Università di Oslo: gravidanza e droghe, la Norvegia scopre i danni sul cervello del feto
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Alcuni ricercatori dell'Università di Oslo (Norvegia) hanno recentemente scoperto che le gestanti che abusano di oppiacei e altre sostanze (condizione di poli-tossicodipendenza) durante la gravidanza, partoriscono bambini con una riduzione della volumetria encefalica. Gli scienziati hanno studiato in particolare la sostanza bianca cerebrale (WM) di 14 bambini con esposizione prenatale ad oppiacei e altre droghe, confrontandoli con 14 bambini mai esposti a droghe. La sostanza bianca è l'insieme dei fasci delle fibre nervose che connettono gli emisferi cerebrali e il midollo spinale, essa è ricca di mielina, una sostanza necessaria alla veloce e corretta trasmissione degli impulsi nervosi. Tramite una tecnica di Risonanza Magnetica (Diffusion Tensor Imaging - DTI) per lo studio della diffusività delle molecole d'acqua nel cervello è stato possibile ricostruire la traiettoria delle fibre nervose (tecnica "tract-based spatial statistic" TBSS) nei 2 gruppi di bambini, e scoprire che l'indice di diffusione delle molecole d'acqua (FA) è ridotto nei bambini con esposizione prenatale a droghe, specialmente nelle aree posteriori, inferiori e centrali della sostanza bianca. In queste aree la produzione della mielina (mielinizzazione) avviene nelle prime fasi di sviluppo del cervello. Durante la gestazione, la mielina è vulnerabile all'effetto neurotossico delle droghe. I risultati dello studio norvegese dimostrano infatti che i bambini nati da madri che assumono sostanze stupefacenti in gravidanza (soprattutto oppiacei) possono manifestare alla nascita disturbi o rallentamenti delle funzioni cognitive e difficoltà neuropsicologiche.