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University of New SouthWales: oppiacei e deficit nella percezione dei segnali sociali

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Oppiacei e deficit nella percezione dei segnali sociali

Le persone in terapia sostitutiva per oppiacei possono avere una ridotta capacità di identificare e interpretare i segnali sociali. Questo è ciò che è emerso dallo studio di McDonald e colleghi della University of New SouthWales (Australia), recentemente pubblicato sulla rivista Addiction.
L’uso di oppiacei è associato a scarse capacità nel comportamento interpersonale e nel funzionamento sociale. Lo scopo di questa ricerca era confrontare la percezione delle emozioni e la capacità di fare inferenze sulle situazioni sociali, utilizzando il The Awareness of Social Inference Test (TASIT), un test per la valutazione della cognizione sociale, in cui viene presentata la registrazione audiovideo di scenette fatte da attori professionisti, ed i partecipanti devono scegliere tra varie opzioni quali emozioni, credenze, intenzioni e significati vogliono esprimere gli attori. Inoltre, per verificare se eventuali deficit in questo test potevano essere spiegati da concomitanti deficit cognitivi o da fattori di rischio per danno cerebrale (ad esempio, overdose da eroina e traumi cranici), i partecipanti sono stati valutati con una batteria neuropsicologica che fornisse una stima del Quoziente Intellettivo (QI) pre-morboso e una misura di varie funzioni neuropsicologiche.
Per lo studio gli autori hanno confrontato le prestazioni di un gruppo di pazienti in terapia di mantenimento con metadone o buprenorfina (n=125) con quelle di ex consumatori completamente in astinenza (n=50) e di soggetti sani non consumatori (n=50). Dai risultati è emerso che i pazienti in terapia di mantenimento sono risultati significativamente compromessi rispetto agli altri due gruppi, sia nella percezione delle emozioni che nella capacità di inferenza sociale. Per entrambe le capacità, il funzionamento cognitivo è risultato essere il maggior predittore di scarsa abilità. Lo scarso riconoscimento delle emozioni è stato predetto anche dal numero di overdose nel corso della vita.
In conclusione, lo studio ha dimostrato che i pazienti in trattamento sostitutivo hanno deficit significativi nel leggere le emozioni degli altri e le loro intenzioni comunicative. I terapeuti dovrebbero essere consapevoli di questi limiti dei pazienti e, di conseguenza, dovrebbero tenerne conto nella modalità di fornire loro le comunicazioni.
 

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)