini risposero alla restrizione calorica con una riduzione dell'attività fisica. Diventarono stanchi, deboli, disattenti e

apatici e si lamentarono di mancanza di energia. I movimenti dei volontari diventarono notevolmente più lenti. Tuttavia, secondo Keys e

collaboratori, "alcuni uomini praticavano saltuariamente dell'esercizio fisico in modo spontaneo". Qualcuno tentò di perdere più peso

cercando di consumare più energie in modo tale da poter ottenere una razione di pane più abbondante o di evitare la riduzione delle razioni.
Effetti psicologici
Molti partecipanti, nonostante che all'inizio fossero psicologicamente sani, mostrarono importanti modificazioni emotive e cognitive.
I cambiamenti cognitivi più rilevanti furono una capacità di concentrazione, della vigilanza, della comprensione e del giudizio critico,

mentre non accaddero alterazioni delle abilità intellettive. Il danneggiamento della capacità di concentrazione fu attribuito dovuto ai

pensieri ricorrenti sul cibo e sull'alimentazione riportati dalla maggior parte dei partecipanti.
Alcuni attraversarono transitori o protratti periodi di depressione; occasionalmente si manifestò uno stato di euforia, seguito da

depressione. Sebbene prima dello studio in tutti i volontari fosse stata riscontrata un'elevata tolleranza allo stress, molti di essi

esibirono frequenti segni di irritabilità ed esplosioni di rabbia. In numerosi partecipanti l'ansia era molto evidente; l'apatia divenne

comune; in alcuni, inoltre, i disturbi emozionali divennero così gravi da poter parlare di "nevrosi da semidigiuno". Il Minnesota Multiphasic

Personality Inventory - noto questionario che studia la personalità - rilevò che durante la restrizione calorica si era verificato un

incremento di depressione, isteria e ipocondria, la cosiddetta "triade nevrotica", comunemente osservata in individui nevrotici. Queste

aberrazioni emotive non svanirono immediatamente durante la riabilitazione, ma persistettero per parecchie settimane. Durante la restrizione calorica, inoltre, due volontari svilupparono disturbi di proporzioni psicotiche, e uno dei due si tagliò tre dita delle mani in risposta

alla sua angoscia; altri invece la sopportarono bene anche dal punto di vista psicologico.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)