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Università di Ghent (Belgio): dipendenza da videogiochi e possibili modificazioni cerebrali

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Videogames e dipendenza: i videogiochi modificano il cervello?
Francesca Di Marco
Un appassionato giocatore di videogames conoscerà sicuramente quella piacevole sensazione di soddisfazione durante una partita col proprio  videogioco preferito o dopo aver raggiunto degli ambiti obiettivi virtuali. E secondo i ricercatori dell'Università di Ghent in Belgio, giocare spesso può contribuire a modificare la struttura interna del cervello, favorendo un aumento di "materia grigia" in un'area nota come "striato ventrale", zona in cui risiede il "centro del piacere" e della "ricompensa".
Se già, infatti, alcuni studiosi americani avevano indagato sul perché sia così piacevole, questa nuova sperimentazione ha analizzato il

volume e la struttura del cervello di giocatori abituali, effettuando le relative comparazioni con chi invece si dedica molto meno ai "mondi

virtuali".
Così, il team di esperti, coordinato dal dottor Simone Kuhn, ha esaminato più di 150 ragazzi 14enni che impugnavano una consolle di gioco tra le 9 e le 12 ore settimanali, notando che la massa cerebrale dello striato ventrale, era più grande rispetto a quella degli altri giocatori occasionali. A questo proposito, i risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Transnational Psychiatry, sottolineano che "lo striato ventrale assume un ruolo significativo quando ci si sottopone ai videogiochi assiduamente e questo può favorire lo sviluppo di dipendenze comportamentali". Infatti le differenze nel cervello di un giocatore erano le stesse di quelle presenti nei cervelli di chi era dipendente da droghe, alcol e gioco d'azzardo.
Il dottor Kuhn aggiunge, invece, che "i cambiamenti possono essere di natura positiva e sono relativi proprio allo spessore dell'area

corticale del lobo frontale, un'area che non si può collegare a nessun tipo di dipendenza".
Alla luce di queste nuove scoperte, quindi, il dottor Luke Clark del Department of Experimental Psychology della Cambridge University, mette

in evidenza che "il prossimo passo sarà di monitorare nel lungo periodo i cambiamenti strutturali nel cervello e capire se le differenze nei

volumi sono una causa o una conseguenza di comportamenti eccessivi".


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)