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Università di Friburgo: insonnia e consumo di alcol

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All'Università di Pisa si insegna come recuperare il sonno perduto

Un campanello d'allarme sempre acceso in testa. Questa la causa dell'insonnia, un disturbo in gran parte femminile (le donne colpite sono il

doppio degli uomini), che interessa in modo lieve un quarto degli italiani mentre in forma più grave circa il 10 per cento.
E proprio sul problema del "non dormire" martedì 30 agosto il professore Dieter Riemann, ordinario di psicologia clinica dell'Università di

Friburgo, ha svolto un seminario presso la facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università di Pisa sorprendentemente molto frequentato

nonostante le ferie estive. Titolo della lezione "Chronic insomnia and the hyperarousal concept".
Il seminario, reso possibile grazie al contributo della Fondazione IRIS, è stato un'occasione di confronto e di scambio di esperienze tra la

tradizione tedesca rappresentata da Riemann e la Scuola psicologica pisana diretta da Mario Guazzelli, professore di psicologia clinica e

direttore dell'unità operativa di Psicologia Clinica dell'AOUP.
"L'hyperarousal concept - ha spiegato Mario Guazzelli - è una teoria secondo la quale l'insonnia è causata da un'iperattività dei centri

della veglia, cioè di quella rete diffusa di cellule nervose che hanno il compito di attivare la corteccia cerebrale per mantenere uno stato

di vigilanza e di adeguata ricezione degli stimoli esterni". In altre parole, quando questo meccanismo si inceppa, restiamo in uno stato di

all'erta continuo e dunque "addio sonno". Ma il perché ciò accada è ancora in parte misterioso e varie sono le spiegazioni avanzate dagli

studiosi.
Secondo il modello "top-down" (alto-basso) l'iperattività dei centri della veglia è dovuta a "problemi di mentalizzazione", cioè a situazioni

emozionali, preoccupazioni o pensieri fissi. Paradossalmente, ad esempio, la stessa paura dell'insonnia può essere il motivo per cui non si

dorme. Ma c'è anche l'ipotesi "bottom-up" (basso-alto), più accettata dalla Scuola pisana e da quella tedesca, secondo la quale il problema

deriva dalla fisiologia del cervello e in molti casi è ereditario.
"Ciò che è certo - ha aggiunto Guazzelli - è che l'insonnia può provocare alla lunga problemi anche gravi come la depressione e anche

disturbi cardiovascolari quali l'ipertensione o alcune malattie cardiovascolari". In questo caso le conseguenze nascono dal circolo vizioso

che si instaura: manca il sonno, alcuni meccanismi neurovegetativi vanno in tilt e questo non fa che aumentare le notti in bianco e gravare

sull'omeostasi di vari organi e sistemi.
Come ritrovare quindi il sonno perduto? C'è la soluzione famacologica, ovviamente. "Ma attenzione - avverte Guazzelli - i normali sonniferi

come gli ipnotici o gli ansiolitici rischiano di stimolare ancora di più l'attività dei centri della veglia, senza contare i problemi di

assuefazione che derivano da queste sostanze". Un aiuto più naturale può arrivare invece dalla terapia cognitivo-comportamentale . "Si parte dalle tecniche di rilassamento - ha spiegato Riemann - che consistono ad esempio in esercizi di contrazione e distensione dei muscoli, ma

soprattutto cerchiamo di correggere alcuni errori che quasi tutti compiono in questi casi".
Bisogna osservare alcuni accorgimenti, semplici, ma essenziali: niente caffè, niente alcol (anche se inizialmente sembra facilitare il

sonno), nessuna attività impegnativa né fisica, né mentale nelle due ore prima di andare a dormire. "E poi bisogna andare a letto quando si

ha sonno e non anticipare l'orario per la paura di non dormire - conclude Riemann - perché spesso il nemico da battere non è l'insonnia, ma

proprio la paura di restare svegli".


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)