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Università Johns Hopkins di Baltimora: la caffeina per identificare il rischio di abuso di droga

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La caffeina per identificare il rischio di abuso di droga

La caffeina è stata utilizzata per far da predittore se una persona è più o meno sensibile agli effetti delle droghe stimolanti
La possibile risposta mediata dalla reazione alla caffeina potrebbe aiutare a prevedere come una persona risponda alle sostanze stimolanti

quali la cocaina o le anfetamine. Lo studio
La caffeina, si sa, è quella sostanza contenuta nel caffè grazie alla quale otteniamo quella "spinta" in più che ci rende maggiormente

efficienti e vigili. Non solo, certo: come altresì risaputo, la caffeina ha altre interessanti proprietà, e una di queste pare sia quella di

essere una specie di veggente in grado di predire se una persona possa essere più o meno soggetta all'influsso di dipendenza da una qualche droga di tipo stimolante come, per esempio, la cocaina o le anfetamine.
A far assurgere al ruolo di preveggente alla caffeina ci avrebbero pensato i ricercatori dell'Università Johns Hopkins di Baltimora (Usa) i

quali hanno sottoposto un gruppo di volontari a una serie di test - primi nel loro genere - atti a valutare chi prediligeva gli effetti la

caffeina e chi no, suddividendoli poi in "Chooser" e "Nonchooser".
La dottoressa Stacey Sigmon, Professore Associato di Psichiatria, e il collega Roland Griffiths hanno così raggruppato i partecipanti in base

alle loro scelte: chi aveva scelto la caffeina in 7 casi o più su 10 e chi aveva preferito il placebo al posto della caffeina.
Gli stessi partecipanti sono poi stati avviati a una seconda fase dello studio che prevedeva l'assunzione di varie dosi di D-anfetamina al

fine di valutare quanto i volontari gradissero gli effetti della sostanza.
I risultati dello studio, pubblicati su Drug and Alcohol Dependence, hanno rivelato che chi apparteneva al gruppo "Choosers" - ossia coloro

che avevano riposto positivamente alla scelta dell'assunzione di caffeina - mostrava di aver avuto più effetti positivi, che non negativi,

rispetto a coloro che invece avevano preferito in precedenza il placebo. Palesando di gradire l'assunzione di D-anfetamina, anche ad alte

dosi.
All'opposto, gli appartenenti al gruppo "Nonchoosers", hanno mostrato di non gradire l'assunzione di D-anfetamina riportando, in modo

inversamente proporzionale, effetti negativi - in particolare quando le dosi aumentavano.
«Le persone sono molto diverse, specialmente nel modo in cui rispondono ai farmaci - sottolinea Sigmon - Per esempio, una singola dose di un farmaco è in grado di produrre effetti completamente opposti in due persone, con una che mostra un assoluto amore e l'altra assoluto odio

verso gli effetti della droga».
Secondo gli scienziati, quindi, il piacere che si ricava dalle sostanze stimolanti potrebbe favorire il ricercare questo stimolo in maniera

sempre più forte e cadere nella trappola delle droghe. Una ipotesi che potrebbe spiegare il perché qualcuno scelga di assumere droga e

qualcuno no? Forse ma, come spesso accade, dietro queste scelte ci possono essere molti altri motivi. Staremo a vedere cosa diranno i

prossimi studi sulla questione.


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)